LA REGINA DEGLI SCACCHI: TRA GIOCO E MENTALISMO

 


Chi ha bisogno di una seconda stagione?

 

Ho trascorso gran parte dell’estate del 1999 in un centro estivo in Toscana approfittando di un programma per i figli dei dipendenti dell’azienda per cui lavorava mio padre. Avevo quindici anni e il soggiorno fra le colline toscane lo ricordo per tre motivi in particolare: ho praticato per la prima volta uno sport che non fosse il calcio (il tennis e con scarsissimi risultati), ho perso la voce per la prima volta nella mia vita e ho imparato a giocare a scacchi (battendo il maestro del corso per poi essere eliminato al primo turno).

Negli anni successivi mi è capitato raramente di giocare a scacchi, più che altro per la difficoltà di trovare qualcuno che volesse giocarci con me, ma ricordo con piacere quei venti giorni estivi trascorsi a imparare come creare divertimento grazie a una tavoletta quadrettata.

Il fatto è che il quelle 64 caselle e con quei 32 pezzi ne vengono fuori di storie da raccontare. In quel quadrato c’è un mondo ma non è da tutti riuscire a vederlo se non a prezzo di estrema pazienza e costante dedizione.

Quando giochi a scacchi, inoltre, il tuo vero avversario sei tu stesso ed ecco perché ho sempre considerato il gioco degli scacchi, fra le altre cose, un esercizio di mentalismo.

E questo è il motivo per cui mi è piaciuta molto la serie TV La regina degli scacchi.

La regina degli scacchi è una serie TV del 2020 ideata e diretta da Scott Frank con protagonisti Anya Taylor-Joy, Harry Melling e Thomas Brodie-Sangster basata sull’omonimo romanzo di Walter Tevis, uno scrittore che per me è sinonimo di garanzia avendo scritto due dei miei romanzi preferiti di fantascienza (L’uomo che cadde sulla Terra e Solo il mimo canta al limitare del bosco).

Il gambetto di donna, una delle aperture più famose del gioco che è anche il titolo originale della serie


La serie racconta la storia di Beth Harmon, un’orfana che impara a giocare a scacchi grazie al burbero e laconico custode dell’istituto in cui passa l’infanzia. A soli 10 anni Beth si dimostra essere un prodigio tanto da attirare un’attenzione sempre crescente intorno a sé e ad arrivare a competere ad alto livello in appena un decennio: a poco più di vent’anni la giovane si troverà a giocare contro i migliori giocatori nazionali e internazionali. Parallela alla storyline dedicata al successo negli scacchi, la serie affronta le complicate vicende della vita di Beth a cominciare dal rapporto con il padre assente e con la madre mentalmente disturbata, continuando con la vita in collegio e la nascita della dipendenza da tranquillanti fino ad arrivare al sodalizio affettuoso con la madre adottiva e al baratro della dipendenza dagli alcolici.



La regina degli scacchi è la storia di una profonda solitudine che non riesce ad essere mitigata da una mente brillante. Beth è fenomenale davanti a una scacchiera, ma totalmente impreparata a gestire le emozioni o anche solo a farle affiorare in superficie; la sua attenzione è totalmente assorbita dall’obiettivo di vincere contro qualsiasi avversario le si ponga davanti anche se nel farlo stravolge la sua adolescenza e la sua gioventù accostandosi alle esperienze della vita più per caso (e in alcuni passaggi sembra siano solo una noiosa incombenza) che per interesse.



La forza di questa serie è nel riuscire a raccontare una storia complessa, piena di passaggi significativi e metafore tra gli scacchi e la vita, in modo da aggirare le banalità e i cliché tipici dei prodotti odierni. La protagonista è una giovane donna in un ambiente maschile però il tema del femminismo è solo sfiorato e non si prende mai la scena così come lo spazio che viene dedicato alla componente romantica è quello opportuno e infine anche se il messaggio sottointeso nell’epilogo è largamente già visto ed è facilmente prevedibile, il modo in cui viene messo in scena riesce ad essere efficace senza distogliere l’attenzione dalla storia principale.

Altro punto a favore è l’interpretazione di Anya Taylor-Joy. L’attrice californiana, classe 1996, ha già all’attivo interpretazioni convincenti sia sul piccolo schermo (Peaky Blinders) che sul grande schermo (Split, Glass, The New Mutants, The Witch di cui vi ho parlato QUI) e con La regina degli scacchi dimostra ancora una volta di essere un’attrice in grado di recitare anche a bocca chiusa. E non è cosa da poco.



A completare il cast, quantomeno nei personaggi principali, ci sono Harry Melling (il Dudley della serie Harry Potter) che già avevo apprezzato in Le strade del male (QUI il post) nei panni del decaduto campione regionale Harry Beltik e Thomas Brodie-Sangster (già visto nei panni di Jojen Reed ne Il trono di spade) che invece interpreta il campione americano in carica Benny Watts.

Anche se – com’è facile supporre – il personaggio di Beth Harmon sia frutto dell’immaginazione di Walter Tevis, in realtà la genesi del personaggio nasce da fatti reali. In primo luogo, tempo addietro lo stesso Tevis aveva detto di essersi ispirato alle donne di straordinaria intelligenza che aveva conosciuto nella sua vita per “costruire” la Beth del romanzo e anche la dipendenza da farmaci affonda le radici nella vita provata dell’autore il quale era affetto da un problema cardiaco che lo costringeva ad assumere dosi frequenti di un farmaco. Inoltre, la parabola scacchistica di Beth – secondo il New York Times - assomiglia a quella del giovane giocatore Bobby Fischer che tra il 1957 e il 1972 si distinse vincendo un campionato statunitense e uno mondiale. Noto per essere estremamente solitario e asociale, Fischer imparò il russo da autodidatta per studiare le partite dei grandi campioni sovietici e aveva una fissazione per gli abiti su misura. QUI l’articolo completo se volete approfondire.

In conclusione, La regina degli scacchi è una gran bella serie, un altro colpo da maestro di Netflix, che si basa su una storia avvincente e metaforica senza essere mai banale o stereotipata, con grandi interpretazioni e costumi eccezionali. Inoltre, dimostra come un semplice gioco come quello degli scacchi può diventare l’occasione di imparare a muovere la mente in modo nuovo.

Cosa che sostengo da tempo e che ho detto anche QUI ben prima di vedere questa splendida serie.


E per ora è tutto gente, buona vita.

P.S. Credo che la grandezza di questa serie non abbia bisogno di una seconda stagione.

Commenti

  1. Ne parlate tutti molto bene, deve essere sicuramente una serie che colpisce.
    Amo quando ci sono personaggi così forti e complessi.
    L'attrice l'ho apprezzata anche io in The Witch mentre le altre opere per me sarebbero da dimenticare XD
    Però è espressiva, o meglio, immagino che sappia rendere pienamente quel che racconti.
    Unica cosa, a me gli scacchi mai piaciuti... E belli i tuoi ricordi estivi^^

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Semmai si tornerà a proiettare i film al cinema non mi stupirei di vedere questa ragazza in lizza per una statuetta. Secondo me dà parecchi punti ad attrici più famose.

      Eh, le estati di vent’anni fa...

      Elimina

Posta un commento