Stranger Things: la fantascienza come E.T. comanda




Se esistesse la definizione “shot di fantascienza”, Stranger Things sarebbe proprio questo. Un bicchierino colmo di un ottimo liquore ottenuto mescolando i temi più cari al mondo sci-fi. Dentro questo gioiellino targato Netflix c’è tutto quello che noi nostalgici di film come E.T. o Navigator fatichiamo a trovare nella fantascienza moderna.

Il filo conduttore che lega gli avvenimenti narrati da Stranger Things è la poesia. La poesia dell’amicizia tra i ragazzini protagonisti della storia, la poesia che solo un ragazzino, senza saperlo, può trovare in un’avventura che farebbe tremare le ginocchia di qualsiasi adulto. Poesia dell’immaginazione: tutto può essere possibile, basta crederci.


C’è molto E.T. in questa serie, come dicevo prima, ma anche molto di The Goonies e ci aggiungiamo anche le atmosfere dei romanzi più riusciti di Stephen King come Stand By Me o IT. Completiamo con una spolverata di cospirazionismo alla L’uomo che fissa le capre e avremo servito un fantastico shot. Eh, si, perché la prima stagione di Stranger Things, 8 splendidi episodi, va giù veloce tanto da potersela godere nell'arco di due giorni senza accusare noia o stanchezza.



Mike, Dustin, Will e Lucas sono 4 amichetti di 11 anni appassionati di giochi di ruolo che passano le serate a immaginare avventure in un mondo da loro ideato e chiaramente ispirato a Dungeons & Dragons. Una notte, di rientro da una avvincente partita durata parecchie ore, il piccolo Will sparisce misteriosamente lasciando gli amici e i familiari in stato di angoscia. La madre Joyce (Winona Ryder) si convince che il piccolo Will la stia contattando da una specie di dimensione parallela e comincia ad avere quelle che sembrano essere delle allucinazioni piuttosto preoccupanti. Ovviamente né il figlio maggiore né lo sceriffo credono alla storia dei messaggi interdimensionali del piccolo Will così la situazione degenera. Nel frattempo Mike, Dustin e Lucas fanno la conoscenza di una ragazzina che dice di chiamarsi Undici e si comporta in modo molto strano. Partiranno così tre filoni di indagine per ritrovare Will: la polizia per via convenzionale, la madre cercando di captare i messaggi del figlio in modo sempre più ingegnoso e quella dei ragazzi aiutati dalla loro particolarissima amica.

L’ambientazione storica è quella degli USA dell’inizio degli anni 80. Un periodo in cui si diffuse una certa preoccupazione riguardo ad alcuni esperimenti condotti per volere del governo americano (in realtà gli esperimenti cominciarono a metà degli anni 60 ma solo 20 anni dopo se ne sarebbe conosciuta l’esistenza): oggetto di questi esperimenti era la classica prevenzione bellica secondo la quale se un tipo di arma la invento prima io, c’è la possibilità che io sia preparato se qualcun’ altro che la possiede la vuole usare contro di me. Un discorso che dalla terribile conclusione del progetto Manhattan è stato onnipresente in ogni scelta del governo USA. Il vaso di Pandora era appena stato scoperchiato.

Stranger Things ripropone proprio il disagio e la paura di fronte anche al solo pensiero di poter eseguire un esperimento atto a creare armi di distruzione di massa; trasmette tutta l’angoscia quando ci si accorge che forze oscure operano a nostra insaputa e fa montare la rabbia quando si vede come la gente venga trattata alla stregua di pedine in un gioco tra la vita e la morte. Segreti, insabbiamenti, bugie e alla fine l’immancabile violenza per coprire le magagne.

L’elemento soprannaturale viene trattato in modo molto maturo anche se la concezione delle creature sembra stata partorita dalla mente di un ragazzino e questa cosa per me è un colpo di genio non da poco che rende Stranger Things una piccola perla. Veramente interessanti gli espedienti che gli sceneggiatori hanno sfruttato per dare spessore alle scelte narrative. Non possono spoilerarvi nulla ma la scena con le lucette di Natale è una delle migliori della serie. A questo si aggiunge una regia attenta, pulita e sempre precisa che riesce a valorizzare anche le scene meno spettacolari e che allo stesso tempo non esagera in quelle prettamente più action.

Una menzione particolare se la merita, infine, la colonna sonora all’interno della quale spiccano i successi dei Clash e dei Joy Division.

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