Benvenuti nella Danger Zone

Limiti: fissarli per superarli?


 Che vi piaccia oppure no Top Gun è un film che ha dominato l’immaginario cult degli anni 80. Ne ho parlato in Live a margine di un discorso più ampio sull'attore Tom Cruise che trovate nella sezione IGTV del mio profilo Instagram (basta cliccare sulla mia faccia qui nella colonna di destra).

Probabilmente per molti di voi pensare a Top Gun significa anche ricordare le famose note della ballad Take My Breath Away dei Berlin, io però penso al brano Danger Zone scritto da Tom Whitlock e Giorgio Moroder e impreziosito dai vocali e dalle chitarre di Kenny Loggings


Danger Zone è un brano molto dinamico con un testo semplice che rimanda un messaggio diretto: superare i limiti, entrare nella Danger Zone. Perfettamente in tema con Top Gun e quello che racconta.

Ma anche perfettamente attuale, secondo me, visto il periodo che stiamo vivendo.

A prima vista sembrerebbe un periodo di caos culturale e sociale in cui accadono cose senza logica e in cui le persone agiscono d’impulso, di pancia, direbbe qualcuno. Io no. Piuttosto credo che sia un periodo in cui la coscienza (o l’incoscienza, se volete) collettiva punta a spingersi sempre un po’ oltre il limite per entrare nella Danger Zone di cui canta Loggins.

Autostrada per la Danger Zone

Ti porterò a guidare dentro la Danger Zone


 

E così superiamo il limite del politically correct e magari torniamo indietro perché quello che c’è nella Danger Zone ci fa paura; superiamo il limite della decenza ma non torniamo indietro, anche se qualcuno non lo fa, perché o non ne ha voglia o non ci riesce proprio; a volte superiamo il limite della correttezza e dell’onesta intellettuale.

E allora per onestà intellettuale ammetto un fatto, una cosa che mi fa vivere da qualche giorno nella mia personale Danger Zone.

Più o meno 2 anni fa, era il 30 giugno 2018, sul mio feed di Facebook apparve un post dal titolo particolare: E’ TEMPO DI RIMUOVERE LA STATUA DEDICATA A INDRO MONTANELLI (il caps lock non è mio) pubblicato da Jennifer Guerra sul sito The Vision che seguivo e seguo con particolare interesse. Incuriosito lo salvai per leggerlo appena ne avessi avuto il tempo e quello che ho letto mi ha portato a conoscere Marc Bloch, lo storico francese che con la sua Apologia della Storia ha contribuito a costruire il mio pensiero sulle verità storiche e su un concetto che in questi giorni ho sentito citare quasi sempre a sproposito o per giustificare le proprie idee: la contestualizzazione.

Bloch scrive: siamo davvero tanto sicuri di noi stessi e del nostro tempo, da separare, nella folla dei nostri padri, i giusti dai dannati?

Vale a dire che per giudicare un personaggio storico, nel modo meno superficiale possibile, occorre rapportare le sue azioni al sistema di valori dell’epoca in cui è vissuto. Attenzione però che giudicare non vuol dire giustificare.


Sempre dopo aver letto l’articolo sono andato a cercare informazioni sulla vita di Indro Montanelli, ho letto la storia della sua vita (da tre o quattro fonti diverse), i fatti riguardanti il suo lavoro e il suo “impegno” politico e ho letto anche qualcuno dei suoi articoli. Alla fine, l’immagine che mi è rimasta di quest’uomo è ben lontana da quella che suggerisce l’appellativo di principe del giornalismo italiano che gli viene tributato.

Tra le sue parole ho cercato la sagacia, la schiettezza e le buone qualità che sentivo attribuirgli e invece ho trovato violenza intellettuale, superbia e opportunismo, oltre a una buona dose di razzismo in particolare contro la gente del Sud Italia. E comunque era solo l’inizio del tunnel degli orrori.

E’ giusto giustificare un uomo che ha fatto delle cose solo perché il sistema di valori in cui è vissuto (pesantemente inquinati dall'ideologia fascista) glielo ha consentito? Non credo sia possibile. Poteva scegliere di non farlo. Poteva scegliere di non aderire al partito fascista, di non millantare di aver combattuto nella resistenza, di rifiutare un rapporto con una minorenne, di non scappare come un ladro nella notte per scampare a una condanna. Poteva scegliere di agire con integrità ma non lo ha fatto.

Io non sono un giudice, questo blog non aspira a essere un tribunale: sono solo uno che si informa e impara a muovere la mente secondo quelle che sono le sue personali idee che possono anche cambiare, per carità, ma che vengono formulate a partire da dati oggettivi.

Non mi piace il revisionismo buonista ma nemmeno il giustificazionismo, non sono d’accordo con la distruzione o la vandalizzazione di statue e monumenti ma nemmeno si può far finta di niente. Bisogna stare attenti quando si sconfina nella Danger Zone perché il passo per arrivare a era un discreto pittore, peccato che abbia provocato la morte di oltre 6 milioni di persone è molto breve. Fatalmente breve.

Ah, per la cronaca: la statua se la tenessero a casa i familiari di Montanelli.

E’ tutto gente, buona vita.


Commenti

  1. Ecco, basta informarsi e informare.
    La statua non andava fatta a prescindere, per tutto questo. Ma oramai c'è, inutile stare a buttare vernice.
    C'è, e fine. L'impegno dovrebbe essere capire chi sia Montanelli, cosa sia stato. Quando lo si studia a scuola, non si omette niente. Ognuno giudicherà per sé.

    Moz-

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    1. E in ogni caso distruggere non è la soluzione per risolvere il problema. Se sei distruttivo agisci esattamente come le persone che stai combattendo.

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