Racconti estivi 4 di 4: Pacman

 

Dal 2010 al 2012 nel mondo erano morte più di 3 miliardi di persone causando un crollo demografico come non se ne vedevano dai tempi della Grande Peste del XIV secolo: l'umanità, ridotta a meno della metà, non smetteva di interrogarsi sulle cause di una mortalità così dilagante. O meglio, il motivo lo si sapeva ma, dottori, biologi e scienziati di ogni sorta non riuscivano a darsi pace e cominciavano a cedere alla sfiducia visto che, di fatto, dopo 24 mesi di teorie e sperimentazioni, né la Scienza, né la Medicina sapevano trovare una soluzione al problema; di conseguenza la gente, non sapendo che farsene dei dubbi di tali uomini colti e avendo perso la speranza che un qualsiasi Dio buono avesse intercesso per tutti i superstiti, scongiurando così l'estinzione della razza umana, aveva cominciato a credere che la fine di tutto fosse finalmente giunta, altro che le profezie di Nostradamus o degli antichissimi sacerdoti Maya! Il fatto che nel 1300 la Peste Nera fosse stata fermata soltanto dalle temperature impossibili del deserto del Sahara e dalle sconfinate acque dell'Oceano Atlantico non era granché come conforto.

 

Tutto era cominciato nell'autunno del 2009.

In tutto il pianeta gruppi sempre più numerosi di persone si ammalavano presentando tutti gli stessi sintomi: forti mal di testa, raffreddore permanente, febbre alta e, nei casi più gravi, violenti conati di vomito. Seppur sorpresi da una diffusione tanto capillare e veloce, la stragrande maggioranza dei medici credeva si trattasse di un'ondata di influenza su scala mondiale che non aveva precedenti nella storia della medicina e dell'uomo; alcuni, i più ottimisti e burloni, riuscivano anche a trovare in quella situazione un che di divertente e citavano Woody Allen – nessuna epidemia si è diffusa così velocemente e su così vasta scala da secoli? I record sono fatti per essere battuti -. Ironia a parte, nessuno si agitò più di tanto ma, man mano che le condizioni dei malati peggioravano e i casi accertati di contagio aumentavano, una certa preoccupazione cominciò a diffondersi. Dai vari talk show e programmi di approfondimento delle tv dei paesi colpiti, opinionisti ed esperti iniziarono a proporre le teorie più disparate sulla criticità della situazione e tuttavia, nonostante non si facesse altro che pestare l'acqua nel mortaio, c'era chi diceva di aver capito tutto e finiva per spararne una ancora più grossa e inverosimile delle precedenti.

Neanche quando le stime raccontavano di interi continenti stretti nella morsa del contagio, che la quasi totalità della popolazione di Europa, America del Nord e Asia era costretta a letto e che nessun medico era ancora riuscito a venire a capo della situazione si perse la calma ma, il giorno in cui le agenzie di stampa diffusero la notizia dei primi decessi, quell'ormai tristemente famoso 17 Agosto 2010 – era un venerdì - , la blanda preoccupazione lasciò il posto alla paura e, quindi, al terrore. Nell'estate del 2011, a quasi 2 anni dal primo caso registrato della malattia, il Canada, gli Stati Uniti, l'Europa Centro-meridionale, la Russia, la Cina e il Giappone si erano completamente spopolate e assomigliavano tantissimo agli scenari dei film post-apocalittici che si potevano vedere giusto una manciata di mesi prima, quando tutto questo sembrava pura fantasia. I pochi superstiti si rifugiarono nelle zone più a nord del pianeta, in Groenlandia e in Siberia, dove l'epidemia sembrava ancora non essere arrivata. In uno dei laboratori arrangiati in zone in cui la temperatura scendeva spietatamente intorno ai 30 gradi sotto lo zero, un giovane batteriologo riuscì a isolare il virus che aveva causato la catastrofe demografica: si trattava di un organismo estremamente evoluto, in grado di fagocitare i virus di tutte le malattie conosciute dall'uomo ed assorbirne il potenziale infettivo; era resistente al caldo, al freddo e a tutti i metodi noti per distruggerlo; inoltre, capì con sgomento puro, riusciva a sfruttare i campi elettromagnetici per raffozzarsi e diffondersi più velocemente. Questo spiegava perché le nazioni più potenti del pianeta fossero state spopolate da Pacman in così breve tempo. In un lampo di leggerezza, l'ultimo che forse il giovane esperto avrebbe vissuto per il resto della sua vita, chiamò questo virus Pacman: esattamente come nel videogioco in cui il simpatico smile giallino uccide i nemici mangiandoli. Il ragazzo pubblicò immediatamente la sua scoperta in modo che la comunità scientifica mondiale, o almeno quel che ne rimaneva, potesse trovare qualche buona idea per distruggere il virus ma, sfortunatamente, nei successivi mesi nessuno scienziato, medico e tecnico di laboratorio venne a capo di nulla e la catastrofe raggiunse il culmine. L'unica idea utile che frotte di studiosi erano riusciti a partorire dopo ore e ore di ricerche era che Pacman non poteva  diffondersi nelle regioni del pianeta che non erano investite dai campi elettromagnetici, quelle aree, insomma, che la tecnologia non aveva ancora raggiunto. In virtù di questa indicazione i governi mondiali organizzarono delle massicce emigrazioni verso le zone più selvagge del Brasile e dell'Argentina, verso le nazioni dell'Africa centrale, il Medio Oriente e l'Australia: centinaia di migliaia di persone diedero vita ad un vero e proprio esodo biblico i cui ritmi erano dettati dalla paura di non riuscire a fuggire al più presto; grandi masse di gente si ritrovarono ad occupare territori asprissimi in cui la sopravvivenza era un'utopia. Avvocati, politici o semplicemente benestanti passarono dagli agii che comporta avere un conto corrente sontuoso alla disperazione di dormire in prossimità di foreste o nei deserti; perfino chi era già abituato alla vita bucolica ed essenziale si trovò in seria difficoltà di fronte a un'esistenza divenuta di colpo miserabile. Il tasso di mortalità diminuì ma non si arrestò mai del tutto: è vero che senza pc portatili e smartphone Pacman non riusciva a raggiungere i superstiti ma questo non voleva dire che non ci riuscissero la fame, il freddo o il caldo, oppure, i contrasti territoriali che nacquero come logica conseguenza dell'aver occupato così in massa zone già abitate. In Medio Oriente e in Africa i signori della guerra, con la placida connivenza di quello che rimaneva dei governi mondiali, sfruttarono tali attriti per guadagnare grosse somme con il contrabbando di armi. Non era difficile trovare un ex dirigente disposto a privarsi di qualunque cosa possedesse pur di avere un'arma con cui difendersi. Le rotte che portavano dalle zone infette a quelle sicure finirono in poco tempo in mano a contrabbandieri di uomini che diventarono molto ricchi selezionando crudelmente gli eletti da trasportare tra chi possedeva più denaro, con il risultato che molte persone non abbienti si infettarono e morirono aspettando il passaggio verso la salvezza. Il sistema dei poteri mondiali si ribaltò: sceicchi arabi e comandanti di eserciti africani divennero i padroni del mondo. Detenevano la supremazia militare, controllavano i grandi capitali finanziari e dettavano legge in tutto il pianeta. Per contro, nei piccoli villaggi del Niger e del Congo intere famiglia di africani, il cui bene più prezioso era la brocca d'acqua conservata gelosamente in casa, si affannavano per aiutare quanti più profughi possibile; nelle favelas brasiliane e argentine quelli che un tempo erano considerati poveri senza speranza sembravano facoltosi benefattori a chi aveva lasciato tutto a tanti chilometri di distanza; i quasi sconosciuti Aborigeni australiani trasmettevano la cultura dell'essenziale a centinaia di persone rendendole autonome per vivere nelle regioni desertiche dell'Australia centrale.

Alla fine del 2013 sulla Terra rimanevano appena 1 miliardo di abitanti, rintanati nelle regioni più amene del pianeta, impegnate ad imparare come vivere senza il progresso tecnologico, prigioniere di un nuovo medioevo della loro storia in cui chi possedeva le armi e i soldi comandava  su tutto e su tutti.

 

Circa otto secoli prima, approssimativamente agli inizi del 1200 (anno terrestre) su Mintaka, la terza stella della Cintura di Orione, a più di 800 anni luce dalla Terra, una famigliola attraversava l'autostrada che collegava le due città più grandi di quel sistema. Sistemato a dovere sul seggiolino nel sedile posteriore della vettura, il piccolo Oin piagnucolava senza sosta innervosendo il padre alla guida.

<Olga> disse ad un certo punto Gil, esasperato <potresti calmare il piccolo. Non vorrei sbagliare svincolo questa volta>
<E' agitato, Gil. Sai che ha paura dell'autostrada. Magari se gli do qualcosa con cui distrarsi si calma> rispose Olga e cominciò a ravanare rumorosamente nell'universo infinito di cose che solo una borsa femminile può essere. <Ecco> esclamò trionfante dopo qualche attimo <ho trovato una cosuccia per il mio tesorino> e passò al figlio una palla di vetro un po' più grossa di una palla da tennis terrestre.

L'oggetto dovette essere parecchio gradito al piccolo Oin visto che si zittì di colpo e prese ad agitarlo per bene divertendosi.

<Che gli hai dato?>chiese Gil

< Oh, solo un gadget che mi ha regalato un rappresentante l'altra settimana>

Gil parve soddisfatto della risposta ma poi riattaccò < Ma chi? Il capellone con la camicia da notte e i sandali?>

< Si, proprio lui> rispose la moglie < poverino, faceva una puzza di alcool tremenda. Gli ho dato qualche monetina per mangiare. Speriamo non abbia speso tutto per ubriacarsi>.

< Tu sei troppo tenera> la apostrofò Gil <Aprire la porta a un barbone puzzolente che dice di essere  il figlio di non so che dio...di essere venuto per salvarci facendosi uccidere..Cos'è quella cosa che ti ha dato? Non sarà mica pericolosa?>

Olga parve offesa dal rimprovero ma si riprese ben presto.

< Macché. Mi ha spiegato che è un congegno che ha costruito lui per aiutare gli abitanti di un pianeta in cui aveva vissuto tempo fa. Pare che gli abbiano creduto e lo abbiano ucciso. Allora il padre dio si adirò moltissimo e voleva sterminarli tutti ma lui lo convinse a non farlo promettendogli che ci avrebbe pensato lui>

Gil non sembrava convinto della storia così Olga continuò a raccontare.

< Ha costruito questo aggeggio...Invertitore della storia lo ha chiamato e mi ha detto che funziona come i souvenir con la neve finta dentro....Sai...Quelli che se li capovolgi la neve ricopre la miniatura del monumento>

< Quelle cose che trovi negli autogrill?>

< Anche. Pare che questo invertitore, se agitato, inverta il corso degli eventi, tipo cambiare il risultato delle guerre, delle elezioni politiche...Insomma cose di questo genere. Può cambiare completamente il mondo per cui è stato impostato. Me lo ha regalato perché suo padre alla fine non ha voluto più vendicarsi e quindi non gli serviva più. Invece di vendicarsi, mi ha detto lui, lo ha spedito in giro per l'universo a evangelizzare ha detto... Cosa vorrà dire poi...chi lo sa?>

Gil era divertito.

< Evangelizzare...Vorrà dire vendere qualcosa. D'altra parte chi suonerebbe al campanello di una onesta famiglia mintakiana la domenica mattina presto se non un venditore ambulante?>

All'improvviso Oin scoppiò in una fragorosa risata bambinesca e cominciò a canticchiare < Pacman...Pacman...Pacman...>. 


E per questa esperienza è davvero tutto, gente. Buona vita

Commenti

  1. Come ti ho scritto altrove...racconto scritto benissimo, ma terribilmente angosciante!

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    1. Doveva essere un periodo in cui avevo poca fiducia nell’umanità. E sicuramente gli scritto di P.K. Dick hanno fatto il resto sulla mia formazione letteraria.

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  2. Finalmente ho avuto un po' di tempo per leggere questo tuo quarto racconto estivo. Molto bello, che un po', per quanto riguarda il finale, mi ricorda un romanzo del mio amato King. ;)

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    1. Potrei dirtelo, ma se un giorno avessi intenzione di leggere quel libro, sarebbe uno spoiler clamoroso :D

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    2. Allora spero non sia quello che ho intenzione di leggere da tantissimo tempo.

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  3. Raccontino adatto al periodo pandemico.. ha ispirato anche a me roba agghiacciante... anche pensavamo di averla scampata.. 😉

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    1. Scritto in un periodo pre-pandemico quindi sono stato profetico oppure ho solo avuto culo

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