UN CASO INTERNAZIONALE
L’argomento di cui parleremo oggi viene considerato da
parecchie persone come la madre di tutte le teorie della cospirazione perché
nonostante l’enorme mole di prove che puntano verso una certa direzione rimane
sempre vivo il gusto per la dietrologia e il complottismo. Questa vicenda ha
ispirato film, libri, articoli, documentari e prodotto migliaia di pagine di
memorandum e report; ha coinvolto centinaia di persone tra sospetti, testimoni oculari
e rappresentanti delle varie legislature americane; ha avuto un’eco mediatica
internazionale e un impatto sulla società mondiale che ancora oggi, a quasi
sessant’anni, rimane di immutato fascino e morbosa attenzione.
Signore e signori: l’assassinio del presidente John
Fitzgerald Kennedy.
Sono sicuro che con questo argomento mi farò non pochi
nemici, so già che per qualcuno risulterà difficile scostarsi da quello a cui è
abituato a credere e io non voglio nemmeno che lo faccia, ma in passato tutte le
volte che ho toccato questo argomento le reazioni sono state veementi e in
alcuni casi anche verbalmente violente. Non sto a raccontarvi i motivi. Quindi
sono preparato.
Un ultima cosa e poi cominciamo: il film del 1991 JFK di
Oliver Stone con Kevin Kostner e tanti altri grandi attori non può essere
considerato come fonte storica ufficiale per quanto sia stato scritto basandosi
sui rapporti della commissione voluta e presieduta dal procuratore distrettuale
Jim Garrison. E’ un film che come prodotto di fiction espone una delle teorie
cospirazioniste più suggestive, ma rimane solo un film e non una testimonianza
diretta dei fatti. I fatti che racconta sono opinioni senza alcun supporto di
un sistema di prove definitive. Questo mi premeva dirlo per evitare ulteriori
fraintendimenti.
Diego Verdegiglio, il giornalista italiano che più di tutti ha indagato il caso Kennedy mi risponde su Youtube. So' soddisfazioni a un certo punto. |
Questo post sarà a puntate perché di cose da dire ce ne sono
un bel po’.
E allora andiamo a vedere come tutto ha avuto inizio.
La mattina del 22 novembre 1963 la limousine che trasporta
il 35° presidente degli USA, la moglie Jaqueline, insieme al governatore del
Texas John Connally e relativa consorte, attraversa la città di Dallas in
occasione di un tour presidenziale negli stati del sud per prepararsi alla
campagna elettorale pro secondo mandato. Poco dopo mezzogiorno la vettura entra
in Dealy Plaza e dopo aver rallentato per permettere al presidente di stringere
la mano a qualche sostenitore si appresta a lasciare la zona quando tre colpi
di fucile in successione raggiungono gli occupanti ferendo gravemente Connally
e procurando ferite mortali a Kennedy che di lì a mezz’ora morirà nonostante la
corsa in ospedale e le cure dei medici.
Nel panico che si scatena in quella piazza a forma di catino
la cui acustica è molto distorta, in molti riescono a percepire che gli spari
provengono da uno dei piani alti di un edificio adibito a deposito libri.
Recatisi sul posto gli agenti raggiungono il piano da cui pensano siano partiti
gli spari e trovano subito il nido del cecchino con il fucile abbandonato,
quindi bloccano gli ingressi alla struttura e convocano tutti i dipendenti
presenti per fare un’identificazione. Sono passati più o meno cinque minuti
dall’ultimo sparo. Tra i dipendenti del deposito, però, ne manca uno, un
ragazzo che era stato intercettato sulle scale dagli agenti ma che il direttore
aveva riconosciuto come suo dipendente. Il suo nome è Lee Harvey Oswald e la
sua assenza è per gli agenti molto sospetta.
Fermiamoci un attimo. Come siamo arrivati a questo?
Dobbiamo fare un passo indietro di 3 anni. Novembre 1960,
dopo una campagna elettorale serratissima John Fitzgerald Kennedy diventa il
primo presidente cattolico degli Stati Uniti d’America battendo Richard Nixon.
Kennedy è giovane, ha appena 43 anni, e viene da una famiglia di vincenti; la
sua immagine sociale, alla quale dà un contributo considerevole la moglie
Jacqueline, è quella del rinnovamento e della fiducia dopo i difficili anni
della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale.
La prima azione degna di nota di Kennedy è però un mezzo
passo falso: il sostegno ad alcuni gruppi golpisti che volevano rovesciare il
regime di Fidel Castro a Cuba. Il supporto di alcuni reparti dell’esercito
americano nei fatti della famosa Baia dei Porci (iniziativa messa in programma,
per la precisione, dalla uscente amministrazione Eisenhower) che si trasforma
in una bruciante disfatta con Castro che ne esce addirittura rafforzato agli
occhi del mondo. Ma Kennedy non è uno stupido e nel 1962 piazza la sua mossa
vincente quando un aereo spia dell’intelligence americana rileva un’installazione
militare cubana armata di missili nucleari che minacciano gli USA. Cuba è
alleata della Russia e siamo in pieno clima da guerra fredda per cui l’idea di
un terzo conflitto mondiale potrebbe non essere campata per aria. Kennedy però
gestisce la situazione con grande polso nonostante la pesante presenza
dell’occhio della storia sulle proprie spalle: avvia trattative diplomatiche
con Kruscev in Russia e dopo una grande mole di lavoro, alla fine, riesce a
disinnescare il pericolo di una guerra. Questa sarà una vittoria che creerà la
sua gigantesca immagine di campione della diplomazia e rafforzerà il ruolo di
Kennedy nello scacchiere politico mondiale.
Tuttavia, le ali più conservatrici del partito avversario,
quello repubblicano, e del suo stesso partito, quello democratico, si schierano
apertamente contro il presidente negli affari di politica interna. Il piano New
Frontier voluto da Kennedy cozza con gli accumuli di potere lungo l’asset
politico americano e in particolare negli stati del sud, conservatori e con
mentalità molto “particolari”, si vede Kennedy come una minaccia ai propri ideali. Però New Frontier funziona e Kennedy è così forte politicamente che lo
stesso Nixon rinuncerà a contrastarlo durante la campagna elettorale per il
possibile secondo mandato.
Dallas, in Texas, capitale del malcontento nei confronti di
un presidente liberale e aperto nei confronti delle minoranze, la città in cui
ancora ci sono locali in cui i neri non possono entrare e autobus solo per
bianchi è l’ultima sfida vinta da Kennedy, ma anche la fine della sua parabola
vittoriosa. Poco prima di essere ferito a morte la moglie del governatore
Connelly gli aveva fatto notare quanto la folla di Dallas fosse in visibilio
per lui e aveva sottolineato che nessuno poteva affermare che la città non lo
amasse. No, davvero fu la risposta di JFK e queste furono le sue ultime parole.
Lee Harvey Oswald, sparito dal deposito del libri, ha avuto
tempo di tornare a casa, cambiarsi e cercare di scappare. Braccato, dopo aver
ucciso un agente di polizia che lo aveva riconosciuto, si rifugia in un cinema
dove viene arrestato pochi minuti dopo. Sono passati solo 75 minuti
dall’assassinio di JFK.
Prima della mezzanotte del 23 novembre 1963 Oswald sarà
accusato dell’assassinio del presidente dopo lunghe ore di delirante
interrogatorio. Il giorno dopo, il 24 mattina, mentre viene tradotto verso il
carcere della contea, un modesto criminale malato di protagonismo che risponde
al nome di Jack Ruby riuscirà ad approfittare del trambusto e della folla per
sparagli uccidendolo. Ruby non può saperlo ma il suo gesto ha innescato la più
lunga, tormentata e chiacchierata serie di teorie cospirative sull’assassinio
di JFK.
Ci vediamo tra 7 giorni per andare a vedere insieme la
storia della vita di Lee Harvey Oswald e i motivi che lo hanno portato al sesto
piano del deposito di libri di Dealey Plaza con un fucile in mano per uccidere
il presidente degli USA.
Per ora è tutto gente, buona vita.
------------------>SECONDA PUNTATA<------------------
Io dico che la risposta più esauriente (forse sarebbe meglio dire "soddisfacente") l'ho trovata nello splendidissimo 22.11.63 di Stephen King.. ;)
RispondiEliminaMi sembra che in JFK Oliver Stone abbia fatto una sua versione dei fatti, non dandola come verità assoluta..comunque anch'io non credo che sia stato tutta opera di Lee Oswald, che poi fatalità viene subito messo a tacere..tutto molto strano!
RispondiEliminaMi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se Ruby non avesse ucciso Lee Harvey Oswald. Un pezzo di storia mondiale sarebbe radicalmente cambiato.
RispondiEliminaComunque concordo con Franco: non so se hai avuto modo di leggerlo, ma 22.11.63 di Stephen King è un vero e proprio CAPOLAVORO!
Diciamo che quando finirà questa serie di post spero di aver dato un quadro completo della questione per quanto riguarda quello che supporta la mia idea di come potrebbero essere andate le cose.
RispondiElimina@guido e franco: quel romanzo di King è spettacolare. Quando l’ho letto venivo da un paio d’anni di assenza dalla letteratura del Re ed è stato piacevole tornare nella sua realtà.
Bene, allora mi abbevero alla tua fonte per conoscere tutti i retroscena :).
RispondiEliminaSono terribilmente ignorante, in merito.
(Signor Paolino, ahha, mi ha fatto sensazione vederti chiamare in questo modo, poi su una piattaforma social :))
Fa un po' senso anche a me.
EliminaUna delle storie più intriganti di sempre che ha ispirato molti registi e scrittori. Perché sia stato davvero uccido Kennedy? Si può dire di tutto e nel contempo... niente. Fatto sta che aveva un modo di fare a largo raggio e di nemici se n'era fatti parecchi, così come anche suo fratello che lottava per contrastare la mafia e i sindacati corrotti (vedi caso Hoffa). Questo primo articolo è già un primo passo importante per avviarci in un discorso complesso, tortuoso e che sicuramente dividerà le persone, anche dinanzi alle fonti certe!
RispondiEliminaGuarda, non voglio anticipare nulla ma alla fine si capirà perché le fonti che seguo mi hanno convinto a sposare una certa idea.
Eliminae noi saremo qui ad attendere altri pezzi sull'argomento. Buon lavoro Nick
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