Racconti estivi 3 di 4: Il buon contadino

 

Il caldo in quella stanza era insopportabile, l'aria era densa e appiccicosa come melassa e i vestiti sembravano infuocati. La cravatta lo stava uccidendo ma la procedura esigeva che l'interrogatorio dovesse essere svolto in abiti formali per incutere al sospettato la giusta paura. In questo modo si cercava di far crollare ogni difesa psicologica. Semmai ne avesse.

Ma quell'uomo sembrava essere dissociato dalla terribile realtà che era stata la sua vita, specialmente nelle ultime 48 ore passate in quella stanza infernale con un pacchetto di sigarette come unico conforto.

Francesco entrò, si allentò la cravatta giusto un attimo, poi si accomodò davanti al sospettato e aprì il fascicolo che aveva letto e riletto fino alla nausea senza trovare la minima breccia nella barriera emotiva che quell'uomo aveva eretto nei confronti del mondo intero.

Al'improvviso una voce lo fece sussultare << Conosce la storia del buon contadino? >>.

Era stato lui ed erano le prime parole che pronunciava da quando era stato ammanettato in quella stanza per essere interrogato.

<< Non credo di aver capito, signore >> intervenne il criminologo Francesco Zappa sforzandosi di mantenere l’interrogatorio su un piano neutro.

<< La storiella del buon contadino che non si arrabbiava mai >> disse trionfante l'altro.

<< No, non credo di conoscerla >> a Francesco non erano mai piaciute le storie, specie quelle con la morale, le riteneva alquanto futili e prive di riscontri reali e di qualsiasi tipo di correlazione con la vita di tutti i giorni, specie poi se a raccontargliela doveva essere il sospettato di un omicidio.

<< Me la racconti >> si decise infine.

Cercava una breccia, anche infinitesima, una maledetta breccia da cui partire con la sua procedura psicologica d'attacco, come gli piaceva chiamarla, per capire i motivi che avevano spinto quell'uomo all'apparenza così mite e insignificante ad uccidere.

Il volto dell'altro non lasciava trasparire la minima emozione << E' come un guscio vuoto >> gli aveva detto il piantone davanti alla porta, e tutto in lui confermava questa tesi.

<< Esisteva un tempo un contadino molto buono - cominciò con voce atona - talmente buono che non utilizzava nemmeno gli spaventapasseri per difendere le proprie colture dagli uccelli. Non aveva ambizioni che non fossero coltivare la terra e condurre una vita tranquilla nel suo piccolo podere, non aveva mai avuto il minimo scatto d'ira, non conosceva la collera ed era sempre di buon umore. Un giorno trovò una donna ferita vicino al confine delle sue terre, la portò a casa e la curò con devozione ma non chiese mai cosa le fosse accaduto. Lui era così, faceva sempre quel che c'era da fare, non parlava e non pensava. Ma il cuore può diventare un acerrimo nemico per l'uomo quando comincia a galoppare fiero alla vista della persona amata, così visto che la donna non sapeva dove andare a vivere il contadino fu ben lieto di ospitarla in casa sua a patto che ella lo aiutasse nelle mansioni agresti.

Si innamorò di lei a tal punto da evitarle i lavori più pesanti ma non osava dichiarare il suo amore per paura di essere respinto, così amava la sua musa in segreto e si vantava con se stesso di essere l'uomo più fortunato del mondo.>>

 

Francesco cominciava a stancarsi di quella storia e mostrava già i primi segni di insofferenza ma aveva notato che l'uomo si stava infervorando e mostrava compiacimento nel raccontare così non lo interrupe per paura di perdere l'unica occasione per capire con chi aveva a che fare.

<< Un giorno la coppia di contadini si trovava nei campi per costruire un pozzo: lui, infangato fino alle spalle stava nella buca e riempiva i secchi che poi lei tirava su fino all'orlo del fosso, due metri abbondanti più in alto, per svuotarli e poi ributtarli giù. Erano così presi dal lavoro che non si accorsero dell'avvicinarsi di un cavaliere finché questi non si trovò a pochi metri dalla buca. Si trattava di un campiere, una specie di tirapiedi del signore di quelle terre, che aveva sentito parlare in osteria di una bellissima donna che viveva insieme al buon contadino e aveva deciso che sarebbe stato il caso andare a controllare, casomai ci fosse qualche infrazione alla legge imposta su quelle terre che lui si era impegnato a far rispettare, abusando spesso del potere che aveva.

La donna era effettivamente bella come aveva sentito, talmente bella da risvegliare i suoi istinti più intimi e fargli balenare in testa l'idea di prenderla, lì in mezzo ai campi, tanto, pensava, il contadino era rinomato per la sua mitezza e mai e poi mai lo avrebbe denunciato al signore. Ci volle poco per distruggere l'argano che i due braccianti avevano costruito per scavare il pozzo e per condannare il povero contadino sul fondo della buca, impotente, e ancor meno per abusare della donna che, impaurita, non oppose la minima resistenza e si limito solo a gridare di dolore. Appena il campiere ebbe terminato di sfogare i suoi turpi istinti volle sincerarsi che il contadino non lo avrebbe rovinato così si affacciò sull'orlo della buca e scorgendolo giù in fondo gli disse di mettersi l'anima in pace, perché la vita era ingiusta a volte e lui era nato dalla parte sbagliata della barricata, "mettici un pietra sopra" gli disse ridendo, e continuando a ridere si sedette lì vicino a godersi il fiasco di vino che si era portato dietro dalla locanda. Soddisfatto e ubriaco non si accorse che il contadino era riuscito, a prezzo di enormi fatiche, a venire fuori dalla buca. Il buon contadino era confuso, era riuscito ad uscire dal fosso e si era precipitato dove giaceva la donna per vedere come stava. Con orrore si era accorto che quella era morta, forse per il dolore che aveva subito.>>

A quel punto l'uomo all'altro lato del tavolo sembrava un professore universitario che stesse spiegando l'origine dell'universo a centinaia di alunni e Francesco guardava pensosamente quella persona che fino a pochi minuti prima sembrava un soprammobile.

<< Il contadino agì senza pensare, in automatico>> continuò a raccontare << afferrò una vanga e colpi in testa il campiere con tutte le sue forze, un crimine che lo avrebbe portato alla morte se fosse stato scoperto, quindi trascinò il corpo gemente e lo scaraventò giù nel fosso. Aspettò che quello si riprendesse e cominciasse a sbraitare minacce e nel silenzio più totale raccolse un sasso dall'enorme mucchio che si trovava lì vicino e lo gettò nella buca con noncuranza causando minacce ancora più terribili. Avvicinatosi al ciglio del fosso scorse il campiere che, in piedi, scalciava il fango e tentava invano di dare la scalata alla parete viscida appena scavata. Si sentiva svuotato, come se qualcuno lo avesse aperto e avesse tirato fuori tutta la voglia di vivere dalle sue stanche membra, solo un pensiero gli affollava la mente: metterci una pietra sopra. Tra le urla, prima di rabbia e poi di dolore, del campiere, il contadino continuò tutto il pomeriggio a gettare massi giù nella buca fino a riempirla del tutto e non si fermò finchè l'ultimo dei gemiti di sofferenza che giungevano dove prima c'era il fosso non divenne un mugolio sempre più flebile fino a scomparire del tutto lasciando il posto al fresco vento della sera.  Ci impiegò molto tempo a seppelire la donna e non perchè fosse stanco ma solo per il dolore che lo stava divorando incessantemente da quando aveva sentito il primo grido di dolore della donna, quindi tornò a casa e andò a riposare.

Il contadino visse fino all'età di 110 anni ma divenne sempre più assente tanto che passò gli ultimi anni della sua vita davanti al camino, a sgranocchiare grano essiccato per tutto il giorno e a pensare incessantemente alla donna, a quella creatura che gli aveva fatto conoscere l'amore per qualcosa che non era il suo lavoro ma che gli aveva fatto anche conoscere il dolore della perdita, il malessere peggiore che lui avesse mai provato. Maledicendo il campiere, il signore, la donna, l'amore e perfino se stesso il contadino morì colmo di rabbia.>>

Francesco era sconvolto ed allibito, se mai c'era stata la possibilità di sfruttare un'apertura nella difese dell'altro lui se l'era perso, trascinato dalla storia del buon contadino, e adesso lo osservava tornare all'apatia così repentinamente come ne era uscito poco prima. 

Se Francesco avesse voluto immaginare la faccia del buon contadino negli ultimi anni della sua vita avrebbe avuto a disposizione quell'uomo che sedeva di fronte a lui come esempio; il contadino aveva ucciso per vendetta ma lui, questo signore di mezza età, perché aveva commesso un delitto così atroce? Rispondere a questa domanda era il compito di Francesco, un'impresa parecchio complicata a giudicare dalle premesse.



Al prossimo e ultimo racconto, buona vita

Commenti

  1. Molto bello, scrivi bene.
    Penso sia auto conclusivo.
    Anche se mi sarebbe piaciuto sapere chi aveva ucciso l’uomo che ha raccontato la storia del buon contadino a Francesco.
    Complimenti, ciao

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    1. Grazie, magari in futuro penseró a una seconda parte

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  2. Molto interessante l'idea di questo racconto all'interno di un interrogatorio del genere. Così come il finale sospeso...

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  3. Bello ma troppo sospeso, come un'equazione insoluta che lascia la curiosità del finale. Anche se il racconto del buon contadino vuole essere un'auto assoluzione, noi dobbiamo sapere come e chi ucciso, l'uomo apparentemente insignificante..
    urge seguito..

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