Una recensione sensata di Sense8 //ultimo post del 2015//








 Se il matematico Paul Dirac avesse potuto farsi un abbonamento a Netflix e vedere la serie Sense8 sicuramente sarebbe andato dai produttori per ringraziarli di aver interpretato e rappresentato in modo così perfetto le conseguenze della sua importantissima equazione. Questa equazione, formulata nel 1928, descrive il comportamento delle particelle elementari della materia attingendo dalle teorie della fisica quantistica e proponendo una interpretazione che annulla la differenza tra il carattere materiale della realtà e quello ondulatorio ovvero energetico.

Mi spiego: interpretando l’equazione di Dirac, in termini semplicistici e profani, si possono spiegare i sentimenti che ci legano, con intensità e durata variabile, gli uni agli altri.

Non essendo però io un divulgatore scientifico e volendo trattare in questo post di una recensione su una serie TV di fantascienza devo avvisarvi che eventuali approfondimenti su quanto ho asserito poc’anzi  e/o su qualsiasi altra teoria scientifica enunciata da questo momento in poi sono una vostra responsabilità.

Dunque, Sense8.

Nel mondo esistono cerchie di 8 individui, chiamati sensate, che riescono a comunicare mediante il fenomeno della risonanza limbica, un particolare tipo di collegamento telepatico che permette a queste persone di condividere emozioni, sensi e pensieri anche se si trovano a svariati chilometri di distanza. All’inizio della nostra storia, Angelica, la “madre metafisica” del gruppo dei protagonisti, attiva la loro connessione psichica e subito capiamo che ci sarà qualcuno che darà loro la caccia mentre un altro oscuro personaggio si preoccuperà di guidarli. L’inizio della trama, come ogni lavoro dei Wachowskis, è avvolto nella nebbia più fitta: provate, per farvi un’idea, a pensare all’inizio di Matrix o di Cloud Atlas.



Prima di presentarvi i personaggi però è necessario fare un’altra escursione nel mondo della scienza per spiegare due concetti fondamentali.   
  1.  Nel mondo della fisica la risonanza è il fenomeno che si verifica quando un sistema oscillante viene sollecitato con una frequenza di intensità pari alla frequenza di oscillazione del sistema stesso.
  2.   Nel nostro cervello il sistema limbico è composto da particolari connessioni di neuroni che ci permettono di gestire la memoria a breve termine ma anche emozioni e umore.

Ora, credo abbiate già capito dove dobbiamo andare a parare.

L’idea di base di Sense8 nasce dall’unione tra l’interpretazione suggerita all’inizio del post circa l’equazione di Dirac e l’interpretazione metafisica del fenomeno della risonanza: così nasce la risonanza limbica che permette di interfacciarsi a livello energetico con un altro individuo arrivando anche a provare lo stesso tipo di emozione. E badate bene che questa è un’asserzione piuttosto pesante anche se fatta per una serie TV di fantascienza.

La seguente foto vi presenta i protagonisti di Sense8 e la loro ubicazione geografica. Per quanto riguarda la sinossi rimane poco altro da dire perché non voglio spoilerare nulla: sarebbe un delitto rovinare la sorpresa ai curiosi che volessero darci un’occhiata. Perciò passerei direttamente all’analisi personale.



Quello che mi ha colpito di più è stata la regia delle varie puntate. Avevo letto che i Wackowskis avevano diretto qualche episodio, James McTeigue (V per Vendetta), Tom Tykwer (Cloud Atlas) e Dan Glass degli altri ma ho la netta sensazione che alcuni episodi siano stati diretti da tutti contemporaneamente data la varietà delle inquadrature e lo stile delle stesse. E’ vincente la scelta di dedicare uno stile di regia leggermente diverso per ognuno degli 8 protagonisti: una scelta esaltata da un montaggio eccezionale e da un comparto sonoro coinvolgente e convincente in tutti i momenti. Ci sono delle scene che sono una goduria per gli occhi e per l’anima, che arrivano mediante un registro sinestetico e vengono percepite quindi con più sensi contemporaneamente. Ci sono due scene, una scena di sesso e la scena della nascita dei sensate che andrebbero studiate a scuola di regia per come l’alternanza delle inquadrature, la distanza cinematografica, i movimenti di macchina e le angolazioni delle riprese riescono a raccontare un momento e le emozioni connesse meglio di centinaia di parole.

Altro asso nella manica di Sense8 è il casting. L’attrice e modella sudcoreana Doona Bae è certo il volto più noto del gruppo (per chi non segue i Wachowski la bella asiatica sarebbe anche Sonmi di Cloud Atlas) e sicuramente qualcuno tra gli altri ragazzi lo si è visto in qualche altro film o serie TV; però ciò che convince è che la scelta del cast rispecchia perfettamente il messaggio che la serie vuole mandare.

Cos'è che ci rende umani? La capacità di ragionare, immaginare, di amare o di soffrire? In quel caso siamo più umani di quanto un umano non sarà mai..


E’ il caso quindi di chiarirci: il messaggio nascosto tra le splendide pieghe di Sense8 è che i sentimenti che proviamo gli uni per gli altri possono varcare i confini geografici tanto quanto quelli culturali e sociali. Non importa in quale parte del mondo ti trovi, quale sia la tua cultura di appartenenza, quale religione segui o quali siano le tue inclinazioni sessuali, il punto è che il legame animico che ti lega a un’altra persona avrà sempre la stessa intensità.

Sense8 affronta anche la tematica trans-gender in un modo che non vuole essere né esaltante né didascalico. Il gusto sessuale dell’individuo è secondario rispetto alla forza del legame con gli altri ragazzi della cerchia esattamente come lo sono il numero di scarpe che porta, il film preferito o i cibi che mangia più volentieri. E’ un messaggio potente e pericoloso al tempo stesso. Potente perché dice quello che nemmeno gli organizzatori dei gay-pride o i sessisti più ottusi hanno mai pensato, ovvero che siamo tutti facce della stessa medaglia e l’orientamento sessuale è solo un tratto della personalità e non serve qualificare le persone; è anche pericoloso perché tratta di argomenti e propone immagini che la stragrande maggioranza della gente non vuole conoscere e vedere nonostante spesso si inizino i discorsi con Io non ho nulla contro i gay ma… Siccome la grammatica è importante bisogna andare a leggere quanta superficialità racchiude la costruzione Io non…ma..
E allora ecco che le scelte di casting che rispecchiano questo modo di vedere le cose danno alla serie un’importanza maggiore di qualsiasi altro prodotto divulgativo sul tema della sessualità.

La scelta di non risparmiarci nessuna immagine per quanto riguarda l’aspetto sessuale (senza però cadere nell’esagerazione) dimostra un coraggio che poche accoppiate regista/cast riescono ad avere per timore di giudizi affrettati e superficiali e spesso anche di pregiudizi insensati e insensibili.

Ecco, forse è il caso di pensare a Sense8 come a un test. Chi riesce a carpire il messaggio al di là delle immagini forse ha quella sensibilità che oggi manca nella società moderna e che ci farebbe avvicinare sempre di più e comunicare con un registro più sincero di quanto non facciano smartphone e social network. Chi invece non coglie questa sottigliezza avrà fallito il test e quindi dimostrerà di non avere la medesima sensibilità. Problemi suoi.

L’unica pecca che ho riscontrato, se così vogliamo chiamarla, è la freddezza tipica dei lavori dei Wachowski. I due registi sono ben oltre la scolastica e il prevedibile ma spesso eccedono nel manierismo creando delle scene grandiose ma che trasmettono poco. Quasi mi stavo ricredendo su questo aspetto vedendo Sense8, visto che il livello emozionale è altissimo, ma l’epilogo della prima stagione conferma questo mio pensiero. Il tutto si chiude con una precisione che spezza in due il castello delle emozioni costruito fino a quel momento.

- Come posso sentirlo se non sono qui?
- Perchè io lo sento...Quando lo capirai, lo farai
- Capire cosa?
- Che non sei più solo tu


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