Residue: something is happening to us...


Più che una serie TV potremmo pensare a Residue come a un film in tre parti poiché l’unica stagione, la prima, si compone di soli 3 episodi dal ritmo narrativo serrato e crescente che possono essere visti tutti d’un fiato.


In una supermetropoli distopica, la notte di capodanno, un’esplosione in una discoteca getta la popolazione nel caos. Il governo cittadino militarizza la città e circoscrive un’area di quarantena per proteggere il resto della cittadinanza ma qualcosa di inspiegabile comincia a verificarsi e, per puro caso, l’inconcepibile viene colto dall'obiettivo della fotocamera di Jennifer una fotografa che si incuriosisce e comincia ad indagare. Parallelamente il suo ragazzo, Jonas, nella veste di portavoce di un importante carica politica cittadina cerca di tenere sotto controllo l’impazienza dei suoi concittadini che chiedono chiarimenti in merito all'esplosione e alla contaminazione. E infine c’è Levi, un poliziotto che indaga sui mandanti e sugli esecutori di quello che sembra a tutti gli effetti un attentato.

Ma c’è un segreto che viene celato agli occhi di tutti. Una cosa che nessuno può vedere.



L’avanzamento lento e misterioso della storia, scandito dalle foto scattate da Jennifer, restituisce il senso di angoscia tipico della letteratura e della filmografia distopica. Le atmosfere sono cupe e i personaggi sono inseriti nello schema come rotelle di un ingranaggio ben oleato ma che ci vuole poco a far scricchiolare: per sopravvivere si è disposti a fare di tutto, si ruba, si occultano misteri e si uccide. In questo non c’è differenza tra il piccolo criminale dei bassifondi e il personaggio politico di spicco. Cambiano solo la lunghezza del braccio e la portata delle conseguenze delle singole azioni. Ad impreziosire lo schema c’è anche l’elemento soprannaturale che è gestito bene e rappresenta un valore aggiunto dove in molti altri titoli è invece una zavorra.

Tutto comincia con una foto. Questa.





L’idea degli sceneggiatori di puntare tutto sulla forza della storia senza soffermarsi troppo sulla storia personale dei protagonisti è vincente e da al tutto un senso di scorrevolezza che mitiga la lentezza endemica di questa tipologia di storie.

Leggenda vuole che il regista, Alex Garcia Lopez, abbia montato Residue sottoforma di film da 100 minuti ma il progetto è stato successivamente montato  in serie da 3 episodi o, come dicevo prima, in film in tre parti, e dato in esclusiva a Netflix. Per chi non lo conoscesse, Garcia Lopez ha collaborato con la direzione di altre due serie da cui ha tratto spunto per ideare Residue: si tratta di Misfits e di Utopia. La prima è più conosciuta della seconda ma il tema portante è sempre il medesimo, ovvero un gruppo di persone che deve far fronte a una situazione inspiegabile. 
E’ vincente anche la scelta del cast. Natalia Tena (Jennifer) e Iwan Rheon (Jonas) li ricordiamo tutti per i ruoli interpretati ne Il Trono di Spade (lei è la selvaggia Osha mentre lui è l’odioso Ramsay Bolton) ma con Residue si collocano in un contesto narrativo completamente diverso e, per quanto mi riguarda, convincono parecchio. Tra l’altro Rheon aveva già lavorato con Garcia Lopez ai tempi di Misfits.

Se mi permettete un appunto finale devo dire che Residue ricorda molto Black Mirror per quanto riguarda le ambientazioni e le emozioni trasmesse. Non si fonda su idee originali, anzi, la maggior parte degli schemi narrativi sono già stati utilizzati più e più volte ma il tutto è trattato con semplicità e perizia il che rende la serie veramente un piccolo lavoro cult.

Il ritmo della storia è scandito dal blog di Jennifer che esiste veramente e potete visitare a questo indirizzo. E' un'esperienza molto particolare.

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