Un post brutto e cattivo per Brutti e Cattivi



Vi state chiedendo cosa c'entra Alfred HitchCock con questo post? Aspettate e sarete informati..


Ci sono soggetti di film che hanno la fortuna di vedere la luce grazie all'interessamento di qualche produttore importante, di capitali ingenti e che vengono pubblicizzati alla stregua di capolavori.
Che poi la maggior parte di questi sia immondizia cinematografica o poco più è un trascurabile dettaglio.

Ci sono soggetti, invece, che hanno un potenziale considerevole ma che non hanno la fortuna di entrare nel giro che conta e che quindi o non vengono capiti o non vengono nemmeno considerati. Perché comprensione e considerazione sono zavorre nella affaticata mente dello spettatore medio: non puoi chiedere a qualcuno di andare oltre le immagini e cogliere un significato nascosto ma essenziale, qualcosa che non ha senso per l’occhio ma lo ha per la mente e ti tiene lì per cercare di capire cosa sia.

In gergo si chiama macGuffin ed è un termine inventato da Hitchcock. Pensate un po’.
Un esempio: avete presente la valigetta di Pulp Fiction e il suo contenuto? No? E’ un problema vostro.

Vabbé, ho perso per un attimo il filo del discorso.



Brutti e cattivi, il macGuffin del cinema italiano


Dicevamo che a volte ci sono dei film che meriterebbero un’attenzione maggiore ma che vengono ignorati dai più. Specie se il film in questione è italiano e se i più sono abituati a pensare il cinema tricolore inserito in una falce ideologica che varia tra due estremi. Da un lato l’intellettualismo dei filmoni impegnati come La Grande Bellezza e dall’altro la volgarità becera delle commediole con Raoul Bova (mi perdoni signor Bova per la definizione).

La virtù dovrebbe stare nel mezzo, come diceva uno importante, ma a forza di fare scorregge, come diceva uno meno importante ma più diretto, sperando che ne esca una profumata può capitare di far voltare la testa a qualcuno

E non necessariamente per la puzza.

Qualche giorno fa ho visto Brutti e cattivi, una commedia dark firmata da Cosimo Gomez e Luca Infascelli.


E ho pensato che questo film è un grosso macGuffin.

C’è così tanto di incomprensibile ma di magnetico che se fosse stato fatto negli USA e magari firmato da qualcuno come Rodriguez o Tarantino, adesso staremmo tutti qui a farcela nelle mutande per la gioia.

Brutti e cattivi ha lo stesso grado di depravazione ed esagerazione di tanti altri film considerati cult ma ha un solo, grossissimo difetto: è italiano.

Eh si, perché ancora il pubblico nostrano non ha digerito bene Lo Chiamavano Jeeg Robot e in genere non digerirà mai qualcosa che non stia dentro gli stretti canoni del film impegnato sulla mafia, sulla malavita, sul malaffare o su qualsiasi cosa trattino i film di Sorrentino.

Brutti e cattivi è una storia di rapine e truffe condita da ironia nera e violenza e con qualche accenno splatter e nonsense.



Il Papero (Claudio Santamaria) è un ex artista circense senza entrambe le gambe che vive di elemosine. Per svortà – come dicono nella periferia di Roma -  decide di mettere su una banda e rapinare una banca. La banda sarà composta dal Papero, il capo, insieme alla moglie, Ballerina, una ragazza senza le braccia, a Plissé, un nano rapper e teppista e a Merda, il tuttofare perennemente fatto amico del Papero.
Subito dopo il famigerato colpo qualcosa va storto e questa banda di freaks dovrà affrontare non poche disavventure.

Questo film è una ventata di nuovo e un inno al coraggio.



D’accordo, parla di rapine e di malavita nella periferia di Roma, un tema fin troppo sfruttato ma è il modo in cui viene portata avanti la storia che è una novità. Un piccolo capolavoro di montaggio che si basa su un’ottima sceneggiatura. Un’idea che si sviluppa con i tempi giusti e le scene corrette. Senza forzature.
E poi che coraggio. Ci vogliono gli attributi per girare, montare e proporre certe scene al pubblico italiano, quello di prima, quello che tiene il cervello costantemente all'1% di carica perché gli fa troppa fatica andare a cercare il caricabatterie.

E’ violento? Urta la sensibilità? Offende la morale? Parliamone la prossima volta che osannerete un film di Lars Von Trier…

Un’ultima precisazione:

Nessun Sorrentino e nessun Raoul Bova è stata maltrattato per la realizzazione di questo post brutto e cattivo.

Commenti

  1. Senza davvero maltrattare Sorrentino né Bova (comunque una volta protagonista di film di genere), hai puntato l'accento su una questione non da poco: l'italianità del prodotto, agli occhi di un certo (grande) pubblico, è come se facesse del prodotto stesso qualcosa di sfigato.
    Non ho mai capito perché...

    Moz-

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  2. Perchè nonostante abbiamo avuto e abbiano ottimi registi e sceneggiatori continuiamo ad essere esterofili al limite della stupidità.
    Sono convinto che se La forma dell’acqua l’avesse girato un team italiano, nel nostro paese l’avrebbero giudicato stupido e imbarazzante.

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    Risposte
    1. Dev'essere successo qualcosa dopo la morte del cinema di genere.
      Evidentemente abbiamo così tanto scimmiottato in malo modo l'estero, con budget risibili e cazzate assortite, che oggi sopravvive il binomio italiano=sfigato.

      Moz-

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  3. Io vorrei sottolineare la scomparsa di un certo spirito critico da parte del pubblico. Quello che ti fa dire, per esempio: a Star Wars perdono tutti i difetti perchè sono un fan. E ce ne sono di difetti.

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