Da piccolo volevo fare l’archeologo. Adoravo i film di
Indiana Jones con Harrison Ford, il videogioco Tomb Raider, i documentari
sull'Antico Egitto o le civiltà perdute del Sud America e qualsiasi altro
prodotto culturale che parlasse dei tempi antichi. Con il passare degli anni
quella per l’archeologia è rimasta una passione profondamente radicata in me e
quando questa si fondeva con la passione per la lettura era il top. Anche oggi
rimane il top.
Ricordo che la libreria del piccolo paese in cui sono
cresciuto aveva pochi titoli sul tema e su alcuni di essi c’era una specie di
censura riguardante l’età che impediva a lettori troppo giovani di confrontarsi
con testi molto espliciti: La mummia di Anne Rice era uno di questi.
In qualche modo questo titolo finì per sparire dal mio radar
ma Anne Rice comunque ho avuto il piacere di conoscerla con il meraviglioso Intervista
col vampiro, sicuramente uno dei romanzi di genere gotico tra i miei preferiti
di sempre. Comunque sono finalmente riuscito a recuperare La mummia e…
….e devo dire che va direttamente nell'Olimpo dei miei
romanzi gotici preferiti per un particolare specifico: l’equilibrio tra la
mortalità e l’immortalità.
Comincia tutto da un sonetto del poeta inglese Percy Bysshe
Shelley (marito della celeberrima Mary) dal titolo Ozymandias
Ammirate la mia opera e disperate
Il tema centrale del sonetto riguarda le grandi opere degli
uomini che sono destinate all'inevitabile declino per l’opera erosiva e
costante del tempo, ma che cosa succederebbe se queste opere potessero
sopravvivere nei secoli? La loro bellezza sarebbe ancora ammirevole o diventerebbe
terribile a vedersi?
Nulla accanto rimane
Se qualcosa è destinato a durare per sempre ciò può valere
anche per la sua bellezza? Senza nessuno in grado di ammirarle la bellezza di
quelle opere sarebbe vana perché la bellezza è soprattutto una categoria che
risiede nell'occhio di chi guarda.
Ramses II, l’ultimo faraone della diciannovesima dinastia
dell’Antico Egitto, è il personaggio storico che ha ispirato il sonetto di
Shelley e il romanzo della Rice.
Ramses II fu il più munifico faraone nella storia d’Egitto,
capace di portare benessere e pace dopo secoli di guerra e disagio sociale, a
lui sono dedicate le statue più grandiose che dominano i frontali dei templi
egizi, Abu Simbel su tutti, e quando l’archeologo di fama mondiale Lawrence
Stratford scopre la tomba dov’è custodito il sarcofago del grande faraone si
trova di fronte alla sua più grande opera professionale. Ottenebrato dal
coronamento di anni di sfide e sacrifici non si cura delle iscrizioni che
campeggiano minacciose nella camera sepolcrale e sul sarcofago stesso:
Predatori di morti, guardatevi da questa tomba se non volete
svegliare il suo occupante, perché la sua collera è incontenibile. Il mio nome
è Ramses il dannato.
A dispetto dell’avvertimento esplicito, per il professore
diventa una sfida tradurre il cartiglio del faraone e soprattutto spiegare come
possa egli esprimersi in latino (lingua che sarebbe apparsa molti secoli dopo
la sua morte) e soprattutto come può essere possibile che tra i suoi tesori si
trovi un busto finemente lavorato dell’ultima regina d’Egitto, Cleopatra, che
avrebbe regnato ben 1000 anni dopo l’era di Ramses.
Ma non si spaventino i lettori più pavidi, non si tratta di
un noioso romanzo su una ricerca archeologica o storica perché Ramses in realtà
è venuto in possesso di un misterioso siero dell’immortalità e può solo
riposare ma non morire.
Anne Rice affronta nuovamente il tema dell’immortalità dopo
le sue saghe sui vampiri (Intervista col vampiro è il romanzo capostipite) e
ancora una volta il personaggio principale indaga dentro la sua anima per
giudicare le scelte che ha fatto in tanti secoli di vita.
Ne La mummia, Anne Rice ci trasmette tutta la malinconia e
il senso di colpa dell’essere immortale nei confronti della scelta compiuta in
un lontano passato e lo sgomento per le conseguenze che questa ha comportato e
che comporterà nel futuro.
Si dice sempre che la mortalità è un dono perché conferisce
valore ai sentimenti e alle cose e questa sarà una verità con cui Ramses dovrà
scendere a patti, specie se dovrà anche affrontare una tempesta di sentimenti:
da un lato l’amore profondo e immortale per la Regina Cleopatra, dall'altro un
amore di un tipo nuovo e a lui sconosciuto per la giovane Julie.
E c’è di più…
Ho tirato in ballo Shelley non solo per il sonetto ma anche
per le tematiche trattate dalla sua famosa consorte nel suo Frankenstein, su
tutte il rapporto creatore – creatura.
Ramses è immortale e ricorda a memoria la formula
dell’elisir che lo ha reso tale, può produrne quanto ne vuole quando vuole. Con
questo potere in mano cosa può fare un uomo? Che tempra morale ci vuole e quali
principi la renderanno così salda da resistere alle tentazioni
dell’onnipotenza, dell’essere un Dio creatore?
Trovandosi di fronte al suo amore perduto nelle nebbie del
tempo, alla regina a cui ha raccontato il suo indicibile segreto Ramses sarà
messo a dura prova. Userà l’elisir per risvegliarla?
E nei confronti della giovane Julie di cui è perdutamente
innamorato lo userà per rimanere insieme a lei per l’eternità?
E per ultimo, nel caso in cui usasse l’elisir, cose potrebbe
succedere se la creatura immortale appena risvegliata non gradisca essere stata
resa tale? Su chi ricadrà la responsabilità delle possibili azioni di
quest’ultima?
Le ricerca delle risposte a queste domande rappresenta
l’artificio narrativo con cui la Rice tiene il lettore incollato al romanzo. Un
enigma millenario, un segreto che può scuotere le fondamenta dell’umanità,
grandi personalità del passato che si confrontano con un presente controverso,
scelte impossibili e inganni di palazzo, mescolati con cura con un sottofondo
che si richiama alla migliore tradizione gotica: La mummia di Anne Rice.
Non sono diventato archeologo alla fine. Parlando con alcuni
professionisti del settore ho scoperto che non è poi un lavoro così figo e
avventuroso come credevo. Però in anni passati a leggere e a guardare show
sull'argomento ho capito una cosa: quando su una tomba antica trovi un
avvertimento minaccioso, lascia stare, gira i tacchi e vattene.
Riferimenti a La mummia di Anne Rice nella cultura di massa (secondo me)
Nel 1997 la DiC Entertainment ha prodotto 42 episodi di una
serie animata intitolata Mummies Alive! Quattro mummie in metropolitana che
raccontava la storia di un antico visir reincarnato nel corpo di un ragazzo
grazie alla magia per perseguire dei turpi scopi e di 4 guardiani mummificati
che lo combattevano. Credo che questa serie strizzi un occhio anche alle
Tartarughe Ninja.
Nel 1999 il regista Stephen Sommers da il via a una trilogia
di film vagamente ispirati al romanzo della Rice. Aggiungerei molto vagamente
ispirati poiché il tema centrale è l’azione e la spettacolarizzazione. Senza
infamia e senza lode il primo film (La Mummia) sarebbe anche godibile mentre
gli altri due possono anche essere consegnati all'oblio.
Nel 2004 lo scrittore americano Arthur Phillips pubblica
L’archeologo, il suo secondo romanzo. Nell’Egitto del 1922 mentre Howard Carter
porta alla luce la tomba del mitologico faraone Tutankhamon, il giovane
egittologo Ralph Trilipush cerca senza sosta la tomba del faraone Atum-hadu, un
misterioso e controverso personaggio della storia dell’Antico Egitto. Con uno
shift temporale degno di Ritorno al Futuro Phillips ci racconta quindi dei
risultati delle indagini, condotte nel 1954, dall’investigatore Harold Ferrel
sulla scomparsa di un giovane soldato inglese, indagini che lo porteranno in
Egitto e che faranno coincidere la sua storia con quella di Trilipush avvenuta
ben 32 anni prima.
Nel 2017 Alex Kurtzman dirige il film La mummia che rappresenta il
reboot della saga iniziata nel 1999. Il film che vanta la presenza nientemeno
che di Tom Cruise e Russel Crowe nel cast è stato ferocemente massacrato dalla
critica. Personalmente non credo sia tanto più brutto di altri film del genere,
è solo stupido e conduce alla sola esaltazione del personaggio interpretato da
Tom Cruise. Esattamente come era successo in Edge Of Tomorrow ma questa – come diceva
il saggio – è un’altra storia…
P.S. Per tutti quelli che staranno pensando al Dark Universe
della Universal e al fatto che probabilmente entrambi i film de La mummia
traggono ispirazione dal film omonimo del 1932 volevo precisare che in questo
post metto in relazione quelle che io credo siano le influenze che il romanzo
di Anne Rice ha instillato in questi film.
P.P.S. Parleremo del Dark Universe Universal in un prossimo post.
Buona lettura e buona vita a tutti.
Diciamo un mito che non mi è mai tanto piaciuto (emblematica però la scena nella sigla di DuckTales!). La Rice sicuramente ha ispirato tutte queste opere che citi, ecco io ho visto anche i sequel con The Rock e non mi dispiacquero, mentre l'ultimo mi sono rifiutato e non ti chiedo nemmeno perché sia stupido XD
RispondiEliminaMoz-
Forse merita di più La Mummia 2017 che il terzo episodio della trilogia vecchia. Ma questo è solo un mio parere personale
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