Tre film di fantascienza venuti così così



The Island, Paycheck, Minority Report


 La fantascienza ha sempre avuto la capacità di esorcizzare le paure della società creando realtà immaginarie in cui quello che desta più preoccupazione viene esagerato al massimo. Ecco quindi che temi come la sicurezza personale o globale e il rapporto con la vita e la morte si trasformano in argomenti perfetti per costruirci intorno una storia avvincente in cui attraverso la narrazione si manda un messaggio specifico, che spesso è sempre lo stesso: ci sono delle dinamiche nella nostra esperienza umana che non possiamo nemmeno provare a controllare.

Queste cose le sapeva bene uno dei miei autori preferiti di fantascienza, Philip Kindred Dick, che deve la sua fama proprio al fatto di essere riuscito a esplicitare al meglio le digressioni filosofiche sull'esistenza e le paure umane mescolandole con le angosce causate da una presenza sempre più massiccia della tecnologia nella nostra vita.

All'inizio del primo decennio del 2000 sono arrivati sul grande schermo due film ispirati dai racconti di Dick e un terzo film che invece è una specie di macedonia di argomenti ma che ricollego a un romanzo forse poco conosciuto, Ricambi di Michael Marshall Smith

Ma andiamo con ordine.

Alla fine degli anni ’80 Mondadori pubblica in cinque volume l’intera antologia dei racconti di Philip Kindred Dick all'interno della quale si trovano Previdenza (i labirinti della memoria) e Rapporto di minoranza.


In Previdenza (i labirinti della memoria)  Jennings è un ladro di brevetti tecnologici. Un giorno viene contattato da un magnate dell’industria hi-tech che gli propone un lavoro pagato benissimo ma per averlo deve accettare di farsi cancellare la memoria a lavoro ultimato. Concluso il periodo di lavoro, Jennings scopre che invece dei soldi egli stesso si è lasciato una busta piena di oggetti all'apparenza insignificanti. Che è successo? 
Nel 2003 il regista John Woo realizza Paycheck, ispirato al racconto, interpretato da Ben Affleck, Uma Thurman e Aaron Eckhart (questo nome è tanto difficile da scrivere almeno quanto è figo!). Il film è piacevole e con un buon ritmo, l’idea di fondo del racconto di Dick viene sostituita con una spiegazione più semplicistica e un po’ fanfarona ma il risultato finale è coerente quindi ci può stare. Peccato, però, perché l’ipotesi del gancio temporale proposta da Dick sarebbe stata una vera chicca anche se molto difficile da raccontare per immagini.


In Rapporto di minoranza, invece, Dick affronta una tematica un tantino più complessa. In un futuro non specificato il crimine è stato sconfitto grazie alla Precrimine, una sorta di polizia 3.0 che fa affidamento su tre precognitivi in grado di prevedere un crimine grave con un scarto di qualche minuto in modo da far intervenire tempestivamente gli agenti. L’idea intorno alla quale ruota la filosofia del racconto è il dubbio sul fatto che sia etico o meno punire una persona pochi secondi prima che abbia compiuto un reato. E, a peggiorare la situazione, ci si mette una previsione dei tre precog secondo la quale sarebbe il commissario John Anderton a commettere un omicidio.
Il cavillo è rappresentato dal fatto che i precog sono sempre d’accordo sulla previsione mentre in quest’ultimo caso uno dei tre è in palese disaccordo con gli altri due: Anderton conosce il suo futuro quindi secondo il rapporto di minoranza del terzo precog può decidere di non commettere l’omicidio. Stallo.
Nel 2002 Steven Spielberg firma la regia di Minority Report con Tom Cruise e Colin Farrel. Liberamente tratto dal racconto di Dick, il film è un polpettone action in stile Cruise pieno zeppo di situazioni che fanno risaltare la sua intelligenza tattica e il suo atletismo. Del senso della storia si perdono le tracce dopo la prima mezz'ora, l’etica proposta dal racconto scompare sotto i colpi di scene che non hanno alcun senso se non quello di allungare e complicare una storia che era breve e lineare. Il crimine più grave fatto contro il racconto è quello di snaturarne completamente il messaggio. Ho sempre considerato questo film come il peggiore tra quelli girati da Spielberg.


Nel 1996 lo scrittore Michael Marshall Smith pubblica Ricambi, un romanzo in cui affronta in modo schietto il tema della clonazione racconta la storia di Jack Randall, il guardiano in una fattoria dove si clonano esseri umani per essere usati come vere e proprie parti di ricambio di facoltosi ricconi dediti a vite sconsiderate. A un certo punto, Jack decide di fuggire con due bambini appena clonati per salvarli dal loro triste destino.
In quegli anni la Dreamworks acquista un’opzione per farne un film ma per varie vicissitudini l’opzione scade. Tuttavia nel 2005 Michael Bay dirige The Island con Ewan McGregor e Scarlett Johansson che è molto simile al romanzo tranne che per un’esagerato uso di effetti speciali, esplosioni e scene d’azione come solo il buon Bay può darci.
Inutile dire che della tensione emotiva che suscita il romanzo qui non c’è nemmeno l’ombra.

La cosa che maggiormente mi urta delle trasposizioni dei romanzi di fantascienza, fatte in questo modo, è la tendenza di sostituire le parti riflessive e profonde con l’azione, come se chi guarda non potesse o non volesse capire i concetti, come se il pubblico fosse composto per la maggior parte da imbecilli che non possono capire un ragionamento o un paradosso. Poi escono film come Interstellar o serie come DARK e tanti gridano al capolavoro e alla rigorosità scientifica, alla suggestione provocata da complesse teorie scientifiche e fantascientifiche, senza sapere o capire che se non le avete mai percepite è perché vi hanno imbottito di esplosioni, fughe rocambolesche e scene in cui persone cadono da grattacieli in mezzo a detriti grandi il doppio di loro e si salvano grazie a una rete metallica posta a pochi metri dal suolo: la fantascienza non sta nell'accettare questo fatto come possibile perché anche nelle storie di fantascienza la gravità funziona come nella realtà e in quella condizione specifica avrebbe ucciso i due personaggi.

La fantascienza sta nell'accettare realtà futuribili in cui l’uomo deve riscrivere l’elenco delle sue paure e il suo codice etico.

Per ora è tutto gente, buona vita.

Commenti

  1. Un amante come me della Fantascienza, non può che trovarsi d'accordo con quanto hai scritto. Non puoi neanche immaginare quanto mi urta ciò che hai sottolineato. Ahimè ci troviamo di fronte a film, credo, sì di Fantascienza, ma concepiti per un grande pubblico. È questo ciò che secondo me li rovina. Insomma... quante volte avrai sentito anche tu la frase "Mamma mia quanto è lento questo film...". Si corre ovunque, ormai, anche quando si è seduti in una sala del cinema.

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    1. Esattamente. Me lo hanno detto di Blade Runner: è lento e noioso. Certo, se sono abituati a questi polpettoni action che snaturano la fantascienza appena si imbattono in qualcosa di più studiato si annoiano.

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