Un aforisma del poeta inglese Alfred Tennyson recita così :
meglio aver amato e perduto che non aver amato affattoChiunque sia un appassionato di serie TV può benissimo immaginare cosa si provi ad innamorarsi di una serie e poi vederla finire. Specie se il finale non è un granché.
Bene, fatta questa premessa, andiamo a parlare di Penny Dreadful. Pronti ad aver paura?
Prendete tutti i romanzi
gotici che conoscete e mischiateli insieme in una storia che racconta di
antiche maledizioni, possessioni demoniache e decadenza morale. Da buon lettore
e fervente appassionato del genere gotico, devo dire che un tempo avrei riso
cinicamente se mi avessero detto che qualcuno era riuscito a condensare le
atmosfere e le suggestioni di autori come Mary Shelley, Bram Stoker, Anne Rice
e Oscar Wilde in una trama sostanziosa e convincente.
Ecco: Penny Dreadful è
proprio questo. Tanta sostanza e tanta qualità, entrambe gestite a dovere. E
non dimentichiamoci lo spavento, quello è d’obbligo.
Il titolo della serie TV
prende spunto dall’epiteto dispregiativo usato nel XIX secolo dai londinesi per
definire una tipologia di pubblicazione che nei modi e nei contenuti avrebbe
anticipato la nascita del romanzo gotico, i penny dreadful. Si trattava di
libricini di una decina di pagine scritti in un inglese molto sgrammaticato,
con illustrazioni disturbanti e contenuti che mietevano suggestioni e paura
dall’immaginario collettivo: vampiri, mostri, demoni, streghe, etc..
Nonostante, però, l’epiteto stia per “spaventi da due soldi”, questo tipo di
pubblicazione ebbe molto successo tra il popolo e finì per suggestionare autori
quali J.M. Barrie (Peter Pan, nda) e Robert Louis Stevenson. E non finisce qui.
Uno dei penny dreadful
più famosi si intitolava Varney il vampiro e ha il grande privilegio di aver
proposto per la prima volta la figura del vampiro malinconico che in qualche
modo odia la sua condizione naturale: una chiave di lettura che si riscontra
anche in Dracula di Bram Stoker e in Intervista col Vampiro di Anne Rice, tra
gli altri.
Ma torniamo a Penny
Dreadful, la serie.
Il plot principale è una
storia fittizia che lega i destini dei protagonisti in un’interpretazione che
si avvicina moltissimo alla graphic novel La Lega degli Straordinari Gentlemen
di Alan Moore. Questi protagonisti sono:il facoltoso occultista ed esploratore
Sir Malcolm Murray e la sua protetta, una veggente e medium, Vanessa Ives; ai due si aggiunge il pistolero Ethan
Chandler il quale nasconde un sanguinoso e orribile segreto sul suo passato e
sulla sua vera natura. Come complemento, prima, e parte sostanziale della
trama, poi, si inseriscono il dottor Victor Frankenstein e John Clare alias La
Creatura e, ultimo ma non meno importante, Dorian Gray.
La storia principale,
dicevo, è fittizia e si basa su temi come maledizioni secolari e possessioni
demoniache, niente di particolarmente innovativo, ma la forza del racconto sta
tutta nel modo in cui vengono approfondite le storie di ognuno dei personaggi ,
riguardo ai quali scopriremo qualcosina in più in ogni puntata. Ne consegue che
se il filo che lega il tutto sembra piuttosto fragile quando la storia è
collettiva, esso in realtà diventa più che resistente quando si scava nelle
singole storie. Ed è proprio nel dipanarsi di una di queste, quella che lega il
destino del Dottor Frankenstein e della sua Creatura, che si centra tutta la
forza della serie.
Si tratta di uno scontro ideologico, fatto a colpi di citazioni e riferimenti ai maggiori
poeti della storia anglosassone, tra il Creatore e la Creatura, tra il
desiderio di vincere la Morte, di diventare Dio e la responsabilità della
scelta che si è fatta: in questo senso la Creatura incarna perfettamente il
carattere del rimprovero, dell’insensatezza e dell’amoralità di condurre
esperimenti di un certo tipo. In un seconda momento della narrazione La
Creatura sveste i panni del risultato di tale esperimento e chiede a gran voce
e con disperata violenza, anche fisica, di essere considerato un essere vivente
a sé stante. Ma così non può essere poiché egli, in qualche modo, è legato
profondamente al suo Creatore e da egli dipende.
La storia è ambientata in
una Londra di fine secolo grigia e cupa dove dominano la notte, la pioggia e la nebbia. La società inglese si trova in
bilico tra la tradizione religiosa oscurantista e i nuovi traguardi della
scienza. Il risultato è un’atmosfera che trasmette ansia e inquietudine e che
non permette all’anima di gestire sensazioni che non siano paura e orrore. La
fotografia fa da supporto a questo castello di sensazioni senza forzare la mano
e anche l’uso della macchina da presa è gestito in modo da fissare l’attenzione
sulla scena principale ma con la preoccupazione costante di quello che accade
ai margini dell’inquadratura: per ottenere questo effetto si ricorre ad un
studio molto attento dell’angolazione di ripresa che privilegi i contrasti tra
la staticità degli ambienti e i movimenti dei personaggi e che trasmetta una
costante sensazione di pericolo accentuata da riflessi improvvisi e specchi che
aumentano il campo visivo distorcendolo al tempo stesso.
Lo specchio è un feticcio
che si ripete spesso nelle varie puntate. Lo cita la Creatura definendolo come
“il regalo peggiore che si possa fare”, diventa quasi una nemesi per Dorian
Gray e un alleato pericoloso per la giovane Vanessa che in esso vede la
duplicità della sua anima straziata dalla lotta tra le forze del bene e le
forze del male. Lo specchio può essere veramente un nemico in quanto riflette
senza aggiungere o togliere alcun particolare, non giudica ma rappresenta
fedelmente l’immagine di cui ci rivestiamo per andare in giro.
Le prime due stagioni
sono dedicate alla storia personale di Vanessa e agli enigmi sul suo passato:
scopriremo che la povera protagonista è al centro di un gioco di poteri che
coinvolgono Dio e il suo avversario storico Lucifero: da una parte gli angeli
custodi di Vanessa e dall’altra le streghe fedeli al maligno. E’ però nella
terza stagione che la matassa degli eventi si dipana completamente e questo
vale tanto per la storia personale di Vanessa che per quella degli altri
personaggi. E c’è anche Dracula.
Purtroppo è proprio la
terza stagione la peggiore delle tre e non dico questo perché vengono meno i
parametri di qualità a cui Penny Dreadful ci ha abituato ma perché, verso metà
stagione, comincia a mancare la coerenza e il tutto diventa sempre più veloce e
raffazzonato fino a un finale insipido e sbrigativo: come se ad un certo punto
i produttori avessero voluto farla finita lì. All’improvviso e senza preavviso.
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