FRODO ERA FASCISTA?
Scrivo questo post in seguito alla pubblicazione di un
contenuto social che ha riscosso parecchio successo in termini di interazioni e
dibattiti con persone interessanti, ma anche con persone fastidiose e
offensive. E dopo una diretta Instagram in cui mi è stato chiesto di
intervenire sul tema specifico: il riflesso politico, se c’è, delle opere di
Tolkien.
La parola chiave da consegnare ai posteri in questo caso è
interpretazione.
Il Signore degli Anelli, così come Lo Hobbit, Il
Silmarillion e tutta l’opera tolkeniana, sono un esempio di fantasy puro
ovverosia l’espressione di un mondo totalmente immaginario in cui si
intrecciano le storie di personaggi immaginari.
Non è però un mistero che J.R.R. Tolkien attingesse copiosamente dalla coppa
della mitologia dell’Europa del Nord e facesse riferimenti neanche tanto velati
ai classici del genere: Frodo e Bilbo non sono i primi a confrontarsi con un
anello magico e un drago, prima di loro c’era stato Sigfrido nella Saga dei
Nibelunghi.
Come ogni fantasy puro, anche la produzione di Tolkien presta il fianco all’interpretazione
che, essendo la letteratura una forma d’arte, quindi soggettiva, è soggettiva anch’essa
e rispecchia più la mentalità di chi la mette in essere che la reale volontà
dell’autore ché quest’ultima è pressoché irraggiungibile e nota solo all’autore
stesso.
E non è detto che vi dica la verità quando vi racconta il perché e il percome
di una scelta narrativa.
L’interpretazione dunque è la chiave per studiare il
rapporto tra Tolkien e la politica di estrema destra e la prima interpretazione
italiana di impatto che abbiamo di Tolkien e di Il Signore degli Anelli porta
la firma dell’intellettuale italiano Elemire Zolla nella prefazione della
seconda edizione italiana del romanzo del professore inglese.
Zolla insiste sull’antimodernismo di Tolkien e per quanto mi riguarda non manca
di molto il bersaglio.
Tolkien ha combattuto la Grande Guerra e ha assistito alle atrocità che hanno
comportando lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e le sue conseguenze; ha
visto il mondo scivolare nelle ipocrisie paranoiche del secondo dopoguerra e il
tutto con un potente denominatore comune: il progresso.
Il progresso in tempi di guerra accelera prepotentemente
data la richiesta di tecnologie offensive, difensive, di comunicazione, mediche
e alla grande disponibilità di denaro che i governi investono in queste
transizioni. Il progresso da un certo punto di vista un po’ macabro e un po’
cinico è figlio delle guerre o quantomeno da esse trae vantaggio.
Non è così difficile pensare che un uomo di cultura e d’esperienza
come Tolkien, che aveva ideali da conservatore, vedesse il progresso con un’accezione
negativa e lo trasformasse nei suoi romanzi fino a farlo diventare la magia
distruttrice e corruttrice che adoperano Morgoth, Sauron e Saruman per cercare
di conquistare il dominio della Terra di Mezzo. In primo luogo creando con
meccanismi di genetica oscura gli orchi dalla corruzione fisica e mentale degli
elfi.
Quindi possiamo anche affermare che Tolkien fosse un
antimodernista.
E sapete chi altri era antimodernista?
Negli anni ’70 tutti i movimenti politici di estrema destra
facevano una fatica enorme ad affermarsi tra le masse a causa del ricordo
ancora fresco di quanto accaduto nel secondo dopoguerra e dalla diffusione
degli ideali più progressisti e tolleranti. Inoltre a destra mancavano proprio
i riferimenti intellettuali e le figure simbolo così tanti giovani militanti
del segmento destrorso come il nostro Gianni Alemanno cominciarono a prendere
Tolkien e il suo antimodernismo come una bandiera e da allora, semplificando al
massimo, il rapporto tra l’opera di Tolkien e la destra italiana si è sempre
più rinsaldato fino a far nascere questa interpretazione moderna di Tolkien in
chiave neofascista e in alcuni casi in ottica razzista.
Il mio pensiero è che quando un’opera impatta in modo
devastante la società e convince le persone al di là delle loro credenze
politiche ciò vuol dire che l’opera in questione è da annoverarsi tra i
capolavori. Oltre a questo sono fermamente convinto che l’opera e il suo autore
siano realtà separate che non possono essere interpretate con gli stessi
parametri. In altre parole si può apprezzare l’opera di un autore di cui non
condividiamo le idee ma anche disprezzare l’opera di un autore che invece
sentiamo vicino.
Un’opera letteraria, ripeto, è una forma d’arte e in quanto
tale la sua interpretazione è soggettiva.
Ti propongo un esercizio mentale.
Si dice che Lewis Carroll, il celebre autore di Alice nel
Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio, avesse delle dichiarate
simpatie per ragazzine molto giovani. Niente di verificato o di certo, ma negli
ambienti della critica letteraria questa notizia continua a rimbalzare
supportata da presunte lettere e appunti dello stesso Carroll.
Questa accusa velata di un qualcosa che è tanto schifoso da non venirmi voglia
di scriverne il nome può modificare la mia percezione di Alice nel Paese delle
Meraviglie?
Non nel mio caso. Alice rimane un romanzo bellissimo la cui
fama non può e non deve essere oscurata da una presunta accusa nei confronti
del suo autore.
Piaccia oppure no.
Tu che ne dici? Qual è il tuo pensiero?
E per ora è tutto gente, alla prossima
Commenti
Posta un commento