Psycho di Robert Bloch


Si dice che il sonno della ragione generi mostri: allora che succede quando sono i mostri a dormire?
Ecco, forse una battuta alla Groucho Marx non è l'ideale per cominciare una recensione su un thriller terrificante come Psycho di Robert Bloch ma, essendo il protagonista di questo romanzo uno psicopatico non vedo perchè io non possa cominciare il post con questa specie di paradosso...



Ah, già, Norman Bates. Non credo che la mente possa concepire un personaggio più malato e raffinato allo stesso tempo come Norman Bates. Ci sarebbe Jack Torrance dell'Overlook Hotel (Shining, nda) ma le atmosfere tetre dell'hotel creato da Stephen King non si rispecchiano nella profondità aberrante della psiche di Norman.

Nessuno di noi è sano quanto mostra di essere 

Norman è il gestore del Bates Motel, un albergo di quart'ordine su una strada sbagliata che collega una grande città con un paesino di provincia; da quando hanno costruito l'autostrada solo chi ha la sfortuna di sbagliare strada arriva in questo posto meno ameno e a fare la conoscenza del misterioso gestore. Abbandonato dal padre e orfano della madre morta suicida, Norman vive da anni come un eremita dividendosi tra il motel e la casa padronale. Ed è considerato un pò strano da tutti. Il problema è che Norman Bates si è bevuto il cervello. E ci si è avvelenato.

Mary Crane è una giovane donna che si divide tra una famiglia da tenere in piedi a forza di grandi sacrifici e un rapporto a distanza con un giovanotto conosciuto durante l'unica vacanza della sua vita. Un giorno fa una follia e non riuscirà mai a immaginare quanto ne pagherà le conseguenze.

Dopo la morte del padre, Sam Loomis ha ereditato un'attività e i grossi debiti connessi. Il suo progetto è di impegnarsi a mantere il negozio di famiglia e a risanare il debito per riscattare il nome del padre. In un vacanza ha conosciuto una giovane donna..

Tre personaggi diversi psicologicamente che vengono coinvolti in una matassa pulp, un storia agghiacciante in cui il thriller lascia il posto all'horror e ti costringe a fare i conti con la paura e la suggestione. Con Psycho Robert Bloch è riuscito a creare un'atmosfera di terrore che pervade le parole di ogni pagina e ti lascia quella sensazione di inquietudine, che ti fa guardare con sospetto a ogni angolo buio della stanza in cui ti trovi, che ti fa sobbalzare a ogni rumorino misterioso.

Atmosfera che, tra tutte le opere connesse con il romanzo ovvero un remake, uno spin-off, un tentativo di reboot e ben tre sequel, solo Alfred Hitchcock è riuscito a catturare e a trasporre sul grande schermo in quel capolavoro di tensione che è il suo Psycho (anno 1960). Parliamo di uno dei rarissimi casi in cui una storia non viene sbrindellata dagli sceneggiatori per adattarla al mezzo cinematografico, un caso in cui tra film e romanzo ci sono solo quelle differenze imposte dal non poter realizzare determinate scene perché troppo violente o considerate fin troppo destabilizzanti per la morale.

Una volta ammesso che non si può mai sapere come funzioni la testa di un'altra persona, allora si giunge inevitabilmente all'ultima, estrema ammissione: tutto è possibile.

Era veramente da parecchio tempo che un romanzo non mi metteva così a disagio sul piano della suggestione. Se il film di Hitchcock è un capolavoro per il cinema, il romanzo di Robert Bloch lo è per la letteratura.

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