[MISTERI] I DELITTI DEL MOSTRO DI FIRENZE - PARTE 2 -

 




I COMPAGNI DI MERENDE

 

LEGGI LA PRIMA PARTE QUI

Il 13 Febbraio del 1996 Pietro Pacciani, il contadino di Mercatale dal passato violento e già condannato per omicidio e maltrattamenti, viene assolto dall’accusa di aver assassinato 14 persone tra il 1974 e il 1985. L’impianto accusatorio messo in piedi in occasione del primo processo viene fatto a pezzi dalla difesa: troppe prove indiziarie e non definitive, troppe coincidenze che non sono diventate prove, la smania di giustizialismo degli inquirenti che volevano riscattare mesi di errori e un pubblico ministero che aveva presentato Pacciani come il perfetto colpevole non bastano per farne un vero colpevole.

Pietro Pacciani non è il mostro di Firenze? E allora chi è?


Nel dicembre dello stesso anno, però, la Cassazione annulla l’assoluzione e determina che il processo deve essere celebrato nuovamente alla luce di nuovi dettagli emersi dopo che le carte sono state studiate dal capo della squadra mobile di Firenze Michele Giuttari, nuove prove ma anche nuovi testimoni che non potevano essere ascoltati nel primo processo perché era in fase di chiusura quando si sono palesati.



Giuttari scopre che alcuni testimoni oculari riferiscono la presenza di auto nelle scene dei delitti e si convince che Pacciani potrebbe non aver agito da solo così condivide le sue idee con il procuratore Vigna (che dirige tutto l’impianto accusatorio) e le indagini portano a tre personaggi nella cerchia del contadino: Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Fernando Pucci. Conosciuti in paese per la scarsa intelligenza e il carattere fumantino, questi tre personaggi insieme al Pacciani sono gli assassini delle 14 vittime secondo gli inquirenti e così nel 1997 inizia il secondo processo per i delitti del mostro di Firenze, il processo ai tristemente noti compagni di merende.



Pietro Vanni viene arrestato nello stesso periodo in cui Pacciani viene assolto, e convocato in aula risponde in modo meccanico alla prima domanda rivoltagli facendo intendere che qualcuno lo avesse indottrinato su come rispondere agli avvocati. Incalzato sempre più aspramente dal PM Canessa, si inviperisce e matura poi negli interrogatori successivi un’atteggiamento sempre più aggressivo nei confronti degli avvocati dell’accusa e dei giudici tanto che sarà lo stesso suo difensore, l’avvocato Filastò, a dichiarare che per gran parte del dibattimento il suo assistito dormiva e quando non dormiva lanciava improperi all’indirizzo del giudice o del PM. L’avventura di Vanni in aula finisce con l’augurio di un malaccio incurabile all’indirizzo di Canessa e un’invocazione al duce e al fascismo. Espulso dall’aula: non ci metterà più piede.

Se Pacciani era stato il one man show del primo processo, nessuno poteva immaginare con quale diabolico scherzo del caso sarebbe uscito di scena ora che i suoi amici stanno facendo a pezzi l’immagine dell’agnelluccio che egli stesso si era cucito addosso. Il 22 Febbraio del 1998 Pietro Pacciani viene trovato morto nella casa in cui viveva da solo dopo essere stato lasciato dalla moglie. Il cadavere viene rinvenuto con i pantaloni abbassati e dall’esame tossicologico il medico legale rileva nel suo sangue una cospicua dose di un farmaco per lui fortemente controindicato. Nessun farmacista del paese afferma di averglielo venduto, nessun medico può averglielo prescritto in buona fede. Un mistero nel mistero.



Ma ad un colpo di scena ne segue subito un altro.

Durante il processo vengono ascoltati a turno sia Lotti che Pucci e il teatrino che mettono in piedi è una roba da matti: si smentiscono a vicenda, smentiscono anche se stessi e le testimonianze che hanno reso alla polizia, rispondono male, se rispondono, ma per la maggior parte alle domande della pubblica accusa bofonchiano frasi senza senso alternate a risolini di nervosismo. Un processo che non sembra andare da nessuna parte, insomma, se non a portare alla luce una realtà drammatica e agghiacciante, una realtà in cui vige un’omertà assoluta accompagnata da un senso della ripicca secondo solo alla sfiducia nelle istituzioni. Canessa incalza cercando di venire a capo di qualcosa ma il suo modo di fare tende chiaramente a portare alla luce quanto di socialmente inaccettabile ci sia nella vita dei compagni di merende: dalle zingarate per spiare le coppiette che amoreggiano alle frequenti visite a ben note prostitute della zona, a violenze perpetrate per il gusto di farlo a perversioni sessuali a base di falli di gomma.

Si delinea un quadro terrificante per gli eventi che riguardano la storia del mostro di Firenze.

C’è la realtà di un paesino dell’entroterra toscano in cui vivono persone semplici, brave persone, ma tra loro ci sono individui con grossi problemi cognitivi, violenti, perversi che se ne vanno in giro, preferibilmente di notte, a spiare le coppiette dopo aver passato i pomeriggi a sbevazzare insieme o con qualche prostituta. Poi, sempre con una leggerezza inquietante, il passatempo diventa aggredire, uccidere e mutilare quei ragazzi che prima si limitavano solo a spiare. Non sono pochi in paese a sapere che Pacciani è noto per essere un guardone e in una di queste escursioni, molto probabilmente si porta dietro Vanni e i due vengono sorpresi da Lotti e Pucci mentre uccidono una coppia e lì inizia l’orrore.

Ma c’è anche dell’altro. Altre prove che portano in una direzione anche più agghiacciante.



Dalle numerose perquisizioni a casa di Pacciani vengono riconsiderate delle prove indiziarie che lì per lì erano state scartate. Pacciani sembrava essere particolarmente interessato alla magia nera e nelle carte che vengono trovate a casa sua emerge questo tratto ossessivo. Inoltre, Lotti, interrogato in merito, dice che c’era un dottore che acquistava regolarmente i macabri trofei che il contadino assassino recuperava dalle scene dei delitti: a riprova di questa ipotesi ci sono i conti di Vanni e Pacciani che hanno un saldo incongruente con l’attività lavorativa che i due conducevano.

Pacciani potrebbe confermare, ma è morto così come muoiono in circostanze particolari e con un perfetto tempismo altri personaggi coinvolti in questa teoria. Si apre la pista dei mandanti o della setta esoterica ma le prove non sono sufficienti a mantenere le indagini su questa direzione.



Alla fine del processo Pietro Vanni viene condannato al carcere a vita, Giancarlo Lotti a trent’anni mentre Fernando Pucci decide di collaborare ed evita il carcere: il processo per i delitti del mostro di Firenze finisce così il 24 marzo del 1998 mettendo la parola fine a un periodo nero della storia italiana ma senza rispondere ai tanti interrogativi che l’atteggiamento dei compagni di merende e la quantità di prove raccolte avevano fatto sorgere. E’ un processo che si chiude senza aver trovato l’arma del delitto, la pistola che spara proiettili calibro 22 che dal 1968 al 1985 aveva causato la morte di sedici persone, persona la cui memoria avrebbe meritato indagini più approfondite e risposte più chiare.

Torniamo un attimo al 22 gennaio del 1996. Poco prima del processo a Pietro Pacciani. Lui sta aspettando l’inizio del procedimento in prigione, ma una sera la moglie Angiolina sente che bussano alla porta, apre e sulla soglia – dichiara – c’era una donna che la convince a farla entrare. Quello che è successo dopo è la ricostruzione della polizia: la donna droga in qualche modo Angiolina e quindi rovista indisturbata per ore in casa di Pacciani. Ma per cercare cosa? Forse una pistola che è coinvolta in un omicidio passionale (quello del 1968 in cui furono uccisi Antonio Lo Bianco e Barbara Locci ad opera di Stefano Mele, marito di quest’ultima) e poi in una serie di omicidi dieci anni dopo? Una pistola che spara proiettili calibro 22?

Misteri, dubbi, incongruenze. Il caso del mostro di Firenze è lo specchio di un Italia che si accontenta, che cede al giustizialismo e che non vuole guardare sotto al tappeto perché quello che c’è fa molta paura.


Per approfondire

VIDEO: IL MOSTRO DI FIRENZE: Un processo italiano

LIBRO: Nuovi misteri d'Italia - Carlo Lucarelli - Einaudi, 2003



E per ora è tutto gente, buona vita.


Commenti

  1. Sei riuscito a ricostruire come meglio potevi i fatti del processo e non è una cosa facile perché ci sarebbe ancora tanto altro da dire ma ci vorrebbero due blog per quello. E niente, come hai già ampiamente anticipato, troppe cose non quadrano e troppe invece sono scontate eppure ancora prive di risposte. I protagonisti sono sicuramente i mostri ma è chiaro che dietro di loro ci fosse qualcuno. Ancora oggi ripenso alla violenta conclusioni delle indagini. La cosa più triste è che una delle pagine più tristi della cronaca italiana sia diventata una specie di interminabile siparietto teatrale: oggi infatti quel processo viene ricordato più come una barzelletta che per altro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il mistero sta tutto nel modo in cui si sono chiuse le indagini e nella decisione di lasciar perdere delle piste solo perché c'erano già dei colpevoli. Certo, il fatto che fossero i grulli del paese e che i loro comportamenti fossero socialmente borderline è stata una dinamica determinante però se emerge dell'altro e tu lo trascuri non stai facendo giustizia ma solo giustizialismo per far contento il popolino che se vede un mostro lo vuole punire solo perché tale è.
      Per fare un esempio letterario: è il dottor Frankenstein che ha la responsabilità delle azioni della creatura che ha messo al mondo.

      Grazie per i complimenti, sono contento che questa rubrica piaccia perché a me piace molto curarla.

      Elimina
    2. Mi aggiungo anche io ai complimenti. Anche Pakos ha riassunto tutto al meglio: "I protagonisti sono sicuramente i mostri ma è chiaro che dietro di loro ci fosse qualcuno". Una storia come questa ci deve ricordare che non si stava meglio prima, anzi...
      Troppe, troppe verità insabbiate, dai casi più clamorosi (la strage di piazza Fontana ad esempio) fino a questi fatti di cronaca...

      Elimina
    3. Sono tante le domande che sono rimaste senza risposta e credo che l'epilogo non sia assolutamente edificante né chiarificante. In pratica è un disastro giustizialista per coprire una società disastrosa in cui si condanna l'esecutore materiale di un crimine ma si lascai perdere il mandante. Credo che ci sarebbe stato ancora tanto da scoprire su questa vicenda.

      Elimina
    4. Sì Mick, assolutamente io quello intendevo: i misteri sono legati alle indagini e alla parte giudiziaria assolutamente. Comunque sono un grande appassionato di cronaca nera e non vedo l'ora di leggere altre cose perché spero che non ti fermerai qui.

      Elimina
    5. Ne ho altre in cantiere sulla cronaca italiana e no.

      Elimina
  2. Buongiorno Mick, perfetta chiusa, letto con interesse. Al riguardo tu che ne pensi? La donna che droga Angiolina a questo punto era al corrente della cosa? Pazzesco, non ricordavo come fosse finita.

    Anche nel caso di Avetrana (ricordi l'Italia incollata alla TV e le gite sul posto?), a un certo punto qualcuno tentò di imboccare Michele, personaggio già 😨 di suo....era evidente che stavano cercando di fargli confessare qualcosa perché erano a un punto morto.
    Spuntarono teorici, investigatori, molti seppur con titolo, a me non convincevano per niente!....(senza fare nomi).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, devo fare pubblica ammenda perché qualche fatto di cronaca coperto dal mistero c'è stato anche in tempi recenti...

      Elimina
    2. Ciao Lory, anche quelli che citi tu sono casi in cui viene alla luce una società di provincia che fa paura, abitata da cittadini che sopportano la presenza di personaggi fuori dagli schemi del comportamento canonico con uno stoicismo malato. Poi, quando queste persone si macchiano di crimini feroci tutti a dire: eh, l'avevamo detto che era una persona pericolosa...

      Elimina
  3. Mi unisco ai complimenti, non era facile venire a capo di una materia così ingarbugliata come quella delle verità processuali legate al Mostro di Firenze. Se vuoi la mia opinione spassionata: pur non essendo un complottista, penso che il gruppo dei "Compagni di Merende" potrebbe essere stato al massimo l'esecutore materiale dei delitti ma che le vere menti fossero altre, non parlo per forza delle piste esoteriche o del mai risolto caso di un certo medico umbro avvenito più o meno nello stesso periodo, ma di qualcuno che coordinasse le azioni di Pacciani & soci. Come hai ricostruito,quei quattro erano gli elementi devianti di una comunità già per conto suo fin troppo omertosa ed isolata e di sicuro non erano quegli agnellini che i loro difensori avevano provato a dipingere in un primo momento. Di Vanni ricordo sia le titubanze iniziali sia le successive invocazioni fasciste e l'idea che mi sono fatto è che sia stato fin troppo imboccato per farlo apparire insano di mente. Sia come sia la verità completa sulla vicenda ora come ora non la conosciamo e temo non la sapremo mai del tutto nemmeno in futuro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono convinto anch'io che quello che si sarebbe stato da scoprire ormai è stato insabbiato a dovere. A maggior ragione dopo tanti anni sarebbe impensabile che qualcuno riapra le indagini in un paese che non vuole fare i conti col suo passato.

      Elimina
  4. E vai!
    Complimenti davvero questi due articoli che hai dedicato alla vicenda del mostro mi son piaciuti veramente tanto.
    La descrizione dei contandini , del paese rurale omertoso ..na massa di ignoranti ( perché quello sono ) mi ha fatto tornare in mente un film vecchiotto ma che ho visto da poco .
    Calvaire ..dove un tizio si trova suo malgrado in un paesello isolato e viene in pratica sequestrato dai suoi abitanti.
    Una comunità rurale di contadini tutti maschi ignoranti che si muovono come fossero una unica entità collettiva..un solo animale.
    Vabbè per me i colpevoli li hanno trovati ..sapere la realtà, tutta la realtà sarà impossibile.
    Però non lo considero nonostante questo un caso irrisolto.
    Che ci siano altri responsabili
    Come neanche quello di Avetrana o quello di Yara Gambirasio , Annamaria Franzoni ecc...
    Okay continua così..:questi sono i reportage che mi piacciono.
    Complimenti ancora

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao MAX, sono molto contento che ti sia piaciuta questa serie di post. Per correttezza e per dovere di umiltà devono ammettere che non si tratta di un reportage ma solo di un mio pensiero sula vicenda maturato dopo aver letto un bel po' di materiale e visto qualche ora di filmati d'archivio. I reportage, quelli veri, si fanno intervistando le persone coinvolte e leggendo gli atti dei processi, due cose che, ahimè, sono fuori dalla mia portata.
      Però sono soddisfatto del risultato finale e dello scambio di commenti che ne sta nascendo.
      Niente niente mi toccherà centrare la rubrica su questo tipo di misteri??

      Elimina
  5. Anch'io ho letto con interesse, pur non essendo un appassionato di questo genere di inchieste. (Quindi il mio complimento conta doppio ^__^)
    Ho una domanda e perdona se è ingenua o sciocca, ma la mia "preparazione" in materia è scarsissima: è possibile che io abbia letto da qualche parte che le parti anatomiche prelevate dalle vittime presupponessero conoscenze mediche assolutamente impossibili per i buzzurri incriminati e condannati? E che quindi fosse letteralmente impossibile che fossero i buzzurri stessi a compiere gli omicidi?
    Ancora complimenti per gli articoli!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho appreso che i tagli degli interventi sulle vittime in quasi tutti i casi sono stati effettuati con grande perizia per cui si valutò l'ipotesi che fosse coinvolto qualche personaggio esperto di anatomia o con specifiche conoscenze mediche. Le prove raccolte sulle scene del crimine, però, precedenti a questa ipotesi e sicuramente inquinate dalla goffaggine di poliziotti e carabinieri non potevano confermare questa ipotesi. Inoltre il team di esperti profiler nella prima fase dell'inchiesta aveva stilato un rapporto in cui esponeva una dinamica per cui in questa tipologia di macabro feticismo l'assassino opera migliorando di volta in volta la tecnica mentre nei casi del mostro di Firenze sin da subito, o quasi, le asportazioni erano fatte a regola d'arte.

      La mia idea è che per fare un lavoro del genere con un semplice coltello ci vuole una grande abilità e nessuno dei quattro "amici" poteva essere in grado di essere così meticoloso. Però rimane un'idea perché non ci sono prove che la supportano.

      Grazie per i complimenti, mi fa piacere che questi post siano piaciuti così tanto.

      Elimina
  6. Certamente la pista che dietro ci fossero persone molto in alto regge, altrimenti non si spiega come mai questo caso risolto... col muso storto.
    Ok, gli assassini hanno pagato, ma appunto qualcosa è ancora nel mistero. E forse la giustizia poteva fare poco... secondo me questi compagni di merende hanno inizio per conto loro e poi sono stati presi nella rete esoterica.

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La tua teoria regge. Un gruppo di individui emarginati, violenti e con evidenti problemi cognitivi e relazionali. Iniziano a spiare le coppie, pretendono di più e si fanno prendere la mano. Poi possono anche essere stati avvicinati da qualche personaggio vicino a sette clandestine: pare che in Toscana ce ne fossero diverse. Roba da film horror

      Elimina

Posta un commento