King Arthur, il potere della regia





Guy, che cosa hai fatto? 

Guy Ritchie è uno dei registi che mi ha sempre convinto con la sua regia dinamica in film che per me rappresentano dei piccoli cult come Lock&Stock, Snatch e Revolver; ho apprezzato il suo lavoro anche quando ha reinterpretato Sherlock Holmes in una versione a metà strada tra l’action movie e lo steampunk.

Con King Arthur – il potere della spada personalmente ho avuto la mia eccezione alla regola. Si tratta di un film orribile ma con una regia bellissima: come questo sia possibile credo che bisogna cercarlo nella cifra artistica di Ritchie.

King Arthur – il potere della spada è stato co-prodotto, co-scritto e diretto da Ritchie e si vedono tutti i particolari dei tratti che rendono riconoscibile il lavoro del regista inglese: la regia dinamica e molto cinematografica, la gestione scanzonata della storia, il protagonista che non si prende troppo sul serio e quella caratteristica di creare gruppi di persone che condividono goliardia, malefatte e avventure. Detta così sembrerebbe un film convincente e invece no, tutt'altro.

Il film trae spunto dagli scritti che compongono il ciclo arturiano e principalmente dall'opera Morte di Artù di Sir Thomas Malory e racconta le vicende che portarono il giovane idealista Artù a diventare re dei britanni dopo aver estratto la spada Excalibur dalla famosa roccia. Il problema è il piattume generale della storia e del personaggio principale, qui interpretato da Charlie Hunnam.



La storia che racconta il film è sempre la stessa. Chi estrae la spada dalla roccia è il legittimo sovrano del regno, carica che viene usurpata nel frattempo dal malvagio Vortigern grazie a un patto con il mago Mordred. Per mantenere il suo potere, il malvagio sovrano ha creato l’ordine delle Maschere Nere che tiranneggia in tutta la città e per scoprire chi può essere il futuro re, con l'aiuto di questa milizia, costringe gli abitanti a provare a estrarre la spada. Nel frattempo Artù, sotto il falso nome di Art (!!!), vive in un bordello e sbarca il lunario facendo l’amichevole mafioso di quartiere: non si muove una foglia che Artù non voglia.

Il resto è storia. Artù estrae la spada ma deve imparare a gestirne il potere. Prima rifiuta il suo destino ma poi a causa delle atrocità commesse da Voltigern e dai suoi sgherri impara a usarla e nello scontro finale diventa inarrestabile. Tutto vecchio, palloso, prevedibile e piatto. 



Il secondo grosso problema di questo film sono gli effetti speciali. Troppo presenti, esageratamente invadenti e dosati malissimo. All'inizio tantissimi, poi niente per 40 minuti e poi di nuovo giù di computer grafica. La magia è una componente fondamentale di questo tipo di leggende e con l’aiuto della computer grafica è possibile fare cose straordinarie ma il tutto deve essere dosato, non si può spargere a pioggia ed esagerare sempre tutto.

E infine, terzo e ultimo problema: la recitazione. Per capire meglio se fosse un problema di doppiaggio, ho rivisto il film una seconda volta in lingua originale e un po’ le cose sono migliorate. In pratica Hunnam è rimasto prigioniero del personaggio di Jax Teller in Sons Of Anarchy (di cui parlo QUI) e riesce a recitare solo in quel modo. La vera delusione, però, è stata Jude Law che evidentemente doveva essere parecchio sotto tono quando ha deciso di partecipare a questa cosa. Ha recitano meglio in quell'obbrobrio che è Captain Marvel. Per dire. Altri attori, anche bravi, come Djimon Hounsou e Annabell Wallis sfruttati pochissimo, per non parlare di Eric Bana che fa solo un lungo cameo.



Insomma, King Arthur – il potere della spada è un buon lavoro di regia ma è un disastro su tutto il resto. Avrebbe dovuto fare da primo episodio di una serie di film ma dopo l’insuccesso al botteghino il progetto è stato cancellato. Pazienza, prima o poi anche quelli bravi possono toppare.

E’ tutto gente, buona vita.


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