It, la strategia della paura e l’importanza dell’amicizia


Pauroso. Inquietante. Centrato




Cos’è Successo?


Oserei dire un miracolo o almeno qualcosa che non si vede spesso: un remake migliore del film originale.

E’ successo con It.




Premessa 1

Vorrei chiarire subito che il fatto di considerare It (2017) migliore della miniserie omonima (1990) non significa che quest’ultima sia un prodotto scarso ma piuttosto una versione diversa che aveva saputo cogliere alcuni aspetti mentre altri erano stati trascurati.

Premessa 2

Riguardo all’aderenza rispetto al romanzo di King vorrei spiegare subito il mio pensiero, prima che accendiate le torce e sfoderiate i forconi. Io adoro il romanzo e quando lo lessi, parecchi anni fa, mi terrorizzò. Questa storia che i film devono per forza di cose essere aderenti al romanzo è un falso mito: è ovvio che l’immagine racconti una storia in modo diverso rispetto alla parola stampata, è facile capire che gli effetti speciali ti aiutano ad amplificare alcune emozioni e non è difficile capire che alcuni passaggi debbano essere riadattati per lo schermo piuttosto che per una pagina di libro; detto questo considererei noioso andare al cinema a vedere un film che è l’esatta copia del romanzo. Che gusto ci sarebbe?

Passiamo al film del 2017 diretto da Andrés Muschietti.



L’entità sconosciuta che il club dei perdenti soprannomina It si nasconde nel sottosuolo di Derry e si risveglia ogni 27 anni per rimpinzarsi di esseri umani scegliendo di volta in volta metodi sempre più attendibili per non destare sospetti: fabbriche che prendono fuoco, strani incidenti e persone che scompaiono. Il modus operandi di It è prendere la forma della peggior paura della propria vittima e torturarla fino a farla impazzire per poi divorarla: si può dire che la paura sia proprio ciò di cui si nutre la bestia.

Sulla paura


La paura è  il cardine della storia costruita da King intorno a un turpe fatto di cronaca nera americana, ma su questo torneremo in seguito.


I protagonisti della storia sono un gruppo di ragazzini, il club dei perdenti, vittime del bullismo di ragazzi più grandi e con famiglie più o meno disastrate e disfunzionali. Ognuno di questi ragazzi deve affrontare la propria paura quotidianamente sia essa un teppista particolarmente aggressivo, un genitore manesco, un nonno autoritario, una madre ipocondriaca o una coppia di genitori assenti.
Il film di Muschietti si sofferma molto su questo punto mettendo in luce come il disagio e la paura siano sicuramente delle realtà difficili da affrontare per un ragazzo di 13 anni ma con l’aiuto degli amici qualcosa si può fare per migliorare le cose. E questo ci porta diretti alla seconda chiave di lettura.


Sull'amicizia


L’amicizia è una costante nei migliori romanzi di King (Stand By Me su tutti ma anche It). I ragazzi si alleano, creano un gruppo all'interno del quale si riconoscono dei ruoli ben precisi e attraverso questa sorta di gerarchia amicale si trasformano in un reparto di assalto contro la paura. L’affrontano insieme e la vincono per ben due volte.

Per il suo primo capitolo Muschietti si è concentrato sulla prima delle vittorie del club dei perdenti mentre il sequel, che uscirà nelle sale a settembre 2019, si occuperà della seconda parte.
Per me It è sempre stato questo: una storia di paura e di amicizia.

La cosa che mi è piaciuta di più, banalmente, è l’interpretazione di Pennywise di Bill Skarsgard



Quindi si ripropone l’eterno dilemma: meglio il clown di Skarsgard o quello di Curry?
Io dico entrambi e per motivi diversi: per me Curry è stato bravissimo a trasporre il cambio di tonalità vocale e di espressione di Pennywise mentre Skarsgard è inquietante praticamente sempre.


P.S. Nonostante abbia molto apprezzato questa nuova versione di It, ci sono almeno due momenti in cui qualcosa non ha funzionato bene:
1) Quando i ragazzi si confrontano sulle personali apparizioni di It dicono più o meno tutti di aver visto il clown ma in realtà due di loro lo hanno solo sentito parlare ma non lo hanno visto. Errore?
2) Quando Richie rimane intrappolato nella stanza con i manichini dei clown, It lo terrorizza con il tormentone “Bip, Bip, Ritchie” che sarebbe la formula usata dai suoi amici per interrompere il flusso delle sue chiacchiere. Peccato che precedentemente questa frase non si sia mai sentita.

P.P.S. Mi sono sempre chiesto perché proprio un clown. La risposta è semplice: Pennywise, il clown danzante, è la paura recondita di Ritchie, il più pericoloso dei membri del club dei perdenti per It poiché ha un forte ascendente sul leader Bill. Ma c’è dell’altro: la storia del clown assassino ha un fondo di verità. Purtroppo però per non far diventare questo post lungo come un romanzo tratterò questa parte della storia in un prossimo post.


Buona vita a tutti.

Commenti

  1. Dunque, eccomi.
    A me non è piaciuto, non mi ha preso come la miniserie precedente.
    Paura da jumpscare, gli anni '80 schiaffati a forza, poi esatto quelle cose che citi tu (il bip bip Ritchie uscito non si sa da dove).
    Curry fa davvero molta più paura, anche perché assomiglia a ciò cui fai riferimento a fine articolo ;)

    Moz-

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  2. Sulla paura da jumpscare te ne devo dare atto, ormai sembra una dinamica imprenscindibile di ogni film horror. Stavolta però a me non ha dato tanto fastidio. In ogni caso credo che ognuna delle due versioni di It possa andare bene a seconda dei gusti generazionali. Per quanto mi riguarda non vorrei trovarmi di fronte ne il Pennywise di Curry ne quello di Skarsgard.

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