Nella provincia di Qin, si diceva che la sua spada fosse
implacabile, che uccidesse in un lampo e che fosse impossibile difendersi dalla
sua letale velocità. Nessuno conosceva il suo nome ma il popolo aveva imparato
ad amarlo per le sue gesta e lo aveva soprannominato l'Anima di Zhao.
Anni prima, re Xiang di Qin aveva riunito tutti i signori
della guerra sotto i suoi stendardi e aveva iniziato la conquista della regione
di Zhao; le battaglie si erano svolte sui territori della modesta provincia e
avevano distrutto il già fragile sistema economico della zona costringendo il
popolo a fare i conti con la carestia e la fame. In questo clima disperato,
quando cominciarono ad arrivare le notizie della morte improvvisa di alcuni
generali dell'esercito di Xiang, furono in molti ad accoglierle come un segno
del destino e a festeggiarle pubblicamente, andando così incontro alla collera
dei signori feudali che, riempiti di pezzi d'oro in cambio della loro
connivenza, avevano lasciato che gli eserciti invasori si accampassero presso
le loro ricche sedi. La crudeltà di soldati e tiranni e le vessazioni a cui
sottoponevano la povera gente però non bastavano a spegnere il fuoco della
speranza che quello sconosciuto guerriero aveva acceso: gli oppressori
credevano infatti che, se avessero punito severamente chiunque pronunciasse il
suo nome o raccontasse le sue imprese, tutti avrebbero imparato a dimenticare
quel ribelle e a rispettare il potere del re Xiang e del suo immenso esercito.
A nulla però erano valsi questi sforzi poiché la speranza del popolo, anche se
occultata, bruciava ardentemente sotto la cenere. In un anno di combattimenti,
L'Anima di Zhao o Il Fulmine, come lo chiamavano i soldati nemici, aveva ucciso
più di 100 uomini tra cui generali, comandanti, capitani, signori feudali e
loro successori, e i successori dei loro successori, causando così un
considerevole rallentamento nel piano di espansione del re Xiang che,
furibondo, decise di mandargli contro i sicari più spietati che riuscì ad
assoldare. Nemmeno questi però erano riusciti a compiere la missione.
L'Anima di Zhao uccideva sempre con onore, guardando negli
occhi il suo avversario, senza mai attaccarlo alle spalle o quando era
disarmato; la sua Arte della Spada era una danza insieme bellissima e letale
fatta di affondi e fendenti senza mai una parata poiché difficilmente l'altro
aveva il tempo di attaccare quando si trovava al cospetto di tanta precisione e
velocità. Nessuno aveva resistito più di qualche secondo ai suoi attacchi,
nessuno aveva dimostrato di poterli fermare.
Nessuno tranne il ragazzo che gli si trovava di fronte
adesso.
L'aveva sorpreso ai margini della foresta di Huang, in una
radura approntata un tempo per la preghiera ma oramai usata come luogo di
veloce ristoro per i profughi di guerra che fuggivano da Zhao, e aveva capito
subito che quello sarebbe stato un duello inevitabile. Il ragazzo possedeva una
spada lunga e sottile con il manico d'avorio intarsiato con i simboli di
antiche famiglie e dei nemici che queste avevano sconfitto; non sembrava
un'arma adatta a un ragazzo così esile ed emaciato, poteva anche averla
sottratta da un campo di battaglia. Si osservavano ormai da parecchi minuti
valutandosi vicendevolmente per decidere quale fosse la mossa giusta da fare: a
un osservatore esterno sarebbero benissimo potuti sembrare due statue.
Realistiche e immobili come due rocce.
L'Anima di Zhao parlò per primo << É tua la
spada?>> chiese non senza una punta di diffidenza nella voce.
<<Appartiene alla mia famiglia da tre generazioni
>> fu la risposta del ragazzo pronunciata con malcelata indisposizione
verso quello sconosciuto che lo accusava, con lo sguardo, di aver rubato
l'ultimo ricordo che gli era rimasto del padre ucciso dai soldati invasori.
<<Sai brandirla?>> incalzò lo sconosciuto.
<<Posso mostrartelo se vuoi>> disse il ragazzo
senza distogliere lo sguardo.
<<Risposta corretta>> rilevò l'Anima di Zhao con
un sorrisino e partì all'attacco.
Lo scontro era uno spettacolo vero e proprio, l'Arte della
Spada del ragazzo era ruvida, ancora da affinare, ma veloce, sicura e
straordinariamente imprevedibile, cosa
che aveva creato non pochi problemi al più esperto maestro di spada.
Tuttavia, mai l'improvvisazione del momento potrà superare l'esperienza degli anni,
così il duello era lungi dal giungere a una fine quando, durante un affondo,
l'Anima di Zhao rinunciò a parare e si fece squarciare malamente il petto. Il
ragazzo, sorpreso ma ancora sul chi va là, intuì che il risultato ottenuto non
era del tutto farina del suo sacco per cui rivolse al suo avversario uno
sguardo interrogativo. Quando pensava che l'altro si sarebbe accasciato
esanime, questo lo sorprese, invece, con una domanda insensata
<<Tu conosci il gioco dello Shogi, ragazzo?>>.
Frastornato da quel quesito all'apparenza insignificante, il
ragazzo rispose più loquacemente di quanto non avesse mai fatto fino a quel
momento <<Conosco il gioco. Fu mio nonno a insegnarmelo quando ero molto
piccolo, prima che la malaria se lo portasse via>>.
<<Allora saprai che l'obiettivo dello Shogi
è..>> lasciò in sospeso il ferito.
<<..proteggere il re>> finì il ragazzo.
<< E chi è il re?>> quasi sospirò l'altro.
<< Quando mio padre, in fin di vita, mi donò questa
spada, mi fece la stessa domanda>> ricordò ad alta voce il ragazzo, poi
continuò <<io risposi che mai avrei protetto né Xiang né nessun altro re
che avesse imposto con la forza il proprio potere su Zhao ma lui mi disse che
il re non era Xiang, così come non lo erano stati il suo predecessore e il
predecessore del suo predecessore. Il re è la speranza nel futuro, la
consapevolezza che la vita e la morte di una persona non sono nulla in
confronto alla speranza di un popolo. Mi disse anche che un giorno avrei
incontrato uno spadaccino molto forte cui avrei dovuto ripetere queste parole.
Tu conoscevi mio padre?>>
L'Anima di Zhao ormai respirava a fatica, il sangue
fuoriuscito dallo squarcio sul petto aveva completamente tinto di rosso la sua
tunica bianca come il latte. Con uno sforzo sovrumano riuscì a non crollare in
terra ma a inginocchiarsi puntellandosi con la sua arma. Guardando fisso il
ragazzo, con un velo di nostalgia e tristezza che gli velava gli occhi, si
risolse a dire
<< Conoscevo
tuo padre molto bene. Sono stato mandato, giovane e inesperto nei
misteri della vita, ad assassinarlo da parte di Xiang. A quel tempo ero già un
abilissimo spadaccino oltre che un puntuale assassino, tuo padre aveva
sobillato il popolo contro il re e io avevo l'ordine di ucciderlo per stroncare
la ribellione. Quello che non avrei mai immaginato era che i suoi insegnamenti
e la sua amicizia mi avrebbero impedito di portare a termine il mio incarico.
Disertai, non risposi più ai messaggi dei miei superiori e questo causò la mia
rovina e la morte di tuo padre. Xiang non gradì il rapporto che gli feci una
volta catturato, né ascoltò le mie suppliche, bensì mi fece rinchiudere nelle
segrete della fortezza affinché non intralciassi i suoi piani. Dopo qualche
mese di prigionia, fui informato dai miei carcerieri che tuo padre, il mio
amico, era stato trucidato insieme a tutta la sua famiglia e, in preda al più
profondo dolore, fui liberato. Solo dopo qualche anno, scoprii che in
realtà il figlio più piccolo del mio amico era sfuggito al massacro, ma era
disperso nella foresta di Huang e ricercato segretamente da Xiang. Non ero riuscito a salvare il mio amico così
mi risolsi a salvarne il figlio, unico superstite di una strage che era stata
solo colpa mia. Cercai i miei superiori in tutta la regione di Qin e li
eliminai uno a uno, affrontandoli in duello. Il popolo mi osannava come un eroe
ma io ero divorato dal senso di colpa e dalla frustrazione perché non riuscivo
a trovare quel bambino, fino a oggi..>> detto questo cominciò a tossire
convulsamente non riuscendo più a riprendere il controllo.
Durante il racconto nel volto del ragazzo si erano alternate
diverse emozioni, rabbia al ricordo della perdita dei suoi cari e del suo
villaggio, tristezza nel ricordare gli anni di stenti in cui aveva imparato
l'Arte della Spada, commozione al ricordo degli ideali del padre, ma, nulla era
paragonabile di fronte alla meraviglia che lo assalì quando capì chi era quello
sconosciuto che lui aveva ridotto in fin di vita. Con un filo di voce disse
<<Allora tu sei..>>, ma l'altro non gli lasciò
finire la frase e, chiamatia raccolta gli ultimi residui di forza prima che la
vita scivolasse definitivamente via dalle sue membra, con un sorriso di
liberazione, sentenziò <<Non io. Tu sei l'Anima di Zhao, sei il frutto
dell'unione degli insegnamenti di tuo padre e dell'Arte della Spada. É stato un
onore servire con la mia spada e la mia vita la causa della tua famiglia e di
Zhao. Combatti, vivi e, sopra ogni altra cosa, proteggi il re!>>.
Detto questo crollò rovinosamente al suolo e lì giacque
incurante delle lacrime che rigavano il volto del giovane. Al ragazzo non
rimase che seppellire il corpo esanime del suo avversario nella terra che aveva
difeso sacrificando onorevolmente la sua vita. Alla fine del lavoro, tutto
coperto di terra e con le lacrime che disegnavano strane forme sul volto sporco
giurò sulla tomba del guerriero: <<Io, Jin Ushida, giuro che la mia spada
non troverà pace finché la memoria di mio padre e di questo prode guerriero non
verrà onorata; finché Zhao non sarà libera: giuro di proteggere il re>> e
con passo risoluto e un ritrovato vigore si addentrò nella foresta intenzionato
a mantenere il giuramento.
Dopo giorni e giorni di vagabondaggi sorprese un nutrito
gruppo di ribelli nascosto nella grande foresta di Zhao. Molti erano feriti e
quasi tutti erano armati malamente con attrezzi agricoli o armi rovinate
prelevate dai cadaveri di amici e nemici; all’inizio il giovane fu accolto con
diffidenza ma poi le sue parole e la sua incrollabile fede negli ideali
paterni, che riusciva a trasmettere con grande convinzione, lo fecero ben volere
agli occhi di quei derelitti che di buon grado decisero di eleggerlo come
guida. Grazie ai suoi insegnamenti sull’onore e sull’Arte della Spada quella
schiera di miserabili divenne un reparto d’elite dell’esercito ribelle e Jin il
più giovane condottiero che la storia ricordasse. Innumerevoli furono le
sconfitte che Jin e il suo esercito inflissero alla potente armata del re Xiang
e chiunque ebbe la fortuna di vedere il suo stile di combattimento si sentì
onorato e non potè fare a meno di pensare e proclamare che quel ragazzo era
proprio l’anima di Zhao. La speranza crebbe di nuovo con rinnovata forza
cosicché nei villaggi anche i più miti opponevano resistenza agli invasori,
erano tutti posseduti da un sacro furore che rendeva loro impossibile temere le
ferite o anche la morte e la cosa terrorizzò a tal punto i generali di Xiang da
costringerlo a ripiegare su una poco onorevole ma saggia ritirata.
Dieci anni dopo la sanguinosa guerra tra Qin e Zhao si era
finalmente conclusa con un armistizio alla morte del re Xiang, dopo anni di
violente battaglie in cui il popolo di Zhao aveva combattuto organizzato in un
grande esercito capitanato dal famoso Anima di Zhao. Questi fu osannato e
rispettato come un re da entrambi i regni anche a diversi anni di distanza dalle
sue gesta, ma sin da quando gli anziani avevano cominciato a raccontarne la
storia nessuno aveva mai capito perché egli si recasse tutti gli anni in quella
foresta a rendere omaggio presso quella tomba anonima.
Al prossimo racconto, buona vita
Gran bella storia, e con un gran bel finale! Mi sono sempre piaciuti i racconti con questo tipo di ambientazione, anche se io non ne ha mai scritti.
RispondiEliminaGrazie, è un tipo di storia che piace molto anche a me
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