His House: esordio da urlo...

 


...nel vero senso della parola


Ho scoperto che per riavvicinarmi all’horror mi ci volevano dei film ispirati ben diversi dalla media dei film horror in circolazione dove si esagera coi jump-scare e ci si scorda dell’originalità. Se parliamo di originalità mi viene da riflettere sul fatto che il film di cui andremo a parlare declina per l’ennesima volta un tema tanto caro alla cultura horror: la casa infestata. Stavolta, però, l’originalità risiede nel contesto in cui viene inserita l’intera storia, un contesto che già di per sé è particolarmente agghiacciante anche senza l’elemento sovrannaturale.

Siccome mi vanto di pagare sempre i miei debiti vi dico subito che ho deciso di guardare His House grazie alla recensione di Guido di Isola Ideale, QUI, senza la lettura della quale forse mi sarei dimenticato chissà per quanto di questo film. Grazie Guido.

E veniamo al film.

His House è un film del 2020 di produzione anglo-americana scritto e diretto da Remi Weekes alla sua prima prova dietro la macchina da presa. E che prova! Lo trovate su Netflix e vi consiglio di vederlo perché offre degli spunti di riflessione che non vi aspettereste da un horror.



Rial e Bol sono una coppia di migranti che, partiti dal Sudan, raggiunge l’Inghilterra a prezzo di immani sofferenze e cicatrici fisiche e psicologiche che non si rimarginano facilmente, semmai possano farlo. Accolti dai servizi britannici vengono trasferiti in un’abitazione nella periferia di una cittadina e i due, desiderosi di iniziare una nuova vita degna di questo nome iniziano ad ambientarsi. Purtroppo per loro, però, la casa sembra essere già abitata e non da una presenza molto pacifica. Mentre Bol decide di ignorare la cosa pensando che sia una conseguenza del terribile viaggio affrontato con la moglie, i cui particolari riaffiorano dolorosamente alla memoria, Rial si interessa alla presenza molesta e instaura una comunicazione credendo che si tratti di qualcosa che li ha seguiti dal Sudan.



Immigrazione e case infestate. Fantasmi che vivono nelle case e fantasmi che ci si porta dietro, nella mente, e che si materializzano per non dimenticare. His House è una storia che riesce a fondere elementi che sembrerebbero inconciliabili tra loro e che riesce ad avanzare in una ipotetica terra di nessuno dove traumi, sofferenze, aspirazioni e speranze si fondono insieme, dove le paure vengono alimentate dagli strascichi di credenze ancestrali e dove l’integrazione sembra qualcosa che debba essere conquistata al prezzo di grande impegno in mezzo all’indifferenza quando ti va bene al disprezzo se ti va male.



Il film ha dei momenti di profonda riflessione che ti portano a fare delle scelte. Personalmente non ho trovato particolarmente paurosa la componente horror ma piuttosto l’assenza della componente umana. Bol e Rial vengono accolti come se fossero di troppo, vengono riempiti di regole da rispettare e da non infrangere mai, nemmeno una volta sennò vengono rimandati indietro. Tutto quello che viene loro concesso viene percepito come una forzatura ed è grottesco che dopo la sofferenza che hanno patito in Sudan debbano essere trattati come dei reietti e debbano essere grati di avere una casa fatiscente in un quartiere dove potresti schiattare su un marciapiede senza che nessuno si prenda la briga di darti una mano. Questa cosa io l’ho trovata aberrante e terrificante, altro che fantasmi, spiriti e stregonerie.



Eppure il film si mantiene sempre centrato su Rial e Bol e la loro esperienza paranormale che i due vivranno, come vi dicevo, in modi diversi che convergeranno in un epilogo che a me è sembrato decisamente metaforico.

Sarà anche un horror ma His House riesce a raccontare le difficoltà dell’integrazione tra le culture.

E’ un film da vedere.

 

E per ora è tutto gente, buona vita.


Commenti

  1. A me non ha fatto tutta sta gran impressione.
    Però effettivamente in giro a tanti è piaciuto.
    Un difetto è definirlo horror , da quel punto di vista per me non è ne carne ne pesce.
    Comunque passo anche per augurarti Buon Natale a te e famiglia.
    Ciao

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  2. "Questa cosa io l’ho trovata aberrante e terrificante, altro che fantasmi, spiriti e stregonerie"
    Penso che sia il punto di forza del film: l'orrore vero lo incontriamo purtroppo tutti i giorni, basta aprire un giornale o ascoltare un telegiornale (non mi riferisco al Covid, ovviamente, ma alla violenza e alla rabbia che muovono tante, troppe persone).
    Bella recensione anche la tua Mick (avevo già letto quella del mitico Guido). Aggiungo che anche io sono stanco di horror poco originali (quelli con i jumpscare manco li considero..ahah).

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    1. È scioccante il modo in cui hanno messo in scena la parte relativa all’accoglienza. Secondo me la cosa più terrificante della storia.

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  3. E probabilmente l'horror è proprio qui, nella disumanità che mette in scena.
    Io ancora non lo vedo, ma avevo già capito che fosse sulla scia dei film più impegnati (almeno come concetto, pur semplicistico) degli anni '70...^^

    Moz-

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    1. C’è del coraggio in questo film, magari non tutto è riuscito perfettamente ma si vede un’idea critica sulla nostra società. La tematica horror infine è solo il pretesto narrativo

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  4. Non ho Netflix e non potrò vederlo, volevo solo augurare un felice Natale a te e famiglia!
    Buone feste!

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  5. Non conosco il fim ma passo per augurarti buon natale a te e alla tua famiglia.
    Eliana

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  6. Mi fa piacere che ti sia piaciuto! E quando scrivi "Personalmente non ho trovato particolarmente paurosa la componente horror ma piuttosto l’assenza della componente umana", mi trovi perfettamente d'accordo. In questo film, come hai ben scritto tu, è proprio il contesto a renderlo particolare e interessante, e non il solito film Horror a cui siamo abituati.

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