NELLA TANA DEL BIANCONIGLIO
Per tutti gli anni ’90 l’intelligence americana aveva speso
i soldi del Black Budget per studiare metodi non convenzionali per fare la
guerra e per creare supersoldati dotati di ogni sorta di potere paranormale. A
Fort Bragg, il generale Alexander aveva messo in pratica il manuale operativo
del Battaglione Nuova Terra di Jim Channon avviando progetti di ricerca e
addestramento che hanno portato come conseguenza negativa le infiltrazioni dei
terroristi di Al-Qaeda culminate con l’attentato dell’11 Settembre 2001. Ne
abbiamo parlato nella Prima Parte.
Una volta fatto il primo collegamento, Jon Ronson comincia a
incalzare Channon, Stubblebine e Alexander e mentre dal vecchio Stubblebine
ormai disilluso e in pensione viene indirizzato più verso fenomeni da baraccone
come il maggiore Ed Dames (diventato famoso per le sue profezie fasulle
trasmesse in radio) o l’agente Lyn Buchanan (che ha raccontato nella sua
biografia il suo passato da spia psichica) sono Channon e Alexander o, meglio,
il loro atteggiamento sempre più remissivo, le loro parole sempre più criptiche
a convincere il giornalista che c’è ancora tanta roba da dissotterrare in
questa storia.
E infatti...
Ronson lavora su documenti desecretati e trapelati dagli
uffici dell’intelligence, trova collegamenti tra le sevizie perpetrate sui
prigionieri delle carceri militari di Abu Grahib e Guantanamo Bay, contatta e
parla con ex detenuti ed ex militari di stanza in quelle strutture e scopre il
fossile di un mostro.
E’ lo stesso John Alexander a indirizzare il lavoro di
Ronson. Commentando la guerra al terrore e le sue conseguenze post 11 settembre
2001, il colonnello pone il problema della detenzione dei prigionieri di
religione islamica sospettati di cospirazione terroristica: che farne?
Liberarli non è possibile nel breve tempo perché sarebbe un pericolo. Ucciderli
non si può a causa delle convenzioni per i diritti dei prigionieri. E allora
ecco lo spettro di un mostro orribile: la rieducazione mentale, il controllo
dei pensieri, la messa in pratica delle strategie di dissuasione proposte da
Channon nel suo manuale.
Se si parla di intelligence americana e ci si accosta la
locuzione controllo mentale viene subito in mente il progetto MK-Ultra ma per il
momento saltiamo questo capitolo imbarazzante che potrei trattare in un altro
episodio di questa serie.
A questo punto, visto lo sgomento di Ronson, Alexander gli
dice di non farsi ingannare dall’aspetto da hippy di Channon perché questi è un
vero e proprio signore della guerra travestito da pacifista.
Tra i metodi proposti da Channon ci sono l’utilizzo di
messaggi subliminali inseriti in brani comuni come quelli che ascolta Jamal
al-Harit, un artista giamaicano convertito all’Islam, detenuto per un periodo a
Guantanamo, ma senza subirne effetto alcuno. Oppure ci sono le torture a base
di jingle pubblicitari e canzoncine da cartone animato ripetute per decine di
ore a volume folle o ancora i suoni di lavori industriali sempre ad altissimo
volume. Tutte cose che con molta probabilità – ha ragione di sostenere Ronson –
sono state testate sui prigionieri detenuti a Guantanamo e nelle strutture
militari americane. E poi c’è Abu Grahib.
Nella primavera del 2004 il noto programma di
approfondimento 60minutes riporta delle foto scioccanti che ritraggono alcuni
militari americani durante ogni tipo di umiliazione, sopruso e tortura nei
confronti dei prigionieri detenuti nella prigione irachena di Abu Grahib. Dalle
indagini condotte dall’esercito verranno fuori notizia atroci che parlano di
ogni tipo di sevizia, dallo stupro alla tortura e all’umiliazione, ma c’è anche
chi tira fuori la pista dei detenuti fantasma ovvero prigionieri non registrati
usati a uso e consumo dei militari. Alla fine verranno processati e condannati
sette soldati americani per l’omicidio di quattro detenuti e gli abusi
perpetrati su tutti gli altri anche se nel quadro d’insieme figurerebbero
anche altri nomi del settore militare americano ed esponenti della CIA.
Ronson lascia velatamente intendere che quelle foto siano
state la conseguenza dell’applicazione del manuale del Primo Battaglione Terra
ma anche di altri progetti sulla spersonalizzazione e il controllo mentale e
che abbiano visto come vittime sacrificali (nel vero senso della parola) i
detenuti della prigione. Potrebbe non essere una follia pensare che in mezzo ai
nomi occultati dagli atti ci sia il nome di qualche pezzo grosso tra cui anche
il colonnello Alexander che, interpellato sull’argomento da Ronson, glissa
facendo muro.
Poi, però, qualche anno dopo lo stesso Ronson vende i
diritti di questa scioccante inchiesta alla BBC films e ne viene tratto il film
L’uomo che fissa le capre di cui abbiamo parlato all’inizio di questa storia.
Una commedia risibile che ridicolizza l’intera faccenda allontanando
l’attenzione dai fatti essenziali. Di questo, probabilmente, non sapremo mai i
motivi se non quelli decisamente pragmatici di massimizzare i guadagni con un
prodotto che potrebbe risultare una patata bollente.
Materiale a supporto di questo post:
[LIBRO]L'uomo che fissa le capre - Jon Ronson
[FILM] L'uomo che fissa le capre
E per ora è tutto gente, buona vita.
La storia delle canzoncine (mi pare quella dei Teletubbies, se non erro) la sapevo anche io.
RispondiEliminaNon sapevo invece che tutta quella storia che hai raccontato nella prima parte sarebbe andata a finire fino ai fatti di Abu Grahib! :o
Moz-
Quella è la parte che mi ha fatto più paura. La leggerezza con cui si sceglie di usare i prigionieri come cavie
EliminaQuando vidi quel film, lo affrontai davvero con leggerezza. Leggendo adesso le due parti di questa storia, mi è venuta voglia di riguardarlo con una nuova consapevolezza. Davvero impressionante, comunque.
RispondiEliminaIl film comunque è volutamente leggero, credo per non avere problemi con la crudezza della storia che racconta.
EliminaOk, la prossima volta che ripassa in TV non lo perderò, ormai mi hai incuriosita!
RispondiEliminaBene, sono contento quando smuovo un po' le acque.
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