Westworld e l’incomprensibilità del tema




Una storia di fantascienza ha come peculiarità distintiva quella di porti davanti a una dinamica possibile che si sviluppa in un contesto di fantasia. Tutto il contesto ruota intorno al fatto di essere nato dalla fantasia dell’autore, è gestito da leggi applicabili solo in quella fantasia ed è popolato da meccaniche coerenti con essa.

Il ruolo dello spettatore è fondamentale: tutto è a suo uso e consumo. L’obiettivo non dichiarato è la riflessione.

Cosa succederebbe se… Come ti comporteresti se… 


Queste sono le chiavi di interpretazione di un’opera di fantascienza.

Il cinema, purtroppo, ha preso a picconate questa realtà, l’ha demolita, film dopo film, preferendo la pura azione alla riflessione intrinseca così adesso ci ritroviamo a etichettare con il termine fantascienza dei lavori che altro non sono che action movie con alieni, robot e dinamiche futuribili.
Non appena però viene alla luce qualcosa che si discosta da tutto questo e che riporta il tema su un piano più concettuale e cerebrale allora arrivano le critiche e i giudizi perché, abituati come siamo al completamente spiegato o all'inspiegabile totale, non riusciamo a vedere le tonalità di grigio che stanno lì in mezzo.

Rifiutiamo il ruolo attivo.


Caso Westworld: prima stagione osannata da tutti, seconda stagione criticata da tutti.

Cos'è cambiato?



L’azione si è mescolata con tanta riflessione. La storia si è suddivisa in diverse storie che pur avendo un denominatore comune riescono a divergere verso le varie sfumature del tema fantascientifico.
In pratica la serie ha sciolto gli ormeggi e, discostandosi dal porto sicuro che era il riferimento culturale del film da cui trae ispirazione (info alla fine del post), ha veleggiato decisa verso qualcosa di nuovo.

Ci sono i replicanti che si ribellano alla propria condizione di meri oggetti di piacere. Ci sono intelligenze artificiali che si adattano alle situazioni, che riscrivono il proprio codice in base all'esperienza, che ricordano tutti i cicli narrativi in cui sono stati inseriti e che reagiscono in modi diversi: alcuni diventano aggressivi e vendicativi, altri riflessivi e malinconici, altri ancora si danno obiettivi e prendono decisioni nette.

L’azione è centellinata. Da qui le critiche.


L’abitudine di vedere le più belle storie di fantascienza stravolte dalla penna degli sceneggiatori è troppo radicata nella mente degli spettatori.

Aver visto storie veramente profonde sulla carta venire sacrificate sull’altare dell’adattamento per la mente media, pigra e superficiale, mi costringere a prendere con le molle qualsiasi notizia di un remake, un nuovo adattamento, un sequel o un prequel poiché se devi inserirci molta azione, per forza di cose, devi togliere qualcos’altro. E questo succede sempre. Anche a costo di snaturare completamente la storia.

Vedi il caso di Minority Report, Paycheck e Atto di forza: imbottiti di inutili scene action che allontanano di parecchi anni luce la possibilità di riflettere sul vero significato dell’opera da cui sono tratti.

Ma torniamo a Westworld.



La prima stagione era basata sulla curiosità di vedere quello che sarebbe successo nel famoso parco divertimenti supportata dai numerosi flashback e flash forward somministrati saggiamente dagli sceneggiatori. Un finale che potrebbe sembrare auto conclusivo non chiude però le porte a varie possibilità di interpretazione della storia. E a numerose riflessioni sul piano etico, morale e filosofico.
La seconda stagione non è esplicativa ma complica ancora di più la situazione e accende altri focolai di riflessione ma contestualmente anche di critica.

L’azione ridotta a lunghe cavalcate nel deserto, l’alternarsi dei dialoghi filosofici, le spiegazioni inserite nelle pieghe della storia ma mai sbattute in faccia: tutto rimanda a una visione della fantascienza più metafisica e onirica, distante dalle dinamiche action a cui siamo abituati e per questo motivo incomprensibile ai più.

Il mio parere personale è che con questa seconda stagione gli sceneggiatori di Westworld abbiano voluto abbattere un muro virtuale con un’idea cardine a fare da ariete: la fantascienza può riassumere il carattere filosofico che ha sulla carta.

Quindi, in conclusione, sono uno dei pochi ad apprezzare la seconda stagione di Westworld forse anche più della prima.

Poi, è ovvio, non tutti possono essere Stanley Kubrick. Non tutti possono trasformare un racconto semisconosciuto alle masse come La Sentinella in quel capolavoro visivo ed emozionale che è 2001: Odissea nello spazio.


P.S. Per chi fosse interessato all'argomento, Westworld tre spunto dall'omonimo film, distribuito in Italia con il titolo di Il mondo dei robot, di Michael Crichton datato 1973.


Buona vita a tutti

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