Il tempo, inteso come entità da noi percepita, è una delle
cose più difficili da spiegare: provate a chiedere cosa sia il tempo a un
fisico teorico e vi ritroverete ad ascoltare un mix di teorie su scatole,
linee, nastri e figure geometriche impossibili. Peggio ancora se gli chiedete
se sia possibile viaggiare nel tempo.
Tanto sul piccolo quanto sul grande schermo le cose sono
però molto più semplici perché i registi possono usufruire di scorciatoie per
rendere le cose più avvincenti. Ne sanno qualcosa Robert Zemeckis, Terry
Gilliam e James Cameron che sono riusciti a declinare in modo semplice il tema dei viaggi nel tempo tanto che i loro film sono diventati dei cult
indiscutibili. Per chi non avesse afferrato la sottile metafora sto parlando,
nell'ordine, di Ritorno al futuro, L’esercito delle 12 scimmie e Terminator.
Ciò che accomuna questi film è un clamoroso errore di fondo.
In tutti e tre c’è un personaggio che si muove nel tempo con l’idea che
modificare un evento nel passato possa modificare il futuro. Ecco, questa cosa
è totalmente sbagliata: semplificando al massimo potremmo dire che muovendosi a
ritroso nel tempo non c’è alcuna certezza su dove anzi quando si arriverà nel
passato, peggio ancora se partendo dal passato si vuole arrivare nel presente.
Ma noi vogliamo bene a Marty McFly e facciamo che va bene così.
In realtà presente, passato e futuro sono solo etichette che
usiamo per tenere a bada la nostra angoscia riguardo al fatto che del tempo noi
non sappiamo assolutamente niente per il semplice fatto che ci viviamo dentro e
non abbiamo alcuna possibilità di studiarlo sotto queste condizioni. E
sicuramente il tempo non scorre in linea retta ma piuttosto (ed è una
semplificazione anche questa) il suo incedere somiglia alle onde che genera un
sassolino lanciato in acqua.
Per questo è nata la teoria quantistica. Perché le cose non
erano ancora abbastanza complicate.
E veniamo a DARK.
Sono settimane che il web è in fiamme per questa serie
tedesca che mescola thriller e fantascienza riproponendo il caro vecchio tema
dei viaggi nel tempo, ma qui le cose sono po’ diverse rispetto ai film di cui
parlavamo prima perché DARK si prende maledettamente sul serio.
DARK è una serie interessante, avvincente ma anche con diverse
sbavature che possono sfuggire all'occhio meno attento. Sarebbe stata solo
interessante e avvincente se non ci fosse stata la voglia di prendersi tanto
sul serio e se non fosse scattata come al solito la sequela di recensioni dai
toni estasiati per l’aspetto puramente scientifico.
Siamo a Winden, una piccola cittadina tedesca circondata dalla
Foresta Nera, in cui tutti gli abitanti si conoscono per nome e
sanno più o meno tutto di tutti. La vita a Winden sembra scorrere tranquillamente
nonostante uno dei protagonisti, il giovane Jonas Kahnwald, abbia appena
attraversato un drammatico momento della sua vita. Poi sparisce un ragazzino di
13 anni, il piccolo Mikkel Nielsen, cosa che turba l’intera comunità ed è a
questo punto che qualcuno dice ad alta voce – sta ricominciando come 33 anni fa
– facendoci subito capire che c’è sotto qualcosa di grosso.
La trama della prima stagione di DARK ruota intorno a
quattro famiglie: i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler e i Tiedemann i cui
componenti ci verrano presentati piano piano nel corso delle prime puntate e la
loro interazione reciproca costituirà l’intreccio principale della storia. I
fatti raccontati invece si spalmano su tre fasi temporali: il 2019, il 1986 e
il 1953.
Gli ideatori di DARK, Baran bo Odar e Jantje Friese, giocano
moltissimo con i loop temporali, i paradossi e i colpi di scena mescolando
benissimo il thriller alla fantascienza, sono stati bravi, a mio avviso, a
proporre una versione alternativa per spiegare i viaggi nel tempo rispetto a
quella delle dimensioni parallele: qui infatti ci si rifà al principio di
Novikov sull'autoconsistenza cioè la teoria secondo la quale in un anello
chiuso (loop) ogni evento è determinato sia dagli eventi passati che da quelli
futuri e non si può in alcun modo evitare che avvenga, al massimo si può fare
in modo di farlo avvenire. Ricordate il sassolino nell'acqua?
Di DARK si dice che sia una serie eccezionale, perfetta e
originale ma non è proprio vero.
Sicuramente è un prodotto ben fatto che ti tiene appiccicato
allo schermo con gli occhi e il cervello per cercare di capire cosa sta
succedendo. Mi è piaciuto molto come hanno gestito (almeno nella prima stagione)
l’evoluzione dei personaggi nell'ottica della predestinazione e del principio
di autoconsistenza di cui abbiamo parlato prima. Il lato scientifico e
fantascientifico sono gestiti bene, magari l’effetto speciale in alcuni casi è
un po’ arrangiato ma chi è che ha visto coi suoi occhi una frattura nello
spazio-tempo per poterla descrivere?
Eccezionale? Si e no.
Alcuni colpi di scena in realtà non sono tali per niente.
Non voglio spoilerare nulla per cui mi trattengo ma alcune grandi rivelazioni
sono telefonate e ci si può arrivare con grande anticipo mentre alcune
dinamiche sono fatte a pezzi dalla logica del caso.
Perfetta? Si e no.
Infine il punto su cui DARK cade inesorabilmente è l’originalità.
Confrontando quello che avevo letto con quello che ho visto mi è venuto il
dubbio che molti recensori negli ultimi anni abbiano vissuto dentro una
caverna.
DARK infatti paga un modesto tributo a Ritorno al futuro con
qualche battutina messa qua e là e ci ho rivisto anche qualche eco di Stranger
Things, ma paga un immenso tributo a due colossi del mondo delle serie TV come
Lost e Twin Peaks.
Ecco le caratteristiche in comune:
- - C’è una piccola comunità quasi totalmente isolata dal resto del mondo
- - Accadono dei fatti terribili
- - Coloro che compongono la comunità mantengono orrendi e inconfessabili segreti
- - Accadono cose inspiegabili
- - C’è un villain enigmatico che si muove nell’ombra
- - Presenza di paranormale e fantascienza
- - Tema del viaggio dell’eroe: Jonas in DARK, Jack in Lost, l’agente Cooper in TP
- - Niente è come sembra
In ultima analisi, DARK non sarà perfetta né originale ma ha
il suo perché; la prima stagione mi ha preso parecchio e sono molto
curioso di vedere come proseguirà la storia dei vari personaggi e soprattutto
come si evolverà l’intreccio reciproco.
Per ora è tutto gente, buona vita.
Anche io dopo la Prima Stagione avevo più o meno le tue stesse impressioni. Ciò che mi ha fatto innamorare totalmente di questa Serie TV è stata la Seconda Stagione. Di difetti ce ne sono, ci mancherebbe, ma credo sia uno dei prodotti meglio riusciti degli ultimi anni. E visto che ne hai fatto un richiamo, non me ne vogliano i fan di Stranger Things (che guardo volentieri anche io)... ma qui siamo a un livello nettamente superiore.
RispondiEliminaPer come la vedo io Stranger Things gioca con emozioni e sentimenti che coinvolgono il nostro "io bambino" mentre DARK va verso una tematica più adulta: a 13 anni i giochi di ruolo e la mentalità di gruppo tra coetanei hanno più presa che una complessa teoria del viaggio nel tempo.
EliminaIo li ritengo entrambi prodotti di punta tra gli Originali Netflix.
Sulla seconda stagione di DARK scriverò tra qualche giorno, il tempo di riordinare le idee.
Stranger Things ha preso tanto anche me, proprio per quello che dici tu. Il problema, poi, è arrivato con la solita scelta di allungare all'inverosimile una Serie che ha avuto successo. Le prime 2 Stagioni mi sono piaciute un sacco, poi... insomma, per me ci si potrebbe anche fermare. È chiaro che Stranger Things ormai navighi a vista...
EliminaUna delle cose che apprezzo tanto di DARK, infatti, è la decisione di averla chiusa in 3 stagioni: così i fatti sono condensati in pochi episodi e, data la complessità della storia, non ti viene l'orticaria a iniziarla per la prima volta oppure a rivederla alla luce di una tua teoria personale.
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