Dalle pagine del capolavoro di Umberto Eco agli schermi
televisivi di oltre sei milioni e mezzo di italiani – share del 27,4% - il
giallo medievale ha conquistato lo scettro degli ascolti ieri sera. Il mio hype
era al livello super sayan 5 quindi, bando alle ciance, e veniamo al cuore del
post: Com'è stata questa prima puntata?
Prima però contestualizziamo…
Il contesto storico
Europa, 1327. Ludovico il Bàvaro ha sconfitto il rivale
Federico d’Austria, il pretendente appoggiato dal Pontefice Giovanni XXII,
conquistando così il trono del Sacro Romano Impero e consolidandolo con alcune
alleanze politiche con le potenti famiglie della penisola. Nella sua sede di
Avignone, però, Giovanni XXII deve affrontare un’altra delicatissima questione:
il capitolo dei francescani ha riconosciuto come verità di fede il voto di
povertà. Il capo della Chiesa vede nella decisione dei francescani un chiaro
attacco alla sua politica accentratrice e al potere papale di creare gli
imperatori.
Vedendo nell'ordine dei francescani un valido alleato contro
il potere politico papale Ludovico decide di appoggiarne le scelte e ciò
indispettisce parecchio il Pontefice che decide di discutere la questione
mendiate una disputa teologica tra pari: dalla parte del Papa viene scelto l’inquisitore
Bernardo Gui mentre Ludovico sceglie il frate francescano Guglielmo da
Baskerville, noto nei territori dell’impero per la sua intelligenza e per il
suo passato di inquisitore.
Il luogo in cui condurre la disputa sarà un’abbazia sperduta
tra le alture di Piemonte, Liguria e Francia.
La voce narrante
La storia ci viene raccontata da Adso da Melk che all'epoca dei fatti era un giovane novizio al
seguito di frate Guglielmo da Baskerville. Il francescano ha fama di essere una
persona di grande acume ma anche di profondi valori cristiani per cui il
giovane rimane impressionato e decide di seguirlo in questa particolare
missione.
L’inattesa piega degli eventi
Quando Guglielmo e Adso giungono all'abbazia vengono accolti
da un’atmosfera lugubre a causa del recente ritrovamento del cadavere di un
giovane monaco. L’abate chiederà a Guglielmo di risolvere il mistero della
morte del monaco prima che inizi la disputa con Gui perché non si sente a
proprio agio ad accogliere un inquisitore di grande fama in un luogo dove
vengono commessi peccati così gravi come l’omicidio.
Inizia così l’avventura di Guglielmo e Adso.
Il mio parere personale
Umberto Eco era un maestro della parola e della narrazione e
Il nome della rosa credo sia il suo capolavoro.
Si tratta di un romanzo che ha
diversi piani di lettura a seconda del livello culturale di chi lo legge e
immaginavo che per la trasposizione televisiva ci si sarebbe concentrati sugli
aspetti più thriller e da giallo investigativo lasciando magari alla sagacia di
Guglielmo le numerosissime citazioni colte che Eco ha inserito nel romanzo.
Immaginavo bene e questo è un pesantissimo punto a favore della serie, almeno
per quello che si è visto nella prima puntata.
Mi sono piaciute molto le atmosfere cariche di tensione
create con un uso preciso della fotografia, il che fa anche dimenticare la
computer grafica con cui sembrano essere realizzati gli esterni dell’abbazia.
Grande anche la prova del cast: se John Turturro è una garanzia e Michael Emerson
una conferma, non vedo l’ora che inizi la disputa per vedere cosa può fare
Rupert Everett.
Quindi il mio è un si convinto: Il nome della rosa mi è
piaciuta molto.
Ma farei un torto al mio senso critico se non parlassi di
alcune scelte che non so come definire se non inesattezze o esagerazioni.
Il tema abusato
Il giovane Adso viene mandato a fare esperienza con il
celebre Guglielmo da Baskerville con il pieno appoggio della famiglia e
soprattutto del padre, questo – almeno – traspare dalle prime pagine del
romanzo mentre nella serie il padre è stato rappresentato come un arcigno uomo
d’armi che non comprende la scelta monastica del figlio. Capisco che questo
personaggio non comparirà più nella storia e che questa scelta non incide in
maniera decisiva sulla trama ma non capisco perché inserire un sotto testo così
abusato come quello del padre che non condivide la scelta del figlio. Cui
prodest?
La citazione di troppo
A circa due terzi della puntata, per farci capire quanto
Bernardo Gui sia inflessibile come inquisitore gli fanno processare
sommariamente due adulteri e, ricollegandosi al tema dell’eresia dolciniana
(fondamentale per la trama), ci mostrano come la delegazione papale dia alle fiamme
la cittadina dei due malcapitati tacciandola di roccaforte fedele ai seguaci di
Fra’ Dolcino. Ad un certo punto il capitano della guardia si avvicina a Gui e
chiede, per evitare un massacro inutile, come faranno i soldati a distinguere
gli abitanti eretici da quelli cristiani. Bernardo se ne esce con un laconico “Uccideteli
tutti, Dio riconoscerà i suoi”.
Bel passaggio e ottima soluzione per
presentarci l’inquisitore ma la battuta proviene da un’altra storia.
Nel 1209 per estirpare l’eresia catara in Francia il Papa
Innocenzo III nominò suo ambasciatore e capo delle milizie papali Arnaldo
Amalrico. Questi, dopo aver sconfitto diverse roccaforti catare, rivolse le
armi contro la città di Beziers e ordinò di massacrare migliaia di persone
dicendo appunto “Uccideteli. Dio riconosce coloro che sono suoi”. Quando si
tramandarono i fatti di quel periodo un amanuense illuminato aggiunse un
provvidenziale “si dice che abbia detto”.
Capisco l’impatto emotivo di una soluzione narrativa del
genere per descrivere il personaggio di Gui ma non capisco – e francamente mi
infastidisce – aver adottato un espediente così grossolano. Forse ai più sarà
sfuggita la citazione ma questo dialogo è stato anche riportato ne I Codici del
Labirinto di Kate Mosse e ne Il Sacro Graal di Michael Baigent, Richard Leigh e
Henry Lincoln, uno dei falsi storici più eclatanti su presunti complotti e
segreti nascosti dalla Chiesa.
I flashback di Remigio
Da un certo momento in poi, durante la puntata, iniziano i
flashback del confratello Remigio. La tecnica del flashback è fantastica per
aumentare il livello di comprensione in opere come questa però il modo con cui vengono
inseriti in questa prima puntata mi ha stranito e distratto e mi sono chiesto
che cosa stessi guardando. In un caso ho confuso i piani temporali.
Il doppiaggio
Questa me l’aspettavo. In Italia abbiamo alcuni dei
doppiatori migliori al mondo però spesso ci perdiamo in un bicchiere d’acqua e
Il nome della rosa non fa eccezione. In molti passaggi il volume con cui è
stato impostato il doppiaggio ma anche il tono con cui veniva portata la voce
erano completamente sballati: purtroppo non possiamo prescindere dal fatto di doppiare gli attori stranieri ma ci si può prestare attenzione. Molta di più.
Ebbene, questa prima puntata di Il nome della rosa va in
archivio lasciandomi soddisfatto ma riflessivo, per il momento la chiudiamo qui
e ci aggiorniamo, su questo tema, martedì prossimo.
Buona vita a tutti
Io lo vedrò stasera.
RispondiEliminaE poi ti dirò se concordo con te.
In effetti dare un passato diverso a Adso non serve a molto, se non a fare del ragazzo un elemento fragile, da far fortificare attraverso l'esperienza con Guglielmo.
I falshback non saprei.
Quanto a Gui, scena da film hollywoodiano per chiarire subito trattarsi di uno stronzo (insomma, direi da fumetto, e infatti il Mozgus di Berserk che era ispirato al Gui di Annaud fa proprio così: ma offenderei i fumetti e Berserk). Nel film non era manco stato presentato, Gui, arriva e basta e parla da sé. Però, appunto, essendo una serie tv era necessario mostrare tutti gli attori sulla scacchiera... funziona diversamente :)
Moz-
È chiaro che una serie TV ha un modo di portare la storia diverso rispetto a un romanzo. Magari questi miei appunti rimarranno solo piccoli nei diluiti tra le buone cose che la serie promette. Vedremo.
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