La partita: non è solo calcio ... purtroppo

 


Un film tagliente

 

Maggio 2002, periferia di Roma. Lo Sporting Roma sta affrontando la partita che assegnerà il titolo di campione del torneo; sugli spalti tifosi e genitori incitano i ragazzi in campo mentre gli allenatori si sbracciano in panchina suggerendo strategie ai propri atleti. Dentro e fuori dal campo ci sono sogni, ambizioni e voglia di riscatto nei confronti di una vita che prende più di quello che dà. Antonio, giovane stella della squadra di casa, non sembra essere in giornata e nonostante la presenza del padre in tribuna e gli incitamenti – spesso poco educati – di mister Bulla non riesce proprio a entrare in un match che la sua squadra sta perdendo male.


L’Italia è una Repubblica fondata sul pallone. Con questo incipit il radiocronista Riccardo Cucchi iniziò un famoso monologo per spiegare la presenza capillare del calcio nella cultura del nostro Paese e il regista esordiente de La Partita, Francesco Carnesecchi, si serve proprio di questo monologo, che viene trasmesso per radio per darci la misura di questa presenza. Il calcio in Italia è un must: migliaia di scuole calcio che sfornano ogni anno centinaia di aspiranti giocatori di serie A; si potrebbero organizzare decine di campionati di Serie A e invece c’è n’è solo uno e per un ragazzo che ce la fa, altri dieci rimangono indietro e consumano le loro scarpe e le loro ambizioni su campi di terra, come quello dello Sporting Roma, dove non mancano gli scontri duri, le scorrettezze e le risse.



La Partita è un lungo flusso di coscienza che racconta non solo l'evento in sé ma anche tutto quello che ruota intorno ad esso. Antonio (Gabriele Fiore) guarda il padre che assiste al match e ricorda le parole che gli ha detto la sera prima, il mister Giulio Bulla (Francesco Pannofino) spera di vincere quella maledetta coppa almeno una volta in carriera, Italo (Alberto Di Stasio) – il proprietario dell’impianto sportivo e della squadra – segue con grande apprensione un match da cui dipende il suo futuro. Su tutto si alza il polverone sollevato dalle squadre in campo, l’aria si riempie delle urla e delle imprecazioni che vengono dagli spalti e mentre c’è chi pensa a come fare un dribbling, a come pagare l’affitto o a cosa ne sarà di lui il giorno dopo quel pezzo di cuoio continua a rotolare. E non deve fermarsi.


Francesco Carnesecchi
– al suo esordio dietro la macchina da presa – ci ha regalato un film affilato come un rasoio che fa a brandelli la patina brillante che ricopre tutto quando si parla di calcio e ci mostra una realtà di periferia dove l’evento sportivo è quasi un surrogato di un incontro di lotta libera senza regole. Vincere ad ogni costo, massacrare l’avversario facendogli male, alzare una coppa in faccia. In pratica, tutto l’opposto degli ideali positivi che tanti si sforzano di produrre per abbellire quel carrozzone che si chiama Calcio e che raccoglie non solo tifosi ma anche – purtroppo- tutti gli outsider della vita che associano al risultato sportivo la loro vendetta sulla società.

Diversamente da quello che si possa pensare, La partita non è un film sul calcio e non parla di calcio ma usa una partita di calcio come pretesto per raccontare un insieme di realtà il cui compimento, però, dipende da quante volte quel pezzo di cui entra in porta e dalla porta in cui entra.

 

E per ora è tutto gente, buona vita.

 

Commenti

  1. Allora anzitutto già la scelta di puntare sul monologo di Cucchi è una scelta vincente..grandissimo giornalista, grandissima persona, di una cultura sterminata, pacato e sempre gentile. E' un film che magari non propone nulla di nuovo (a partire dalla metafora calcio = vita), ma mi interessa molto, poi c'è il buon Pannofino, e anche DI Stasio, entrambi visti e apprezzati in Boris!

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    1. Esatto! Io sono stato attirato proprio dalla presenza di Pannofino e Di Stasio. Un film onesto, tutto sommato che dimostra il fatto che ad analizzare i punti ciechi della nostra società siamo bravi.

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    2. L'ho visto ieri sera su Rai 4...
      Per me film mediocre, stereotipato e con una recitazione ai minimi storici. Devo dire che ho rivalutato pienamente l'allenatore nel pallone 2, che forse non era così privo di acutezza nel raccontare la storia dell'imprenditore russo truffaldino..
      Qui solita storia: droga scopate scommesse..il calcio è sporco, ma qui si è passati di là..andando avanti per i soliti stereotipi :D
      Carina l'idea invece di inserire il ragazzino calciatore nella narrazione da adulto (capisci solo alla fine che il giovane con la fidanzata è il ragazzino calciatore cresciuto). In effetti il mestiere c'è, da parte del regista..

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    3. Bene, si direbbe che ti sia piaciuto

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