Abbiamo case ma siamo verande. E leggiamo libri come City di Alessandro Baricco


Se vi dicessero che abbiamo case ma siamo verande, come la prendereste? Se vi spiegassero che passiamo l’esistenza, l’intera nostra esistenza o almeno gran parte di essa, appoggiati in veranda con un fucile tra le mani, ci credereste? Vi ci vedete a dondolarvi sulle gambe posteriori di una sedia con un pezzo di ferro in grembo nel tentativo, del tutto metaforico, di difendere la vostra casa?
Quante domande, vero? Eccone un’altra.


Forse il sunto di un’esistenza è rappresentato da una serie di risposte a domande che abbiamo dimenticato da tempo. Come se non contassero niente. Come se ci fosse davvero bisogno di rispondere a tutte le domande che la vita ci piazza davanti alla faccia. A volte, forse, converrebbe essere un luogo, magari un lago, bello, inamovibile e sicuro, piuttosto che una strada che porta da qualche parte. Dove, poi? A volte, invece, converrebbe essere un fiume che, potendo scegliere tra puntare dritto al mare oppure fare una serie di giravolte perdendo tre volte il tempo che ci vuole per arrivare alla foce, sceglie la seconda e questo fa tutta la differenza.

Divergevano due strade in un bosco. Presi la meno battuta e questo fece la differenza. [Robert Frost]

Ogni fiume, per l’esattezza, fa una strada più lunga di 3,14 volte esatte rispetto alla distanza che lo separa dal mare. Sorprendente, no?
Un lago, un fiume o una città. Forse sarebbe meglio essere una città con i suoi quartieri periferici, il centro, le stradine strette e i vialoni. Si, sarebbe meglio essere una città. Avrebbe senso. Le città hanno parecchie superfici curve ed esse esistono in quanto vie di fuga per permettere al reale di sfuggire dal suo destino di struttura fatalmente bloccata.

Potremmo anche scegliere di fare esattamente quello che abbiamo deciso di fare e, se siamo fortunati, chi ci sta intorno capirà che l’unica cosa che può fare è disturbare il meno possibile.

In ogni caso dobbiamo sempre fare attenzione alle idee perché le idee sono epifaniche manifestazioni di infinito ma possono diventare armi e rovinare intere esistenze se vengono usate come tali.

Vi spiego una cosa: quanto ho scritto finora è un esperimento di recensione. Il romanzo City di Alessandro Baricco contiene un interessante saggio sull’onestà intellettuale che si riassume in 6 tesi.
  1.  Gli uomini hanno idee
  2. Gli uomini esprimono idee
  3. Gli uomini esprimono idee che non sono loro
  4. Le idee nascono come apparizioni ma diventano armi
  5. Gli uomini usano le idee come armi
  6. L’onestà intellettuale è un ossimoro
In pratica quello che succede è che quando abbiamo un’idea essa nasce come un’entità che rappresenta l’infinito dentro noi stessi ma per farla capire agli altri siamo costretti ad abbellirla, smussarla, rimaneggiarla e in questo modo renderla comprensibile. Però, di fatto, l’abbiamo appena trasformata in qualcosa che non è più nostro e che usiamo per colpire intellettualmente gli altri, a volte anche inconsapevolmente. In definitiva l’onestà intellettuale è l’atto di coraggio che consiste nel mantenere nostra un’idea anche di fronte a uno sciame di oppositori.

Ecco perché per scrivere questa recensione ho smesso di pensare a come potevo presentare City di Alessandro Baricco ma piuttosto ho deciso di mettere le mani sulla tastiera e fare fluire senza filtro tutto quello che questo splendido romanzo mi ha suscitato.


E tutto questo è il risultato.

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