UNA PUNIZIONE CHE HA FATTO STORIA
Per questa serie sto preparando qualcosa di molto grosso che
si articolerà in più puntate e che per esser fatto come dico io e come penso
meritiate voi che leggete comporta un notevole impegno: recuperare
materiale, rivedere parte di esso, rintracciare alcune fonti. In pratica, mi
serve tempo, ma fidatevi perché quello che ne verrà fuori ci farà chiacchierare
parecchio.
Nel frattempo ho pensato a un paio di filler per tenere la
guardia alta e il primo di questi riguarda una partita di calcio che si è
giocata il 22 giugno del 1974, in occasione dei Mondiali di calcio in Germania,
tra lo squadrone del Brasile e la cenerentola Zaire (oggi Repubblica
Democratica del Congo).
Mancano una ventina di minuti alla fine di un match che il
Brasile sta vincendo per due a zero quando il direttore di gara assegna una
punizione ai verdeoro per un fallo al limite dell’area: Rivelino sistema il
pallone sulla piazzola di battuta ma a quel punto un difensore dello Zaire esce
dalla barriera e con uno scatto repentino si avventa sul pallone calciandolo il
più lontano possibile. La reazione di tutti è riassunta dal sorriso innocente
con cui lo stesso Rivelino sottolinea l’assurdità della scena mentre l’autore
del gesto, il difensore Joseph Mwepu Ilunga, sbraita contro la squadra
avversaria e l’arbitro.
Questa è forse, dopo quella di Roberto Carlos contro l’Inghilterra,
la punizione più famosa negli annali del calcio. Un gesto contro il regolamento
che ha portato il pubblico a dubitare della corretta interpretazione delle
regole calcistiche da parte della selezione africana, che ha attirato non pochi
sfottò, durati anni peraltro, nei confronti di Ilunga, ma come sempre accade
dietro il gesto si nasconde qualcosa di più importante che una semplice regola
di uno sport, per certi versi qualcosa di terribile che con il calcio giocato c’entra
pochissimo e afferisce a quella connotazione sociale e politica che ha rovinato
questo sport nel corso degli anni.
Quella della nazionale di calcio dello Zaire è una storia
che era iniziata nell’autunno del 1965. Il 22 novembre di quell’anno, con un
golpe appoggiato da Belgio e USA, in Congo sale al potere Joseph-Desiré Mobutu
che impone subito una dittatura totale basata ovviamente sul culto della
personalità del leader politico in cui corruzione, violenza e prevaricazione
dilagano come un fiume in piena. E in un’ottica di radicalizzazione Mobutu
cancella ogni reminiscenza dell’epoca coloniale incentivando il ritorno alle
origini: tutti i nomi delle città e delle strade tornano a essere africani così
come il nome della nazione che da Congo diventa Zaire, come uno dei più grandi
fiumi presenti sul territorio.
In pochi anni Motubu accumula ricchezze impressionanti e
viene tenuto in grande considerazione dagli alleati Belgio e USA grazie alle risorse
del territorio che finiscono per venire usate come merce di scambio: materie
prime in cambio di potere e di chiudere un occhio quando ce ne sia bisogno. E
di bisogno ce ne sarà parecchio.
In un delirio di onnipotenza tipico di chi è obnubilato dal
potere, Motubu organizza esecuzioni capitali negli stadi e proprio dagli stadi
di calcio passerà la propaganda del suo regime. Investe una immane quantità di
soldi sul calcio nel tentativo di imprimere nella storia di questo sport il
nome dello Zaire: richiama in patria tutti i giocatori che militavano nelle
squadre europee, ingaggia il tecnico jugoslavo Blagoja Vidinic e ricopre i
calciatori della nazionale di ogni regalo e onore sistemando loro e le
rispettive famiglie per il resto della loro vita.
I risultati sono entusiasmanti: un calcio fresco, veloce e
incisivo che porta lo Zaire a vincere la Coppa D’Africa nel 1968 e poi a
ripetersi nel 1974 impreziosendo la vittoria con una storica prima
qualificazione ai mondiali di calcio che si terranno in Germania.
Il mondiale del 1974 rappresenta la decima edizione del
torneo, la prima a denominarsi Coppa Del Mondo FIFA (prima Coppa Rimet) e vede
per la prima volta in assoluto gli sponsor sulle maglie delle squadre impegnate
in campo. Ai nastri di partenza e favoriti per la vittoria finale si presentano
i padroni di casa della Germania Ovest, il solito Brasile anche se sta
attraversando la transizione tra due cicli e la spettacolare Olanda di Johann
Cruijff con il suo calcio totale. Il leopardi dello Zaire vengono sorteggiati
nel gruppo 2 insieme a Scozia, Jugoslavia e il temutissimo Brasile.
Nella partita d’esordio contro la Scozia i giocatori di
Vidinic confermano le belle impressioni destate nei mesi precedenti e si
candidano come possibile outsider del torneo. Anche se il punteggio finale li
vede perdere per 2 a 0, l’intensità del gioco espresso e l’impegno visto in
campo fanno ben sperare. La partita contro la Jugoslavia, però, si rivela una
clamorosa disfatta: i leopardi perdono 9 a 0 e non danno mai la sensazione di
poter giocare alla pari contro la corazzata europea. Mobutu arriva con il suo
aereo privato per “catechizzare” la squadra: non sarà tollerata un’altra
disfatta. Se contro il Brasile, nell’ultimo match, i giocatori dovessero
perdere con un punteggio superiore a 3 a 0 tutta la squadra non potrà far
ritorno in Zaire e le loro famiglie saranno sistemate a dovere al governo.
Con il cuore pesante e una minaccia terribile sul capo gli
undici di Vidinic affrontano un Brasile che è obbligato a vincere e con uno
scarto importante per conquistare il passaggio del turno. Alla fine del primo
tempo i leopardi hanno tenuto bene e perdono per 1 a 0 ma a inizio ripresa il
Brasile raddoppia e si fa sempre più minaccioso nella metà campo africana. Al
settantottesimo minuto l’episodio della punizione con cui ho aperto il post.
Il mistero della punizione si chiarirà solo molti anni dopo.
E’ lo stesso Mwepu, autore del gesto, a raccontare queste
cose nel 2002. Fino ad allora lui come molti suoi compagni in quella terribile
avventura ha vissuto come un reietto con la pressione degli sfottò di qualunque
appassionato di calcio nel vedere il suo gesto. Lo Zaire alla fine ha perso 3 a
0 e l’onta subita portò Mobutu a smantellare tutto il programma calcistico e a
dichiarare persone non gradite i calciatori e le loro famiglie. Fino al 1997,
anno in cui Mobutu fu deposto, la vita per quelle persone fu un inferno.
Personalmente mi vergogno un po’ di aver riso la prima volta
che ho visto quella punizione. Certo, all’epoca non potevo sapere cosa ci fosse
dietro, ma non posso fare a meno di chiedermi se non fosse il caso di eliminare
dalla rete tutti i video satirici che sfottono quel gesto. Così, anche solo per
onorare la memoria di chi è sceso in campo non per piacere né per denaro ma per
difendere i propri familiari e se stessi dalle aspettative assurde del
dittatore di turno.
Questa storia dovrebbe insegnarci che a giudicare in modo
frettoloso abbiamo tutti qualcosa da perderci.
Per ora è tutto, arrivederci a sabato prossimo con un altro
mistero.
Una storia che conoscevo e che mi ha sempre fatto pensare quali risvolti drammatici potessero nascondere pagine di sport apparentemente indolori. Giocare con quella spada di Damocle era già assurdo. Ma c'è tutto un mondo assurdo di cui non conosciamo che radi bagliori sinistri..
RispondiEliminaNon posso immaginare con che spirito giocassero quei giocatori
EliminaConoscevo benissimo questa storia..
RispondiEliminaMagari i giocatori brasiliani, se avessero saputo della minaccia, si sarebbero risparmiati, vincendo con il minimo indispensabile.
Comunque quello Zaire è entrato nella storia, anche senza la punizione.
Credo che la paura di parlare abbia proprio impedito ai calciatori dello Zaire di chiedere aiuto.
EliminaParadossalmente poi, come dici tu, la squadra è entrata nella storia ugualmente
Anche io, ahimè, conoscevo benissimo la storia, e come te risi parecchio la prima volta che vidi questa punizione, presentata ovviamente come qualcosa di strano e assurdo, senza la spiegazione...
RispondiEliminaQuanto mi sento in colpa
EliminaNon conoscevo la storia, terribile.
RispondiEliminaMa come hanno fatto a non farla uscire fuori per così tanto tempo?
Oppure semplicemente si sono tutti voltati dall'altra parte per anni?
Moz-
La seconda che hai detto mi sa
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