Black Mirror e il nostro autodafè di massa



Il tema del rapporto tra l’uomo e la tecnologia è stato proposto da numerosi scrittori e cineasti ed ha trovato la sua collocazione nel segmento della fantascienza quando è stato analizzato in relazione al sempre più crescente abuso che l’uomo ha fatto, nel corso della sua storia, della tecnologia. Un abuso che ha significato anche ripensare alcune peculiarità umane come il contatto con altri individui e la comunicazione mediante l’utilizzo di macchine, computer nella fattispecie, e surrogati virtuali, i social media.

Anche senza le estremizzazioni di Philip K. Dick o dei Wachowski’s, però, è possibile dipingere una realtà che supera la fantasia e che, per certi versi, è anche più terrificante di una qualsiasi storia distopica.




Abbiamo deliberatamente lasciato che i social media si sostituissero ai rapporti umani e che la macchina mediatica prendesse il sopravvento sul buonsenso. Abbiamo creato una realtà terribile e spietata che riesce in egual misura a sancire le fortune o le disgrazie di chiunque in base a visual, like o commenti. In un mondo in cui quello che conta di più è l’immagine, ci siamo trasformati in tante fotocopie del più squallido Dorian Gray: un personaggio che, a differenza del giovane inglese nato dalla penna di Wilde, è completamente aculturale e influenzabile dalla cultura di massa; privo di un qualsivoglia obiettivo di vita che non sia continuare in modo indefesso e imbecille a perseguire il mito del successo. 

Non solo abbiamo creato Matrix, ma l’abbiamo pure scordato, e pretendiamo di prendercela con qualcuno che non esiste per colpe che non ha e che solo noi abbiamo. Scusate se questo non è bis-pensiero. Orwell sarebbe fiero di noi.

Fatto sta che questa realtà può essere raccontata senza ricorrere a chissà quali effetti speciali. Basta una serie TV inglese che sta quasi per passare in sordina perché non crea scenari apocalittici pieni di zombie, non mitizza o esorcizza le paure del genere umano, non ci fa scappare in un mondo fantasy popolato di draghi e fate. Ci presenta il conto. Invece.

Questa serie di intitola Black Mirror e propone esempi. Esempi di quanto ho scritto finora. 

Personaggi che rimangono vittime della macchina mediatica e, loro malgrado, non possono che piegarsi ed esporsi al pubblico ludibrio. Nelle puntate ci vengono proposte delle mini storie in cui un personaggio si trova di fronte a una scelta difficilissima che deciderà la sua esistenza, le conseguenze della quale sono tutte a suo carico, le responsabilità della quale saranno solo sue. Tutto questo mentre tutto il mondo sta a guardare perché non c’è show se non c’è un pubblico.


Pensavate che Saw fosse un film crudele? Guardate anche solo il primo episodio di Black Mirror e riscrivete la definizione di crudeltà.

PS: l'autodafè o auto da fè citato nel titolo era una cerimonia pubblica sfruttata durante il periodo dell'Inquisizione per eseguire la sentenza in pubblico. Forse la macchina mediatica nasce con questo rituale.

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