Se lo scoop non c’è allora lo crei
Partiamo da un presupposto: per vendere meglio un prodotto devi far leva più sulle paure della gente che su eventuali bisogni oggettivi.
A chi interessa la storia di un influencer sudamericano –
quasi sconosciuto in Europa – che utilizza vecchio materiale trovato online per
arricchire di un tocco di horror il suo canale personale? Credo a pochissime
persone perché è una storia insulsa e senza alcun appeal. Quindi la fai
diventare uno scoop aggiungendo un tocco di personale, magari sorvolando sul
fatto che qualche altro cretino stia utilizzando il web per creare confusione,
e attirando così una bella manciata di click sul tuo sito.
E cosa può far più paura che un (presunto) maniaco che
attenta alla salute dei più piccoli?
La gigantesca cantonata, stavolta, l’ha presa Il Resto del
Carlino, sezione di Ancona, che negli articoli che vedete qui sotto ha proposto
una piccola inchiesta con tanto di interviste ai genitori e segnalazioni alle
forze dell’ordine del capoluogo marchigiano.
Il problema è che è tutta una grossa stronzata. E che è
stata messa in piedi pure con il dolo perché un giornalista le informazioni le
dovrebbe verificare e mai – in nessun modo – fabbricarle.
Se avete voglia di leggere gli articoli, e ve lo consiglio
proprio, capirete subito che qualcosa non quadra. (I link non ve li metto perché questi cialtroni li ho già ospitati abbastanza su questo blog).
Nell'articolo dello scorso 8 luglio (prima foto), chi firma l’articolo parla di segnalazioni
alla polizia, genitori che raccontano confessioni dei figli e ragazzi che
dichiarano le cose più spaventose tra cui challenge a base di violenza, ricatti
psicologici e particolari che sfociano nel satanismo. Nell'articolo successivo,
il 9 luglio (seconda foto), arriva anche la minaccia della pedofilia. Peccato che non ci siano
riferimenti di sorta a chi sia stato intervistato, a chi ha fatto le
segnalazioni e nemmeno uno straccio di dichiarazione da parte delle autorità.
Denominatore comune di entrambi gli articoli è che la
minaccia arrivi via social nelle chat di classe – sotto forma di richiesta di
contatto (!?!) – e che spinga i ragazzi a fare delle cose. Come, con quale
dinamica e sotto la minaccia di cosa non è dato sapersi.
Nel marasma di informazioni vomitate senza senso logico si
percepisce il tentativo di spaventare il lettore e di fomentare la diffidenza
nei confronti dei social e del web: un vecchio trucco di chi – paradossalmente –
nel web ci lavora ed è fatalmente affamato di click e condivisioni. Cosa che
articoli del genere fanno guadagnare facilmente visto il livello di conoscenza
informatica del cittadino medio.
Ma la cosa più grave, ripeto, è che viene fatto
consapevolmente e questa è una cosa schifosa.
Basta guardare un paio di video su Youtube (QUESTO oppure
QUESTO) e leggere un articolo fatto come si deve (QUESTO) firmato da Sofia
Lincos su Query, la rivista uccifiale del CICAP, per chiarirsi le idee sull’affaire
Jonathan Galindo.
La faccenda è presto raccontata. Nel 2012 un videomaker americano noto sotto vari pseudonimi tra cui Dusky Sam propone una serie di foto di se stesso con indosso varie maschere; tra queste una in particolare lo rende simile al personaggio dei fumetti e dei cartoni animati Disney Pippo (Goofy). Lo scorso giugno un influencer sudamericano – Carlos Name - riprende alcune di quelle foto e mette su una creepypasta ambientata a casa sua dove racconta di essere spiato e infastidito da una persona che ha la stessa maschera. Name ha poco più di 1700000 iscritti, pochi per essere conosciuto anche in Europa ma abbastanza per attirare le attenzioni di qualche cretino che riprendendo le foto di Dusky Sam e i video del ragazzo ha creato dei profili Facebook e contribuito alla diffusione virale del fenomeno. La stessa cosa che avevamo visto con l’inquietante esempio di Momo e per certi versi anche con la Blue Whale.
Finzione, voglia di proporre contenuti originali, tentativi
di emulazione e tanta disinformazione fanno di questi fenomeni farlocchi dei
veri e propri casi di cronaca su cui molti giornalisti si gettano a pesce
costruendo castelli di parole che ospitano le parole chiave per accendere la
paura nei cuori di chi legge.
Finché la comprensione di un testo sarà affidata al cuore e
non al cervello, dobbiamo essere consapevoli che fraintendimenti sontuosi come
la storia di Jonathan Galindo continueranno a spuntare fuori come funghi.
Il mondo del web ha diversi problemi. Porno-pedofilia,
revenge-porn, cyberbullismo, phishing e tantissimi altri e non c’è alcun
bisogno di edulcorare una stupidaggine da adolescenti per tirarceli dentro.
E per ora è tutto, buona vita.
Il dark web è spaventoso. Ma hai pienamente ragione. Al di là del contenuto "fake" è l'aspetto allarmista dell'articolo che è la cosa più riprovevole.
RispondiEliminaSul dark web bisognerebbe aprire una parentesi a parte. Mi pare strano non l'abbiano tirato in ballo in questi articoli. Questa storia è puro terrorismo psicologico oltre che una sequela di cretinate edulcorate.
RispondiEliminaA parte l'artista Dusky Sam di cui ho imparato ad apprezzare i lavori