H.R. Giger, Carlo Rambaldi e lo Xenomorfo: un nuovo concetto di famiglia


Alien non sarebbe il film cult che abbiamo imparato ad apprezzare se non ci fosse stato lo xenomorfo: creatura inquietante uscita da qualche bolgia infernale in un punto imprecisato dell'universo, dotata di fauci retrattili, saliva corrosiva e forza incredibile. Se si volesse stabilire sul nostro pianeta non sfigurerebbe di certo in mezzo alla velenosissima e pericolosissima fauna australiana.

Se Alien è diventato il capolavoro che è, Ridley Scott deve ringraziare soprattutto la bravura di chi allo xenomorfo ha fatto da papà.




Insomma alla famiglia sui generis formata dalla creaturina raccapricciante, dal mago degli effetti speciali Carlo Rambaldi e dal genio e artista H.R. Giger.

Rambaldi è stato un effettista che poco tempo dopo aver collaborato con Scott e Giger diventerà famoso per l'extraterrestre E.T. nel celebre capolavoro di Steven Spielberg.

Hans Rudolf Giger invece è stato un personaggio dai mille volti e dalla genialità non sempre condivisa dai più. Se vi capita di sfogliare un libro con delle sue opere non potete non rimanere straniati dal suo modo di intendere l'arte. 



Sono in molti a pensare che nella sua opera si vedano parecchio le influenze del passato dell'artista: il padre, un farmacista, avrebbe portato il figlioletto con sè nella bottega e questo avrebbe permesso all'estro del ragazzo di arricchirsi di immagini suggestive di strani composti chimici, parti anatomiche immerse in formaldeide e addirittura - secondo alcune testimonianze - un cranio umano. Le impressionanti immagini sarebbero poi state sublimate dalla passione del giovane Hans per le illustrazioni suggestive di William Blake.




Credo che alla leggenda non manchi proprio nulla.

L'arte di Giger non è sicuramente accessibile e comprensibile per tutti. Le sue opere hanno un aspetto alquanto inquietante e oscuro, le forme e i colori rimandano un certo livello di disagio e in alcuni casi si vedono delle figure minacciose che sembrano essere sul punto di balzare fuori dalla foto. E ancora parti umane che terminano in appendici meccaniche, strane figure che portano occhialoni da saldatore, ambientazioni steampunk.



La figura umana viene destrutturata, privata di ogni tipo di bellezza e trasformata in materia inerte da cui fuoriescono tubi, viti e bulloni. Si notano spesso sbuffi di fumo come se degli ingranaggi fossero in movimento o abbiano appena espulso dei gas corrosivi. 

Il tutto diventa horror e arte. Provoca distacco emotivo ma anche un certo tipo di sensualità.


Giger sta all'arte figurativa come Lovecraft sta alla letteratura.




Chissà chi la spunterebbe tra uno xenomorfo e una creatura lovecraftiana?

Buona vita a tutti.

Commenti

  1. Eheh, riflessione interessante.
    Io Giger lo adoro (così come Rambaldi), anche Miura ha omaggiato l'artista in qualche vignetta berserkiana.
    Mi piace pensare che sì, come racconti, l'infanzia "farmacista" di Giger abbia influito sulla sua opera. Ci sta :)

    Moz-

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  2. Giger per me è quello che più si avvicina alla crossover tra arte e fantascienza

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