Titan e Titanic



Coincidenza o profezia?




Ok, la smetto subito. Io non credo ai complotti. Alcuni di essi mi affascinano, mi incuriosiscono e sono convinto che se chi li formula avesse il coraggio di scriverci sopra un libro o un film potrebbe fare molta fortuna.
Eppure, i complotti sembrano ancora oggi essere l’unica spiegazione che molti riescono a darsi su alcune situazioni che sfuggono alla loro comprensione, ovviamente senza contare che il caso ( o caos?!? ) spesso gioca un ruolo fondamentale. O forse è proprio questo che terrorizza le persone e le porta a credere ai complotti: pensare che non ci sia un reale motivo per cui alcune cose succedono.

In ogni caso, un approccio sensato di fronte a una serie di circostanze misteriose potrebbe essere quello suggerito dal principio del rasoio di Occam: a parità di fattori la spiegazione più semplice è quella da preferire.

Nel 1989 un inventore e romanziere statunitense pubblicò un racconto intitolato Il naufragio del Titan in cui narrò la disavventura di un transatlantico, definito inaffondabile, che invece affonda dopo lo scontro con un iceberg in una fredda notte di Aprile in mezzo all'Oceano Atlantico.
Anche solo per assonanza con il nome della nave, la nostra mente corre subito al disastro del Titanic avvenuto nel 1912 in circostanze molto simili a quelle raccontate dallo scrittore nel suo romanzo. E non solo la nostra mente. Dopo il disastro, il romanzo di Morgan Robertson diventò sempre più famoso fino a creare il mito, il complotto, o anche solo l’idea che lo scrittore abbia in qualche modo profetizzato uno dei disastri più iconici e terribili dell’età moderna.




Basandosi sulle similitudini tra le due storie, gli ideatori della teoria della profezia riuscirono a incastrare sempre più prove a sostegno della loro spiegazione: i nomi delle navi quasi simili, sono quasi identiche le loro dislocazione delle masse e le loro dimensioni, identica la rotta, la causa e il punto del disastro, identiche le due velocità di crociera e l’esiguo numero di scialuppe a bordo.
Quindi la teoria della profezia regge?

In verità, per niente.

Quando si forma un’idea nella nostra mente, il cervello comincia a creare dei collegamenti a sostegno della stessa ed è come se alterasse la realtà rendendo alcuni particolari più evidenti e ignorandone altri. Il neuropsichiatra Srinivasa Pillay definisce questa caratteristica con il termine di cecità attenzionale, il nostro cervello decide su cosa concentrarsi ma non sempre a nostro vantaggio.

Quindi?

Quindi basta fare qualche ricerca per scoprire che Robertson, in accordo con il suo editore, ha modificato alcuni dati del suo romanzo solo dopo il disastro del Titanic in modo che il romanzo fosse quanto più vicino possibile al fatto reale. Anche il titolo del romanzo divenne Il naufragio del Titan dopo il 1912, originariamente era Futility.




Si, e i particolari in comune?

Robertson era anche un inventore quindi aveva nozioni tecniche su svariati campi e non sarebbe stato difficile per lui consultare ingegneri e altri esperti. Non sarebbe stato difficile avere informazioni su quali dovessero essere le dimensioni di un transatlantico per essere il più grande del mondo, quali artifici tecnici avrebbero potuto renderlo inaffondabile, in quale periodo dell’anno (Aprile, appunto) la probabilità di incappare in un iceberg sarebbe stata maggiore e quale sarebbe dovuta essere la rotta più breve tra il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America.




E poi c'è il contesto storico. Il secolo che andava a concludersi mentre Robertson assemblava il suo romanzo era stato un periodo di scoperte scientifiche e tecniche che avevano portato a uno sviluppo sempre maggiore della tecnologia e alla nascita di interi nuovi settori come quello dei trasporti. La costruzione di navi per il trasporto di beni e passeggeri era un ambito in cui si investivano competenze e capitali per cui non rimane troppo complicato pensare che uno scrittore possa raccontare l'ambizione dell'uomo di sfidare i limiti delle tecnica e la forza della natura solcando l'oceano con un Transatlantico inaffondabile.

E adesso: cos'è più facile credere?

Che uno scrittore con qualche tipo di competenza tecnica si informa approfonditamente per scrivere di una nave inaffondabile, che invece affonda, e che approfitta di un disastro casuale per rendere il suo romanzo ancora più famoso modificandone qualche particolare; oppure che uno scrittore abbia previsto in qualche modo un disastro che sarebbe avvenuto 14 anni dopo e che ci abbia voluto scrivere un racconto per avvertire la collettività?

In questo caso il principio del rasoio di Occam è più che chiaro. Ma basta così? Si spiega tutto con la spiegazione più semplice? 

In realtà, no. 

Premesso che le coincidenze hanno solo il valore che noi attribuiamo loro, siamo esseri emotivi, spesso in balia della nostra mente. Abbiamo paura di ciò che non conosciamo e non riusciamo a spiegarci, specie se è qualcosa di inafferrabile di astratto come il puro caso e pur di non affrontare questa paura creiamo le spiegazioni più fantasiose e disparate. E ci crediamo pure.

La teoria della Terra Piatta, il Club-27, i Protocolli dei Savi di Sion, Roswell e l’Area-51, le profezie del Mothman e chi più ne inventa più ne metta.

E’ tutto gente, buona vita.

Commenti

  1. Vero, stessa cosa successa per il romanzo che avrebbe anticipato il virus attuale.
    Insomma, ci piace cercare queste cose, perché effettivamente fuori controllo, in situazioni che cerchiamo di controllare... assurdo, eh?
    Conoscevo la storia e sapevo che il romanzo fu modificato... ma tanto è sempre l'ultima versione quella che conta.

    Moz-

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    1. Si, quella del libro di Cook l’ho sentita anch’io con tanto di none del virus cambiato negli anni 80. Praticamente una correzione della profezia

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