VIKINGS: COM’E’ DIVENTATA IL MIO GUILTY PLEASURE

 


QUANDO E’ TROPPO...MA NON LO E’

 

Vikings è una delle prime serie TV che ho visto quando mi sono abbonato a Netflix la prima volta. I norreni, per tutti i vichinghi, per me sono sempre stati un popolo interessante e al di là della narrazione che li vuole tremendi razziatori e crudeli guerrieri essi sono stati anche un popolo di navigatori, esploratori, ingegneri navali, coltivatori e avevano una sconfinata mitologia e un grande rispetto per il mondo immateriale. Tutte queste informazioni le ho apprese da saggi e articoli specializzati per cui quando premetti play per vedere la prima puntata sapevo già chi fossero il mitologico Ragnarr Lothbrok, i suoi figli Bjorn, Hvitserk, Sigurd, Ubbe e Ivarr, la sua sposa Aslog, le temibili shieldmaiden, i berserker e tutta la cosmogonia del Valhalla.



So benissimo che da una serie TV non ci si può aspettare il rigore storico, per quello ci sono i saggi, i documentari e i contenuti storici, meno che mai sarebbe stato facile trasformare una storia leggendaria come quella di Ragnarr Lothbrok in qualcosa di verosimile e credibile. Considerate che Ragnarr è per i norreni ciò che per noi discendenti dai popoli mediterranei possono essere Ercole o Ulisse con la differenza che questi ultimi non hanno riscontro in nessuna figura storica realmente esistita (così almeno mi risulta) mentre Re Ragnarr oltre a essere protagonista di storie grandiose e mitologiche, potrebbe corrispondere almeno a due sovrani norreni realmente esistiti.

La prima stagione di Vikings mi piacque subito tantissimo soprattutto perché riportava alcuni passaggi della storia che già conoscevo dei grandi sovrani norreni. Anche la seconda e la terza mi hanno preso tantissimo specialmente grazie all’evoluzione di alcuni personaggi e ad alcuni temi profondi come la commistione culturale tra il paganesimo norreno e il sempre più diffuso cristianesimo. La storia di Ragnar da semplice guerriero a re di Kattegat che intesse rapporti con i sovrani sassoni è straordinariamente avvincente e si finisce per fare il tifo per questi burberi e coraggiosissimi guerrieri per cui la vita è sempre una battaglia ma che riescono anche a mostrare grande amore per la famiglia e un profondo attaccamento alle tradizioni e alla propria cultura.

Certo, stiamo sempre parlando di gente che saccheggiava abitudinariamente e che puniva chi si macchiava di reati imperdonabili estraendo i polmoni dalla schiena dopo aver spezzato le costole (si chiama aquila di sangue e si, fa moltissima impressione). Ma non è che i sovrani dei regni cristiani dell’epoca fossero tutto ‘sto esempio di civiltà: Re Aelle di Northumbia, ad esempio, diede in sposa la figlia Judith al principe Aethelwulf del Wessex e la poverina poi finì nel letto del di lui padre, il Re Ecbert prima di innamorarsi e avere una relazione clandestina con il prete cristiano, convertito al paganesimo e poi tornato cristiano Athelstan di Lindisfarne.



La saga di Ragnarr e Il racconto dei figli di Ragnarr sono le due opere epiche della cultura norrena a cui la sceneggiatura di Vikings si è ispirata moltissimo ma c’è stato anche il coraggio di deviare in maniera decisa specie per quello che riguarda le azioni dei figli del protagonista e in particolar modo di Ubbe, Bjorn e Ivarr.

Quest’ultima parte riguarda le stagioni cinque e sei, le ultime due, in cui la narrazione dei fatti diverge non solo dalle scritture ma anche da quello che si pensava potesse venir fuori da ciò che si è visto nelle prime quattro stagioni. Infatti queste ultime due stagioni sono quelle meno apprezzate dai più e ammetto che hanno ragione anche se a me sono piaciute lo stesso perché le ho trovate comunque coerenti con le precedenti. Un solo messaggio: il mondo dei vichinghi si sta avviando verso la sua fine dopo aver conosciuto una lunga epoca di splendore e questo è quello di cui parlano le ultime puntate con tutte le micro trame che si chiudono e una scena finale che a dispetto della spettacolarità di molte delle scene clou invece è stata del tutto inaspettata.



Quando dico che per me Vikings è un guilty pleasure è perché se anche avessero continuato raccontando il mondo del Valhalla o la storia dei nipoti di Ragnarr io sarei stato lì a guardare. E ad ascoltare lo splendido sound dei Wardruna di cui ho parlato QUI e che è stato l’unico post degli ultimi due anni a totalizzare zero commenti. Questo mi da la misura di quanto quella per i vichinghi e la loro cultura (musica compresa) sia per me una fissazione personale.

Una piacevole fissazione.

E per ora è tutto, gente. Buona vita.

 

Commenti

  1. Noi abbiamo visto le prime puntate ma non ci aveva particolarmente preso, magari dovremmo dargli una nuova possibilità :)

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    1. In effetti bisogna apprezzare il tema. Alla fine per me è migliore di Game Of Thrones

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