IL DIVIN CODINO: L’ECO DI UN CALCIO CHE FU

 


L’UOMO E IL CAMPIONE



Nell’estate del 1994 avevo dieci anni e d’improvviso ho scoperto le emozioni che poteva suscitare il calcio. Fino a quel momento non mi ero filato di striscio quello sport che sembrava appassionare tanto mio padre, ma nel giugno del ’94 la febbrile attesa per le partite dell’Italia allenata da Arrigo Sacchi contagiò pure me.


Mentre ascoltavo mio padre e i suoi amici discutere di tattiche e snocciolare nomi di calciatori ho capito che questi mondiali dovevano essere veramente una cosa importante, però io volevo giocare con pupazzi e mica mi andava di stare due ore davanti alla TV a vedere uno sport che non capivo. Peggio che peggio, poi, sentendo come urlavano i grandi e quanto inveissero contro questo o quello.


Poi, un giorno che l’Italia giocava contro la Nigeria e che tutti i grandi erano arrabbiati e abbattuti perché si perdeva, mi sono seduto davanti allo schermo e qualche minuto dopo un calciatore dell’Italia con un curioso codino fa goal e mentre tutti urlano esagitati io penso che magari un’opportunità a questo sport gliela posso anche dare. Non sembra poi tanto noioso. 





Questo è il modo con cui ho scoperto che il calcio mi sarebbe piaciuto moltissimo. La mia storia d’amore con il calcio è iniziata il 5 luglio 1994 vedendo Roberto Baggio segnare un goal con la maglia dell’Italia contro la Nigeria in un mondiale. In modo abbastanza curioso, mi accorgerò che l’amore è finito la notte del 23 Maggio 2007 vedendo un altro goal, quello di Pippo Inzaghi in finale di Champion’s League con la maglia del Milan. Tredici anni ben spesi, in fin dei conti.


Ma torniamo all’estate del 1994. L’Italia arriva in finale con il Brasile e io, povero scemo alle prime armi, mi sarei giocato un braccio sul fatto che avremmo vinto noi e invece no. Invece il dio del calcio ha preteso subito il suo obolo. Sarebbe stato solo il primo di tanti ma mica lo sapevo io.


Roberto Baggio sbaglia un rigore iconico nella storia del calcio italiano e a me sta simpatico proprio per quell’errore. Io che anche quando poi avrei calcato i campetti di calcio avrei avuto parecchie difficoltà a battere i rigori mi sentivo vicino a lui quando con gli occhi lucidi guarda la coppa che gli è sfuggita per pochissimo.





Il rigore maledetto è anche il perno su cui è costruito Il Divin Codino, film del 2021 diretto da Letiza Lamartire che racconta un pezzo della carriera di Roberto Baggio.

Dal Piacenza  Vicenza alla Fiorentina e poi Juventus, Milan, Inter e la seconda giovinezza a Brescia con la fortuna di non andare al mondiale di Corea ed evitare una beffa crudele.


Il Divin Codino è un buon film che racconta i momenti salienti della vita del campione ma si sofferma molto di più sull’uomo, forse troppo, mostrandoci la debolezza mentale dell’atleta prima che i suoi colpi di classe sul campo da gioco. Baggio era un giocatore eccezionale in campo, ma un atleta poco empatico con i compagni di squadra e soprattuto con gli allenatori, retaggio forse di un rapporto molto complicato con il padre (qui interpretato da un grande Andrea Pennacchi). 


Quello che ne viene fuori è un calciatore di un altro tempo, che non ha bisogno di dribbling funambolici, esultanze smaccate o frasi ad effetto. Un giocatore che fa parte di un passato nostalgico del nostro calcio in cui nelle prime dieci posizioni del nostro campionato ci trovavi il meglio del meglio e i calciatori stranieri sgomitavano per venire a giocare da noi. Non per motivi fiscali o per provare un nuovo campionato, ma perché la Serie A era un sogno.

E in questo sogno c’era posto anche per un calciatore come Baggio che non riuscirà mai ad ambientarsi nei top club ma riuscirà a farsi volere bene dai tifosi.


Il Divin Codino è un altro film sul calcio ma anche un film sull’uomo. Perché in fondo, è l’uomo che scende in campo e non il campione. Quello lo decide la storia.


E per ora è tutto gente, buona vita.

Commenti

  1. Come letto da Riky, ho visto il finale su YouTube. Ottima scelta.

    RispondiElimina
  2. P.s. i miei dieci anni di inizio passione calciofila, coincidono con il magico gol di Rivera in una Italia Germania che definire epica è sminuente.. non aggiungo altro.. ;)

    RispondiElimina
  3. Non ho mai amato il calcio, sebbene mio padre fosse stato, da giovane, un calciatore a livello agonistico, e fino all'ultimo dei suoi giorni uno sfegatato tifoso milanista. E della nazionale, ovviamente.
    Baggio, però, rientra tra i pochi campioni che riuscivano a farmi guardare un'intera partita con interesse e curiosità.
    Un calciatore d'altri tempi, come tu dici. Di quando la serie A non era ancora (solo) un business, ma nei cuori dei giocatori pulsava la passione.
    Mi sono ripromessa di guardare questo film e credo che non ne rimarrò delusa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Diciamo (polemicamente) un calciatore di quando il calcio era uno sport e non una vetrina commerciale.

      Elimina
  4. ancora lo devo vedere. Baggio per me è l'eroe di un tempo che non sarà mai dimenticato.Il mio preferito di sempre!

    RispondiElimina
  5. Ho scritto più o meno le stesse cose. Un film umanissimo, umile, semplice ma ben costruito. Esattamente come il suo protagonista. Lo stile è molto televisivo (perfetto per Netflix) ma sincero. L'ho visto molto volentieri.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' un punto di forza del film: rispecchiare il protagonista e il suo stile

      Elimina

Posta un commento