In guerra per amore, Pif torna dietro la cinepresa


La seconda fatica cinematografica di Pif, all'anagrafe Pierfrancesco Diliberto, ci riporta indietro nel tempo fino allo sbarco degli americani in Sicilia nel luglio del 1943. Esattamente come il regista palermitano ha fatto con il suo primo lavoro, La mafia uccide solo d’estate, anche in In guerra per amore il tema trattato è piuttosto pesante ma viene raccontato con una certa leggerezza.

La cifra stilistica di Pif è fatta di mix di umorismo spiccatamente siculo che stempera i contorni di una storia che altrimenti sarebbe drammatica e impegnativa dal punto di vista emotivo, ma anche di riferimenti alla storia mondiale, italiana e siciliana che restituiscono un certo spessore culturale al film.


La trama è presto spiegata. Gli americani hanno bisogno di un appoggio locale forte e capillare per poter conquistare l’isola risparmiando vite umane e tempo così stringono un patto con la malavita siciliana attraverso i contatti del boss Lucky Luciano. Questo è il contesto più ampio in cui si inserisce la storia di Arturo (interpretato da Pif), giovane palermitano che lavora come cameriere in un ristorante newyorkese e che vuole sposare la bella Flora (Miriam Leone): a causa però di un accordo dello zio di lei con un altro pretendente, il povero Arturo non può fare altro che recarsi in Sicilia a chiedere la mano della ragazza direttamente al padre e nell'unico modo possibile e cioè arruolandosi nell'esercito americano poco prima dell’operazione Husky.



In guerra per amore vive di due velocità diverse mescolate in modo omogeneo e sequenziale. Le scene più ironiche, alcune delle quali saranno di difficile comprensione da parte dello spettatore non preparato sulla cultura sicula, si mescolano a quelle drammatiche senza però alterarne il valore. Questa contrapposizione tra il dolce e l’amaro è la giusta trasposizione delle profonde contraddizioni che stanno alla base della storia siciliana e che hanno forgiato il carattere, unico al mondo, del siciliano. 

Nel lavoro di Pif si riprende il tema dell’irredimibilità, che è la chiave di volta per capire il contesto sociale in cui proliferano fenomeni di carattere criminale come quello mafioso. E’ un tema trattato da Pirandello, da Tomasi di Lampedusa e più recentemente da Matteo Collura che rivive nelle scene di questo film e spiega, senza giudicare, in che modo la Sicilia e i siciliani siano sopravvissuti a numerose dominazioni riuscendo sempre ad assorbirle stoicamente.

In guerra per amore assegna anche delle responsabilità. E’ storicamente noto che la mafia fece un grande affare accordandosi con l’amministrazione Roosevelt per favorire la “liberazione” dell’Italia dalla dittatura nazifascista: la criminalità organizzata sicula aveva subito un duro colpo dopo gli arresti dei boss americani, tra cui Lucky Luciano, e dopo che lo scarpone fascista aveva soffocato i vecchi potentati e distrutto gli imperi arcaici. Dopo la vittoriosa conclusione dell’operazione Husky, il governo alleato pensò bene di ricompensare gli amici della democrazia  con cariche istituzionali che avrebbero finito per creare il sistema mafioso che ha governato la Sicilia per anni fino ad arrivare a ricattare lo Stato Italiano. Dopo il ’43, molti signorotti si ritrovarono ad essere sindaci, responsabili amministrativi e addetti alla tesoreria comunale: è in questo periodo che si delineano figure drammaticamente note alla cronaca siciliana come Vito Ciancimino, Michele Sindona e Genco Russo, tutti esponenti di spicco della neonata Democrazia Cristiana. Il resto è storia.

E qui si torna all'irredimibilità di cui parlavo prima. Arroccato nella sua fortezza fatta di resistenza alle angherie del più forte, alla fame, alla sete e alla miseria, protetto dalla sua corazza di valori radicati nella storia della famiglia e del territorio, il siciliano tratta i miricani come l’ennesimo popolo venuto a cercare fortuna sulle sponde dell’isola, lo sopporta come ha sopportato i fascisti,  i tedeschi, i borbone e via, nel corso dei secoli, qualsiasi altra etnia abbia posto in essere l’invasione coatta, perché, prima o  poi, tutti se ne sono andati. E’ vero, hanno depredato, sfruttato e avvilito il territorio e i suoi abitanti ma se ne sono andati. E allora non c’è motivo di cambiare modus operandi se il risultato è sempre lo stesso, anche se il male talvolta viene da dentro e non dai confini naturali.

La Sicilia è comu na bedda fimmana, voli essiri trattata beni.

C’è rassegnazione e paura nei siciliani raccontati da In guerra per amore. Rassegnazione alle bombe alleate, al dolore per la sorte dei cari arruolati nell'esercito del Duce, all'ennesima invasione da parte di un popolo che reca doni non richiesti. C’è paura in quei volti provati dagli stenti e nelle parole di sfida contro il Duce e contro i miricani, parole pronunciate a denti stretti, quasi sputate fuori con sprezzo del pericolo. Ma ci sono anche tanta forza e tanto coraggio: la forza di una donna che deve badare a un figlio che probabilmente diventerà orfano a causa della guerra e il coraggio del piccolo Sebastiano che ricorda il padre solo grazie a una lettera che custodisce gelosamente. E infine l’amicizia e l’amore: l’amicizia trentennale tra Saro, cieco, e Mimmo, zoppo, le due macchiette della storia e l’amore che spinge Arturo ad affrontare addirittura la Seconda Guerra Mondiale per coronare il suo sogno.



Pif non sarà un grandissimo attore (penso che lo sappia pure lui) ma dietro alla macchina da presa ci sa fare. Il film è pensato e realizzato bene, ci sono degli inserimenti che omaggiano la Storia e dei passaggi che fanno riflettere senza essere pedanti. In guerra per amore è un film che va visto e compreso. A mio modo di vedere è una piccola perla non destinata proprio a tutti: non posso dire che sia destinato ai siciliani perché sarebbe riduttivo ma è chiaro che chi non sa nemmeno cosa sia la cultura siciliana potrà fruire poco della bellezza del film.


Premesso che tanto La mafia uccide solo d’estate quanto In guerra per amore sono passibili di ogni sorta di analisi tecnica, devo dire che il contenuto emotivo di entrambi i film è sufficiente per infischiarsene bellamente di parametri tecnici e critici. Questo, almeno, è il mio pensiero.

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