Se il matematico Paul
Dirac avesse potuto farsi un abbonamento a Netflix e vedere la serie Sense8
sicuramente sarebbe andato dai produttori per ringraziarli di aver interpretato
e rappresentato in modo così perfetto le conseguenze della sua importantissima
equazione. Questa equazione, formulata nel 1928, descrive il comportamento delle
particelle elementari della materia attingendo dalle teorie della fisica
quantistica e proponendo una interpretazione che annulla la differenza tra il
carattere materiale della realtà e quello ondulatorio ovvero energetico.
Mi spiego: interpretando
l’equazione di Dirac, in termini semplicistici e profani, si possono spiegare i
sentimenti che ci legano, con intensità e durata variabile, gli uni agli altri.
Non essendo però io un
divulgatore scientifico e volendo trattare in questo post di una recensione su
una serie TV di fantascienza devo avvisarvi che eventuali approfondimenti su
quanto ho asserito poc’anzi e/o su
qualsiasi altra teoria scientifica enunciata da questo momento in poi sono una
vostra responsabilità.
Dunque, Sense8.
Nel mondo esistono
cerchie di 8 individui, chiamati sensate, che riescono a comunicare mediante il
fenomeno della risonanza limbica, un particolare tipo di collegamento
telepatico che permette a queste persone di condividere emozioni, sensi e
pensieri anche se si trovano a svariati chilometri di distanza. All’inizio
della nostra storia, Angelica, la “madre metafisica” del gruppo dei
protagonisti, attiva la loro connessione psichica e subito capiamo che ci sarà
qualcuno che darà loro la caccia mentre un altro oscuro personaggio si
preoccuperà di guidarli. L’inizio della trama, come ogni lavoro dei Wachowskis,
è avvolto nella nebbia più fitta: provate, per farvi un’idea, a pensare
all’inizio di Matrix o di Cloud Atlas.
Prima di presentarvi i personaggi però è necessario fare un’altra escursione nel mondo della scienza per spiegare due concetti fondamentali.
- Nel mondo della fisica la risonanza è il fenomeno che si verifica quando un sistema oscillante viene sollecitato con una frequenza di intensità pari alla frequenza di oscillazione del sistema stesso.
- Nel nostro cervello il sistema limbico è composto da particolari connessioni di neuroni che ci permettono di gestire la memoria a breve termine ma anche emozioni e umore.
Ora, credo abbiate già
capito dove dobbiamo andare a parare.
L’idea di base di Sense8
nasce dall’unione tra l’interpretazione suggerita all’inizio del post circa l’equazione
di Dirac e l’interpretazione metafisica del fenomeno della risonanza: così
nasce la risonanza limbica che permette di interfacciarsi a livello energetico
con un altro individuo arrivando anche a provare lo stesso tipo di emozione. E
badate bene che questa è un’asserzione piuttosto pesante anche se fatta per una
serie TV di fantascienza.
La seguente foto vi
presenta i protagonisti di Sense8 e la loro ubicazione geografica. Per quanto
riguarda la sinossi rimane poco altro da dire perché non voglio spoilerare
nulla: sarebbe un delitto rovinare la sorpresa ai curiosi che volessero darci
un’occhiata. Perciò passerei direttamente all’analisi personale.
Quello che mi ha colpito
di più è stata la regia delle varie puntate. Avevo letto che i Wackowskis
avevano diretto qualche episodio, James McTeigue (V per Vendetta), Tom Tykwer
(Cloud Atlas) e Dan Glass degli altri ma ho la netta sensazione che alcuni
episodi siano stati diretti da tutti contemporaneamente data la varietà delle
inquadrature e lo stile delle stesse. E’ vincente la scelta di dedicare uno
stile di regia leggermente diverso per ognuno degli 8 protagonisti: una scelta
esaltata da un montaggio eccezionale e da un comparto sonoro coinvolgente e
convincente in tutti i momenti. Ci sono delle scene che sono una goduria per
gli occhi e per l’anima, che arrivano mediante un registro sinestetico e
vengono percepite quindi con più sensi contemporaneamente. Ci sono due scene,
una scena di sesso e la scena della nascita dei sensate che andrebbero studiate
a scuola di regia per come l’alternanza delle inquadrature, la distanza
cinematografica, i movimenti di macchina e le angolazioni delle riprese
riescono a raccontare un momento e le emozioni connesse meglio di centinaia di
parole.
Altro asso nella manica
di Sense8 è il casting. L’attrice e modella sudcoreana Doona Bae è certo il volto
più noto del gruppo (per chi non segue i Wachowski la bella asiatica sarebbe
anche Sonmi di Cloud Atlas) e sicuramente qualcuno tra gli altri ragazzi lo si
è visto in qualche altro film o serie TV; però ciò che convince è che la scelta
del cast rispecchia perfettamente il messaggio che la serie vuole mandare.
Cos'è che ci rende umani? La capacità di ragionare, immaginare, di amare o di soffrire? In quel caso siamo più umani di quanto un umano non sarà mai..
E’ il caso quindi di
chiarirci: il messaggio nascosto tra le splendide pieghe di Sense8 è che i
sentimenti che proviamo gli uni per gli altri possono varcare i confini geografici
tanto quanto quelli culturali e sociali. Non importa in quale parte del mondo
ti trovi, quale sia la tua cultura di appartenenza, quale religione segui o
quali siano le tue inclinazioni sessuali, il punto è che il legame animico che
ti lega a un’altra persona avrà sempre la stessa intensità.
Sense8 affronta anche la
tematica trans-gender in un modo che non vuole essere né esaltante né didascalico.
Il gusto sessuale dell’individuo è secondario rispetto alla forza del legame
con gli altri ragazzi della cerchia esattamente come lo sono il numero di
scarpe che porta, il film preferito o i cibi che mangia più volentieri. E’ un
messaggio potente e pericoloso al tempo stesso. Potente perché dice quello che
nemmeno gli organizzatori dei gay-pride o i sessisti più ottusi hanno mai
pensato, ovvero che siamo tutti facce della stessa medaglia e l’orientamento
sessuale è solo un tratto della personalità e non serve qualificare le persone;
è anche pericoloso perché tratta di argomenti e propone immagini che la
stragrande maggioranza della gente non vuole conoscere e vedere nonostante
spesso si inizino i discorsi con Io non ho nulla contro i gay ma… Siccome la
grammatica è importante bisogna andare a leggere quanta superficialità
racchiude la costruzione Io non…ma..
E allora ecco che le
scelte di casting che rispecchiano questo modo di vedere le cose danno alla
serie un’importanza maggiore di qualsiasi altro prodotto divulgativo sul tema
della sessualità.
La scelta di non
risparmiarci nessuna immagine per quanto riguarda l’aspetto sessuale (senza
però cadere nell’esagerazione) dimostra un coraggio che poche accoppiate
regista/cast riescono ad avere per timore di giudizi affrettati e superficiali
e spesso anche di pregiudizi insensati e insensibili.
Ecco, forse è il caso di
pensare a Sense8 come a un test. Chi riesce a carpire il messaggio al di là
delle immagini forse ha quella sensibilità che oggi manca nella società moderna
e che ci farebbe avvicinare sempre di più e comunicare con un registro più
sincero di quanto non facciano smartphone e social network. Chi invece non
coglie questa sottigliezza avrà fallito il test e quindi dimostrerà di non
avere la medesima sensibilità. Problemi suoi.
L’unica pecca che ho
riscontrato, se così vogliamo chiamarla, è la freddezza tipica dei lavori dei
Wachowski. I due registi sono ben oltre la scolastica e il prevedibile ma
spesso eccedono nel manierismo creando delle scene grandiose ma che trasmettono
poco. Quasi mi stavo ricredendo su questo aspetto vedendo Sense8, visto che il
livello emozionale è altissimo, ma l’epilogo della prima stagione conferma
questo mio pensiero. Il tutto si chiude con una precisione che spezza in due il
castello delle emozioni costruito fino a quel momento.
- Come posso sentirlo se non sono qui?- Perchè io lo sento...Quando lo capirai, lo farai- Capire cosa?- Che non sei più solo tu
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