Hybrid Theory: viaggiare nel tempo coi Linkin Park


Nell'autunno del 2001 era appena iniziato il mio quarto anno di liceo caratterizzato da pomeriggi di studio di gruppo in cui spesso si finiva per cazzeggiare guardando i video su MTv e commentando le interessantissime cose che accadevano nel nostro mondo adolescenziale. 



Uno dei video che abbiamo imparato quasi a memoria era quello di un brano molto diverso dalla musica che ci aveva accompagnato negli anni precedenti, un brano che mescolava rap, rock, scream e voce pulita: In The End.
A partire da quell'ottobre del 2001, In The End è stato il traino con cui i Linkin Park sono stati conosciuti pubblico europeo e in particolare nel mio radar musicale. Diciamocelo subito: i Linkin Park sono una band che non ha inventato nulla di nuovo ma che ha saputo però gestire nel migliore dei modi un prodotto ibrido, contaminato da vari generi che altri nomi un po’ più quotati nel mondo mainstream come Limp Bizkit, ad esempio, avevano sparato nelle orecchie del pubblico mondiale. Le contaminazioni dei generi musicali hanno rappresentato la chiave di volta su cui il mondo musicale si è tenuto insieme, rinnovandosi al tempo stesso, tra la fine dei decenni dominati da generi musicali a tenuta stagna come hard rock e metal e l’inizio del nuovo millennio in cui i confini tra i vari generi sono stati fatti a pezzi.


I Linkin Park con Hybrid Theory, loro album di debutto, hanno scritto il loro nome nel mondo della musica mainstream rifiutando qualsiasi etichetta di genere. Per me hanno sempre dovuto la loro fortuna a tre fattori fondamentali:
  • il flow ritmatissimo di Mike Shinoda
  • l’elettronica liquida di Joe Hahn
  • la potenza vocale del compianto Chester Bennington
Tutto quello che c’è in questo menù lo trovate proprio in Hybrid Theory e nelle sue dodici tracce .
L’album si apre con un doppio colpo che già mostra il muscolo, Papercut e One Step Closer e prosegue brano dopo brano con Without You, Point Of Authority e Crawling, brano che parla di abusi sessuali. Si arriva poi a Runaway e By Myself (che sono i miei brani preferiti) e quindi al campione rappresentativo della cifra dei Linkin Park ovvero In The End. Se non avete vissuto in una realtà parallela dovreste averla sentita di sicuro. Tocca quindi a A Place For My Head, Forgotten e Pushing Me Away. Ultima ma non meno importante e sicuramente degna di menzione Cure For The Itch, un brano strumentale che per stile si discosta dal resto dell’album puntando più sulla bravura di Hahn con la console e il sintetizzatore.





Da quando mi è presa la mania di ascoltare interi album godendomeli come se fossero film o libri, Hybrid Theory è subito diventato uno di quelli fondamentali per fare un viaggio nel mio passato fino al me stesso a 17 anni, un periodo agrodolce della mia vita al quale mi connettono diversi comportamenti che negli anni sono diventati tratti distintivi del mio carattere, tratti su cui ho lavorato riuscendo a modificarli fino a diventare la migliore versione possibile di me stesso.

E per ora è tutto gente, buona vita.

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Commenti

  1. Anch'io ho consumato questo CD all'epoca..e i Linkin Park restano uno dei miei gruppi preferiti, sicuramente! Sono un ottimo mix di buon rock, rap, perfino dance

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  2. In the end mi piaceva e mi piace tutt’ora.
    Pure i Limp Bizkit
    con la cover di Behind Blue eyes mi son piacciono un sacco.
    Però parli con uno che forse la canzone più Heavy Metal che ha mai ascoltato è Nothing else matters dei Metallica😀
    figuriamoci i derivati...ciao

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  3. Ceto che la ricordo, e capita di sentirla ancora oggi.
    Non un gruppo che adoro, né un genere che mi vado a cercare, però ho apprezzato il tuo ricordo e sicuramente sei stato segnato da questo: adolescenza e cose comunque fighe che ti appartenevano^^

    Moz-

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  4. Seppur non siano mai stati uno dei miei gruppi preferiti, ho ascoltato e riascoltato questo album sempre con piacere. Tanta roba.

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    1. Condivido pienamente quello che dici. Io adoro l’hard rock ma i LP in quest’album mi hanno convinto

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