Serial Game: Lost in Space è promosso con riserva





Buona la prima. Ma...

Lost In Space mantiene le promesse della prima puntata anche se, in fin dei conti, non è una serie strepitosa.

Ci sono tante cose buone ma anche tanta confusione e ripetitività. Interesse e noia si equivalgono.



La trama sarebbe anche interessante. C’è l’esplorazione di un pianeta sconosciuto può rivelarsi ostile, la ricerca di espedienti per risolvere problemi di sopravvivenza, l’incontro con esseri alieni e un villain manipolatore che nasconde la sua vera natura.

E’ la gestione della storia a lasciarmi un po’ perplesso: ci sono delle dinamiche che continuano a ripetersi come uno schema fisso finché qualcosa non cambia le carte in tavola e allora ecco pronto un altro schema che si ripete. Questi schemi simili si intrecciano l’uno all'altro così in ogni puntata si fa una specie di ping pong fino all'evento che cambia le cose. Il risultato è una trama che sembra diluirsi man mano che si va avanti con gli episodi. A testimonianza di ciò ho notato che peggiorano anche i dialoghi diventando a volte anche abbastanza stucchevoli.

Uno di questi schemi riguarda una delle mie previsioni che trovate nel precedente post dedicato a Lost In Space: i rapporti familiari tra i Robinson. I siparietti in cui i vari componenti della famiglia incappano per essere costretti a confrontarsi diventano sempre più forzati e ripetitivi. Mi sembra un metodo un po’ infantile per fare evolvere la trama però è chiaro che in una serie TV queste cose possono anche succedere.

Per fortuna che c’è il villain.


Il cattivo della storia è il personaggio che mi è piaciuto di più ed è quello che fa andare avanti la trama senza forzature.
La dottoressa Smith (Parker Posey) è un personaggio che impariamo a conoscere fin dal secondo episodio e che richiama subito un certo fascino. E’ intelligente, subdola e chirurgica con i suoi piani manipolatori per soddisfare i suoi interessi, quasi sempre a scapito di qualcun altro. Ci mette pochissimo ad eclissare la figura di Will Robinson, il ragazzino che credevo erroneamente potesse rappresentare il protagonista morale della serie. L’achievement di personaggio più definito se lo becca la cattivissima dottoressa Smith.



Un altro personaggio che mi è piaciuto molto è il Maggiore Don West (Ignacio Serricchio), il più imprevedibile del gruppo. Approfitta delle situazioni per tornaconto personale, dice una marea di bugie e inganna tutti non appena ne ha l’occasione ma è colui che fotografa ed interpreta meglio la situazione dei naufraghi/coloni. Ed emotivamente è il personaggio che si mostra più in grado di adattarsi al contesto. E poi, in realtà, è l’alter ego buono della dottoressa, il personaggio che bilancia l’equazione.

Riguardo alla famiglia Robinson, direi che il personaggio più attivo e che evolve di più durante le puntate è il padre John (Toby Stephens) che poi è anche il volto più conosciuto tra gli attori di questa serie. Ricordate il carismatico capitano Flint di Black Flags? Comunque sia, John rappresenta il padre che deve prendere sempre la decisione giusta e che per farlo è costretto in qualche modo a deludere i figli. Nel corso della prima stagione John rivede i rapporti con la prole e infine anche con la moglie Maureen che risulta essere la donna razionale, l’astrofisica seriosa e ligia alle regole. Anche se…
E poi ci sono le ragazze che, a dirla tutta, sono un po’ troppo stereotipate. Penny è la classica teenager stronzetta dalla lingua velenosa mentre Judy è la ragazza perfettina e seriosa sullo stampo di Hermione Granger. Mi sono state parecchio antipatiche.

Le parti più scientifiche con le spiegazioni dettagliate e le alzate d’ingegno per risolvere le situazioni difficili sono passabili anche se sono affette da una confusione incredibile. Nelle ultime puntate abbondano i colpi di scena e si concludono gran parte delle sotto trame e anche se il finale è molto prevedibile diciamo che la scelta è giusta in funzione di una possibile seconda stagione.

Dunque, riassumiamo un po’ quello che riguarda Lost In Space.



Punti forti: l’idea di fondo, anche se ricalca quella della serie andata in onda anni fa, è vincente; la gestione dei personaggi principali per l’andamento della trama è buona e la curiosità su quello che può succedere se ci si potesse trovare coinvolti in un’avventura del genere è sempre ad alti livelli. Il design dell'alieno mi è piaciuto molto.

Punti deboli: la ripetitività delle vicende. È vero, come ci insegna Murphy, che se una cosa può andare male lo farà ma se tutte le cose si impegnano a complicarti la vita allora si dovrebbe parlare più di sfiga che d’altro.

In poche parole: Lost in Space è confusionario e ripetitivo a tratti ma ha del potenziale. Speriamo che la seconda stagione sia quella della consacrazione.


Buon binge watching e buona vita a tutti

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