Lo chiamavano Jeeg Robot: il film bello che aiutatemi a di' bello



Qual è la definizione di eroe?
Un filantropo con dei poteri speciali in grado di riuscire dove la polizia fallisce; una brava persona che aiuta gli altri; un tizio con un costume risibile nella realtà ma che nei libri e nei fumetti incute timore.

O forse un robottone di metallo alto venti metri così figo che aiutatemi a dì figo.



In Italia sembra essere arrivato il cinema di genere, sottoforma di un film che è tutto un programma a partire dal titolo: Lo chiamavano Jeeg Robot. Qualcuno lo ha già definito un cult movie, qualcun altro lo considera un esperimento ma, per me è un film importante per due motivi
  1.   Il cinema italiano può staccarsi dalla schiavitù della commedia agrodolce a tutti i costi e riuscire a sublimare tutta la sua bellezza anche con un tema difficile come quello dei supereroi
  2. Ho fatto pace con i film di supereroi


Premetto che quello che mi ha sempre scocciato del tema supereroi al cinema sono stati i luoghi comuni forzati e la mancanza di idee: tutta la produzione dei Marvel Studios è affetta da questi due difetti che mi rendono piuttosto critico nei confronti di qualsivoglia titolo. Nonostante la controparte cartacea mi piaccia assai, sul grande schermo la Marvel ha supportato i personaggi con i soldi e non con le idee. E i risultati sono stati quasi sempre disastrosi. Il che non vuol dire che i film non abbiano incassato o siano brutti ma la gente ha smarrito il senso critico quindi vabbè…

Gabriele Mainetti nel suo Lo chiamavano Jeeg Robot sfrutta tutti i cliché del genere ma non ne forza nemmeno uno e questo rende il film così figo che aiutatemi a di’ figo. Questo regista non è estraneo al mondo degli anime e dei manga visto che ha all’attivo un adattamento di Lupin III con attori romani dal titolo Basette e Tiger Boy, un film ispirato a l’Uomo Tigre.

Enzo Ceccotti è un piccolo criminale di Tor Bella Monaca, apatico e scostante, sopravvive di piccoli furti quando per un malaugurato caso sviluppa una forza straordinaria e una capacità di guarigione accelerata. Allora che fa? Si veste come un imbecille per difendere la città dal crimine? Manco per sogno, continua la sua vita sfruttando i poteri per i suoi scopi criminali. Poi incontra Alessia. Alessia è schizzata ma simpaticissima, sguaiata nel linguaggio ma sincera. E adora Jeeg Robot D’Acciaio. Purtroppo Enzo incontra anche Fabio lo zingaro, un criminale narcisista e totalmente pazzo che aspira a diventare il boss dei boss.


Come ogni film si supereroi che si rispetti, anche Lo chiamavano Jeeg Robot ha i suoi cliché, dicevamo. Quindi c’è l’acquisizione del potere, la scoperta delle potenzialità, la voce amica che ispira sicurezza, l’alter ego antagonista e ovviamente il super scontro finale ma tutto ciò non è supportato da una sceneggiatura che privilegia l’azione rispetto alla narrazione ma piuttosto è il contrario. Il punto vincente del film è infatti il modo in cui la storia viene raccontata: tutto è molto lineare e schematico senza la necessità di inserire battutine, esplosioni e spettacolarizzazioni eccessive che sono il male dei film marvellosi.

Enzo e Fabio sono l’antitesi l’uno dell’altro non perché siano le personificazioni di bene e male ma perché hanno un rapporto con il superpotere che è diametralmente opposto nella concezione e nell’utilizzo. Hanno due obiettivi di vita diversi, aspettative discordanti benché vivano nello e dello stesso ambiente e una potenzialità a evolversi come personaggi che prima d’ora non avevo visto nel piattume e nel pattume rappresentato dalle versioni cinematografiche di Tony Stark, Spiderman e compagnia bella.

Per ottenere questo risultato Mainetti ha puntato sul cast. Claudio Santamaria (costretto a mettere su 20Kg) è un perfetto energumeno, burino e scontroso, della periferia romana ma che in nessun modo potrà risultarci antipatico. Luca Marinelli è un attore di uno spessore incredibile, capace di caratterizzare un criminale pazzoide che aiutatemi a di’ pazzoide sulla falsa riga di un certo Joker di memoria nolaniana. Praticamente Fabio lo zingaro è Joker se fosse cresciuto nella provincia laziale con tutto il trash musicale e televisivo italiano degli ultimi 30 anni, anche se in fase di presentazione del film lo stesso attore ha detto di essersi ispirato a vari personaggi tra cui Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti. Una piacevole sorpresa, infine, è stata Ilenia Pastorelli che devo ammettere non conoscevo affatto. Informandomi ho scoperto che è una ex gieffina ma che personaggio che ha interpretato nel film e come lo ha interpretato!

Lo chiamavano Jeeg Robot ha anche una fotografia realistica e coerente, fattore che è tipico della filmografia italiana tra l’altro, e sebbene paghi qualcosina in termini di effetti visivi (un paio di effetti so’ così brutti che aiutatemi a di’ brutti) il risultato finale è veramente convincente e supportato poi da una colonna sonora eccezionale che affonda le sue radici nel pop storico all’italiana quindi Gianna Nannini e Anna Oxa a manetta. Salvatemi.


Non so dire se questo film diventerà un cult o se sia una piccola perla ma, quello che posso dire è che da oggi penserò ai film di supereroi paragonandoli a Lo chiamavano Jeeg Robot.



P.S. Ci sarà un secondo capitolo? Spero di si e mai come in questo caso sarò felice di vedere un sequel.

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