Shame: una drammatica disperazione



Scordiamoci per un attimo lo stereotipo del latin lover e analizziamo cosa c'è alla base del probelma. Eh si, perché proprio di un problema si tratta.




Brandon (Michael Fassbender) è un uomo d’affari di successo, ha una bella casa, una bella vita ma è un sex-addicted, accostamento di parole che viene spesso tradotto erroneamente con maniaco. Niente di tutto questo. O molto di più, se volete. Brandon è ossessionato dal sesso tanto da farne un cardine dell’intera sua esistenza e quando si agisce in questo senso si finisce col perdere la cognizione di se stessi. Che sia svolto in compagnia di una donna o che sia una pratica autarchica (definizione di autoerotismo usata da un mio amico) il sesso per Brandon è tutto.

Sissy (Carey Mulligan) è una ragazza dalla vita sentimentale devastata che sa nascondere, mica tanto bene a dire il vero, le sue macerie dietro un’aria svampita da diva del cinema. La sua vita si lega a quella di Brandon tanto da condizionare il già precario equilibrio emotivo dell’uomo.



Adesso vi aspetterete che tra i due ci sia del tenero, magari che lei lo salvi dalla desolazione in cui si trova. Niente di tutto questo. Brandon e Sissy sono fratello e sorella: legati da un rapporto di parentela ma lontani anni luce allo stesso tempo. Il motivo di questa distanza è rappresentato dal fatto che Brandon con le donne non ci sa proprio fare e nella sua concezione della donna non riesce a determinare dei limiti nel rapporto con la sorella. Non riesce a inquadrarla nel suo schema di vita.
Un’angolazione interessante dalla quale interpretare la storia di questo film riguarda la libertà sessuale. Nella nostra era qualsiasi inclinazione sessuale non è più considerata un tabù (o almeno così dovrebbe essere) ma nel momento in cui si eccede nella ricerca della libertà, quando si supera il punto di non ritorno e si esce dal mondo della decenza (intesa come rispetto di se stessi) il risultato è che si diventa schiavi. D’altra parte qualcuno diceva che la libertà è schiavitù.

Shame è un film drammatico che racconta la devastazione morale di Brandon e la sua confusione nel rapportarsi con la vita. I suoi gesti e i suoi atteggiamenti sono sintomi di una disperazione profonda che non trova valvola di sfogo se non nei rapporti carnali. Usare il sesso per raccontare una disagio interiore è una scelta molto pericolosa perché si corre il rischio di distrarre l’attenzione dello spettatore con la crudezza delle immagini e allontanarlo dal succo del discorso, tant'è vero che pochissimi registi sono riusciti nell'impresa e comunque sempre al prezzo di critiche non sempre costruttive. 

Vorrei ricordare a tal proposito il polverone suscitato da entrambi i capitoli di Nymphomaniac di Lars Von Trier, un film che racconta tanto anche oltre alle immagini che appaiono sullo schermo ma che risulta di difficile comprensione per lo spettatore medio laddove invece una schifezza invereconda come Cinquanta sfumature di grigio risulta invece essere percepito come un titolo valido. Vabbè, sono gusti e non si dovrebbero giudicare…



Una battuta, in particolare, mi ha colpito in Shame. Ad un certo punto a Brandon fa una domanda  a una ragazza: Se potessi vivere nel passato e potessi essere chiunque, in che epoca vorresti vivere? E chi saresti? La risposta a questa domanda è motivo di grande riflessione.


Io la mia risposta la conosco e voi? Vi rigiro la domanda: se poteste vivere in qualsiasi epoca storica del passato ed essere chiunque, chi scegliere di essere e in che epoca vorreste vivere?

Commenti

  1. E' una domanda difficile alla quale rispondere! Ci devo pensare... ma intanto ti posso dire che "Shame" è un film durissimo, che davvero lascia lo spettatore sorpreso di fronte a un protagonista così in crisi come Brandon, che proprio non sa come vivere oltre il mondo che si è creato. La regia di McQueen inoltre alterna riprese al chiuso con lunghe pause su Brandon e poi esterni in una New York autunnale, fredda come la sua esistenza. Michael Fassbender eccezionale nel saper cogliere la sofferenza e l'alienazione tipiche del cinema del regista britannico.

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