Socchiudete quella porta!!
Ispirata all’immenso romanzo L’incubo di Hill House (in
originale La casa degli invasati) scritto da Shirley Jackson nel 1959, la serie
The Haunting of Hill House ha ricevuto un testimone pesantissimo insieme a una
grandissima responsabilità visto che il romanzo della Jackson è considerato un
capolavoro assoluto nel mondo del romanzo gotico/horror. E io sono uno di
quelli che la pensa proprio in questo modo insieme a Stephen King.
Sono in buona compagnia.
La serie è stata un grande successo su Netflix e basta
vederne appena un paio di puntate per capire come l’ispirazione di un grande
classico può trasformarsi in una sceneggiatura ispirata dove i temi
dell’infestazione di fantasmi e i fantasmi stessi non sono usati alla solita
maniera - per impaurire lo spettatore - ma piuttosto sono inseriti in uno
schema narrativo che parte da un presupposto fondamentale: fino a prova
contraria (e scientifica) siamo noi esseri umani a creare i fantasmi nella
nostra mente. E siccome le esperienze personali e paranormali non si possono
condividere con gli altri se non attraverso il racconto ecco che proprio attraverso
il racconto dei fatti si può risalire all’origine del problema.
In presenza di forte stress emotivo, quando la nostra mente
attinge al pozzo oscuro in cui seppelliamo paure, preoccupazioni e traumi
repressi, diamo vita a qualcosa che da quel pozzo trae nutrimento e più
tentiamo di razionalizzare questa creatura più questa diventa potente e
realistica. Un po’ la cosa che succede nel fumetto di Samuel Stern con i demoni
creati da un forte trauma.
Al centro di tutto c’è la residenza di Hill House
all’interno della quale i protagonisti del romanzo e della serie vivono un
fortissimo trauma, ma mentre nel primo è la presenza di una sensitiva al
paranormale a scatenare il tutto, nella serie le cose sono più complicate e
interessanti. La famiglia Crain vive a Hill House, un’enorme casa in mezzo a un
parco: si tratta di una casa molto vecchia e costruita in gran parte in legno,
ha tantissime stanze e moltissimi segreti da scoprire. Praticamente un parco
giochi per i cinque figli dei coniugi Crain anche se la vita non è che scorra
proprio tranquilla a causa di qualche brutto sogno durante le lunghe notti.
Mediante il poco originale ma efficacissimo meccanismo del
flashback, la serie racconta in primo luogo le vite dei cinque ragazzi sulle
quali sembra aleggiare lo spettro (non un parola usata a caso) di un qualche
evento terribile accaduto nel loro passato, proprio durante il soggiorno a Hill
House. Si alternano scene ambientate nel presente, dove i ragazzi sono ormai
degli adulti che affrontano le vite che si sono costruiti, con scene ambientate
in momenti passati sia all’interno della casa che in luoghi e momenti
importanti per dipanare la matassa degli eventi che condiziona le loro vite.
Puntata dopo puntata (in realtà sono 10 in tutto) scopriremo qualcosa in più di
ognuno di loro ma anche del terribile evento che ha dato il via al tutto.
Il creatore e regista di The Haunting Of Hill House, Mike
Flanagan, ha fatto un lavoro egregio su tutti e due i fronti, però l’aspetto
che mi ha convinto di più è stata la gestione del soggetto della Jackson. La
trama della serie riprende il senso che la scrittrice ha dato all’elemento
paranormale e lo riporta in immagini arricchendolo con alcuni accorgimenti che
suscitano sicuramente paura: la netta differenza, però, tra le sensazioni che
proviamo nel vedere le scene con i Crain adulti e quelle ambientate a Hill
House sono il tocco ispirato che rende la serie veramente interessante e
fresca. Mentre guardiamo i piccoli Crain che esplorano la casa e il giardino,
che esprimono le criticità delle loro età siamo consapevoli che l’atmosfera è
pesante, che qualcosa è lì per lì per succedere; quando invece li seguiamo da
grandi la sensazione è che quel qualcosa sia già successo. Ma il bello è che
può risuccedere.
E’ il tema della porta aperta a metà. Se lasci una porta
aperta a metà e si sente un rumore provenire dalla stanza al di là di essa
allora la tua mente comincerà ad attingere al pozzo e in men che non si dica ti
ritrovi con i peli ritti a pensare a chissà quale entità si nasconda dietro la
porta. In questo, The Haunting Of Hill House, riesce benissimo.
In ultimo una cosa che pochi forse potranno notare ma che mi
sento di riportare. Tranquilli, però, non è uno spoiler della trama.
Ad un certo punto viene citato James Randi, un divulgatore
scientifico e illusionista che ha dedicato tutta la sua vita professionale ad
indagare misteri all’insegna dello scetticismo e dell’applicazione del metodo
scientifico. Mi piaceva riportare la citazione poiché Randi è scomparso da
pochi giorni e si tratta di una personalità che bisognerebbe conoscessimo un po’
tutti.
Dunque, The Haunting Of Hill House si merita un
assolutamente si nella mia classifica personale delle serie TV di carattere horror.
Se siete veramente coraggiosi e se avete visto la serie allora vi consiglio ti andarvi a leggere una storia vera che somiglia molto a quella raccontata dalla serie. Vera nel senso che ne hanno parlato i giornali. Segui QUESTO LINK a tuo rischio.
E per ora è tutto gente, buona vita.
Ecco questa è un'operazione interessante.
RispondiEliminaD'altro canto come Ash vs Evil Dead: la serie tv può essere un buon prolungamento di un film o, in generale, buon prolungamento di uno schema narrativo.
Il genere delle case infestate in sostanza al cinema è finito (come sarebbe stato assurdo un Evil Dead 4), ma al contrario può essere spunto per un'ottima serie.
Appunto. Se riesci a trattare il tema da un punto di vista originale e lo fai bene allora rendi anche omaggio all’opera di partenza
EliminaPensa, citerò di striscio Gli invasati nel mio post di domani.
RispondiEliminaAmo sia quel film, sia il suo leccatino remake Haunting - Presenze.
Sapevo di questa serie (poi mi leggo anche il link inglese) e non immaginavo avesse rivisto così tanto la storia.
Insomma, sicuramente azzeccato il fatto di raccontare passato ragazziniano e presente adulto (IT docet) potrebbe essere interessante^^
Moz-
Allora verró a leggere, ma non di striscio
EliminaMi è piaciuta, anche se devo dire che la seconda parte mi ha lasciato un po' così. I primi 5/6 episodi sono stati pazzeschi... poi non so, per me perde molto nella parte finale, andando sul banale. Ma ovviamente si parla di gusti personali.
RispondiEliminaComunque Mike Flanagan è un gran bel regista. Ho apprezzato molto anche i suoi film (soprattutto Somnia). Ed è uno dei pochi che è riuscito a rendere delle storie di Stephen King dei film guardabili; anzi, direi anche discreti :D
Vero, diamo questo onore a Flanagan.
EliminaFlanangan per me è il nuovo Frank Darabont. Bravissimo e bravo nel suo genere.
RispondiEliminaSi, siamo proprio li.
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