[MISTERI] MOSTRO DI FIRENZE: IL LIVELLO SUPERIORE

 


ALTRI DUE CAPITOLI DELL’ENIGMA

 

Quando ho deciso di iniziare questa rubrica avevo intenzione di proporre e di condividere informazioni e pensieri sui casi più misteriosi su cui avevo fatto delle ricerche, letto libri e visionato materiale. Ho subito avuto un riscontro positivo da parte di tutti voi e così ho avuto conferma di aver avuto una buona idea. Non avevo messo in conto, però, che alcune storie non potevo chiuderle e confinarle in un post e che potevano tormentarmi per tanto tempo.

Non so se debba farmi controllare da uno psicologo bravo per questa cosa però alcune storie mi rimangono appiccicate addosso e più continuo a visionare materiale più le zone d’ombra mi fanno riflettere. La storia del mostro di Firenze che ho trattato qualche settimana fa è stata una delle più seguire della rubrica: sapevo che prima o poi sarei dovuto tornarci sopra, specie alla luce di sviluppi di cui sono venuto a conoscenza da poco, ed infatti eccoci qui a parlare dei depistaggi che hanno condizionato l’indagine sui sedici delitti del serial killer italiano e di una scia di delitti parallela che sembra aver ben poco di casuale.

Se arrivate sul blog solo adesso potete seguire la prima e la seconda parte di questo mistero italiano rispettivamente QUI e QUI



Per i delitti del mostro di Firenze, come avevamo già visto, sono stati giudicati colpevoli Pietro Pacciani e i famigerati compagni di merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Fernando Pucci, tutti oggi deceduti. Le procure congiunte di Perugia e Firenze hanno avuto non poche difficoltà a portare avanti un’indagine piena di controsensi e imperizia, in una prima fase, e di mancanza di razionalità nella seconda. Pacciani e i suoi amici erano sicuramente delle pessime persone, maniaci del sesso, violenti, non troppo intelligenti e chi più chi meno con precedenti anche piuttosto gravi. Ad esempio, Pacciani era stato in carcere per omicidio in gioventù e poi più avanti per aver ripetutamente abusato delle figlie e picchiato la moglie. Un gruppo di invisibili che si aggirava tra le zone di San Casciano, Vicchio e Firenze frequentando prostitute, spiando morbosamente le coppiette appartate e, secondo la ricostruzione dell’ultimo processo, da un certo momento in poi anche a commettere omicidi efferati con accanimento sui cadaveri.

Però, ci sono tante cose che non tornano dalla ricostruzione dei fatti. E’ indubbio che i quattro amici fossero delle persone pericolose da cui tenersi alla larga – lo dimostrano le testimonianze della gente del posto – ma il sospetto che dietro i delitti ci fosse anche qualcun altro non è solo una sensazione partorita dall’amore per la cospirazione ma anche una teoria investigativa che è stata portata avanti a processo finito e che si è arenata – al momento – nel novembre del 2020. Si tratta delle indagini sui depistaggi che vogliono portare alla luce il cosiddetto livello superiore, nascosto, nei fatti accaduti nella Toscana degli anni ’80 e '90.

In questa storia abbiamo due personaggi fondamentali: Francesco Narducci e Giampiero Vigilanti





Lago Trasimeno (Perugia), 13 ottobre 1985. Nelle acque del lago viene ripescato il cadavere di un uomo. Dagli effetti personali che ha addosso viene riconosciuto come Francesco Narducci, un giovane medico perugino di buona famiglia. Dopo una sommaria indagine legale sulle cause della morte – annegamento provocato da sincope, secondo il medico legale – la famiglia dispone il trasporto della salma per il funerale senza che sia condotta un’autopsia accurata.

Narducci nel 1982
Tutto, dal trattamento del cadavere all’organizzazione del trasporto, viene fatto in fretta e senza seguire le normali procedure. Nonostante i legami tra la figura di Narducci e le zone interessate dall’attività del mostro di Firenze, la morte di Narducci non viene correlata al caso almeno fino al 2001 quando il pubblico ministero Giuliano Mignini riapre il caso Narducci chiedendo una perizia tecnica: in base a uno studio delle angolazioni e della pavimentazione del pontile del lago su cui viene adagiato il cadavere, dalle foto diffuse dal quotidiano La Nazione, viene fuori che quell’uomo era più basso di Francesco Narducci e inoltre non corrispondono i connotati del volto né la struttura fisica. Convinto che ci sia stato uno scambio di cadavere, Mignini fa riesumare il corpo di Narducci sepolto nel cimitero di Perugia e dalla perizia è chiaro che lo scambio di cadavere c’è stato eccome. Di conseguenza vengono messe sotto inchiesta tutte le personalità e i responsabili militari coinvolti che non potevano non essere a conoscenza quantomeno di una procedura irregolare.

La cosa più interessante dell’autopsia al corpo di Narducci è il vestiario. Sotto i pantaloni, infatti, la salma indossa una specie di grembiule, un’indumento assente dalla perizia effettuata sul cadavere ripescato. Mignini ha le sue prove: Narducci è stato ucciso, ma il suo corpo è stato sostituito solo poco prima della sepoltura, al suo posto nel lago è stato buttato il corpo di una persona ignota e qualcuno ha coperto e sta continuando a coprire questa dinamica.

Si, ma chi era Francesco Narducci?

In una dei primi interrogatori di Pietro Pacciani, il contadino di Mercatale aveva chiesto a gran voce per quale motivo lui fosse indagato e il dottorino no. In molti credono che quel dottorino fosse proprio Narducci. In realtà, questa è ben più di una suggestione perché l’attività del dottore perugino nelle zone nei dintorni di Firenze è provata dalle dichiarazioni degli abitanti del luogo che lo riconoscono dalle foto, dalle confessioni delle prostitute della zona che lo conoscono molto bene e anche se il principale interlocutore di Narducci, il farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei, ha negato a oltranza di avere avuto contatti con lui fino alla conclusione del processo del 2008 che lo ha visto prosciolto con formula dubitativa, la teoria che porta a un collegamento tra i due e a un coinvolgimento nei delitti del mostro sembra essere solida. 

Francesco Calamandrei nel 2008


Calamandrei – secondo i testimoni – riceveva Narducci nella sua farmacia che si trovava attaccata al bar in cui si incontravano i compagni di merende e in cui forse pianificavano le loro avventure. Inoltre la sua presenza è confermata nella villa di Salvatore Indovino, un personaggio molto controverso della zona, in odore di massoneria e satanismo che organizzava rituali a base di magia nera e sesso.

A proposito di massoneria. Giuliano Mignini contatta un esperto del settore che spiega per filo e per segno la presenza del grembiule ritrovato indosso al cadavere di Narducci. Si tratta di un indumento rituale massonico utilizzato nelle cerimonie come simbolo di declassamento punitivo di chi lo indossava. E un indumento molto simile a questo grembiule era stato ritrovato nel 1998 sul cadavere di un altro personaggio importantissimo di questa vicenda: Pietro Pacciani.

Sempre più convinto dell’influenza del livello superiore sui fatti che circondano la verità sul mostro di Firenze, Mignini presenta il caso in tribunale nel 2007 e dopo 7 anni di lungaggini, rallentamenti e ricorsi in appello, nel 2014 cade in prescrizione il reato di occultamento di cadavere e l’inchiesta viene archiviata con l’accettazione della tesi di omicidio da parte di ignoti per Francesco Narducci.

C’è stato un momento in questa inchiesta in cui Mignini sul caso Narducci e il PM Michele Giuttari sul caso Calamandrei forse si sono avvicinati a un lembo della verità. Calamandrei potrebbe essere stato il mandante degli omicidi del mostro di Firenze poiché coinvolto in alcuni giri di magia nera che si svolgevano nelle ville di facoltosi ospiti nelle zone del cosiddetto triangolo della morte (da Perugia a San Casciano e Vicchio con Firenze nel mezzo). In questi incontri rituali Calamandrei avrebbe conosciuto Narducci con cui condivideva turpi passatempi e prostitute. In questa ricostruzione Pacciani e i compagni di merende sarebbero stati degli esecutori materiali che in cambio di denaro (come è stato trovato nei conti di Pacciani e Vanni) procuravano feticci di natura umana. Ma tutto questo non viene mai dimostrato perché a parte la condanna di Pacciani e gli amici, tutti gli altri imputati vengono assolti perché il fatto non sussiste. Siamo nel 2014.


Nel 2017 il caso del mostro di Firenze registra un altro capitolo. Una nuova ipotesi: Giampiero Vigilanti.

Vigilanti nel 2017


Giampiero Vigilanti è un personaggio che gli inquirenti conoscono molto bene. Accusato di violenza e omicidio (pare sia stato complice di Pacciani in un delitto) aveva come passatempo quello di spiare i maschi nei bagni pubblici. Ha servito per cinque anni nella legione straniera. Il suo nome compare nella lista degli 82 sospettati per i delitti del mostro, una lista stilata dalla Squadra Anti Mostro nel 1989 contenente i nomi di tutti coloro che – secondo un sistema di parametri come possibilità di agire, condizioni di salute e preparazione fisica – avrebbero potuto commettere quei delitti. Vigilanti è al numero 38, Pacciani al numero 31. Inoltre Vigilanti corrisponde perfettamente al profilo richiesto dalla SAM a Quantico negli anni '80: all’epoca era fisicamente prestante, preparato all’azione, di temperamento violento e conosceva bene il territorio in cui agiva. Le indagini portarono a numerose perquisizioni nella sua abitazione durante una delle quali furono trovati 175 proiettili Winchester calibro 22, un’arma americana regolarmente registrata e un porto d’armi in corso di validità. Malgrado questi indizi tra cui il possesso di un’auto rossa simile a quella vista in occasione degli ultimi delitti del mostro e malgrado i precedenti, Vigilanti non viene indagato fino al 2017.

Vigilanti negli anni '90


 Nel 2019 quasi contemporaneamente alla richiesta di archiviazione per il suo caso viene resa pubblica la foto della suola di uno scarpone scattata sulla scena del delitto dell’ottobre del 1981 (omicidio di Stefano Baldi e Susanna Cambi) compatibile con il paio di scarpe in dotazione all’esercito francese possedute da Vigilanti. A poco tempo di distanza viene ritrovato nel faldone delle indagini un documento redatto nel 1985 e archiviato dal Sisde che era sconosciuto agli investigatori.
Nel novembre del 2020 l’inchiesta che vedrebbe Giampiero Vigilanti come mandante o esecutore, o comunque in qualche modo coinvolto nel caso degli omicidi del mostro di Firenze termina con un'archiviazione e nessun colpevole. Ancora una volta la sensazione è quelle di aver sfiorato la verità finché la solita ombra nera non è arrivata per coprire tutto.


Cosa succede oggi?

Gennaio 2021. Un’inchiesta del quotidiano La Nazione di Firenze riporta a galla una vecchia storia che ha una coincidenza temporale incredibile con quello che riguarda la vicenda del mostro. Secondo la testata fiorentina, nel 1993, in occasione di una ristrutturazione di un appartamento del capoluogo toscano gli operai ritrovano un arsenale composto da armi automatiche, bombe e numerose scatole di munizioni. Tra queste anche una confezione di proiettili Winchester lotto H calibro 22, esattamente gli stessi che utilizzava chiunque si celasse nei panni del mostro di Firenze per caricare la sua pistola.
L’appartamento in cui viene fatto questo ritrovamento è stato per decenni una sede del Sismi, i servizi segreti militari, ed è stato gestito da personaggi collegati direttamente ai depistaggi circa l’incidente aereo di Ustica e la strage di Bologna.
Sono in corso ulteriori indagini per approfondire questo collegamento.

 

Recentemente, durante la trasmissione Atlantide condotta dal giornalista Andrea Purgatori, lo scrittore Carlo Lucarelli ha proposto una sua idea della storia del mostro di Firenze: secondo lui questa vicenda è destinata a rimanere uno dei misteri irrisolti della cronaca italiana. Troppi depistaggi, troppe deviazioni, troppa poca convinzione di arrivare alla verità. Quando con le indagini ci si avvicina troppo al livello superiore ecco che qualche documento si perde, qualche prova viene falsificata, qualcuno muore in circostanze particolari come Pacciani che muore con i pantaloni abbassati, con indosso uno strano grembiulino, a causa di un medicinale che difficilmente avrebbe potuto procurarsi, come Francesco Narducci il cui cadavere viene sostituito, come Renato Malatesta, amico stretto di Pacciani, morto impiccato (con i piedi che toccano terra) nella sua stalla, come Milva Malatesta, figlia di Renato e il figlioletto Mirko bruciati insieme alla macchina in cui si trovavano, come Francesco Vinci, sospettato di essere il mostro e poi scagionato, trovato incaprettato e bruciato in una macchina, come Anna Milva Mattei, una prostituta che conosceva Vinci, il cui cadavere bruciato viene ritrovato nelle campagne fiorentine.
Il mostro di Firenze ha ufficialmente smesso di uccidere nel 1985. Sono sedici le vittime accertate ma si arriva a ventisei contando tutte le morti collaterali.

Qualcuno, è chiaro, ha lavorato nell’ombra per deviare il corso delle indagini. Per proteggere chi?

 

E per ora è tutto gente, buona vita

Commenti

  1. Penso non lo sapremo mai!
    Un po’ come Ustica , la strage di Bologna e tanti altri misteri italiani rimasti irrisolti..per convenienza.
    Comunque questa vicenda è veramente interessante e L’articolo affrontato molto bene.
    Complimenti.

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    1. Grazie Max, è stato un lavoro particolarmente interessante ma pesante dal punto di vista emotivo: disagio e pelle d'oca in continuazione

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  2. Si vabbè ma io sto aspettando ancora la tua risposta a due miei commenti: uno su Ustica ( ma ti faccio solo i complimenti, quindi puoi saltare..ma l’altro sugli invisibili ..mi interesserebbe sapere che ne pensi?
    Te ne sei dimenticato...o che son io il figlio dea serva ( Max rispetto per le serve😂)?

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    1. Vado a rispondere, scusa ma non mi arrivano le notifiche dei commenti

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